Visualizzazione post con etichetta ARTE. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ARTE. Mostra tutti i post

giovedì 21 maggio 2020

FORO TRANSITORIO o DI NERVA


Foro Transitorio o di Nerva

Il foro di Nerva trae le sue origini dalla necessità di completare grandi interventi urbanistici operati da Cesare (46 a.C.), da Augusto (2 a.C.) e Vespasiano (75 d.C), che nel corso di quasi 120 anni avevano portato alla pressoché totale cancellazione dell'Antico quartiere dell'Argiletum, attraverso la creazione di un complesso che ne raccordasse i rispettivi fori e che fu per questo denominato ufficialmente anche Forum Transitorium. Lo spazio rimasto tra i fori più antichi era una sorta di lungo corridoio di circa 8.000 mq, uno spazio lungo e stretto delle dimensioni di 45×170 metri. Si trattava del tratto finale dell’Argiletum, antichissimo percorso che collegava il Foro Romano al quartiere della Suburra (nell’area dell’attuale Rione Monti).
La trasformazione in Foro avvenne ad opera dell’imperatore Domiziano (81-96 d.C.), tuttavia egli fu assassinato nel 96 e l'inaugurazione avvenne nell'anno 97 a cura di Nerva, suo successore (96-98 d.C.), a nome del quale il Foro è infatti tuttora conosciuto.

Gli interventi edilizi ebbero luogo in un arco temporale di circa 15 anni per un totale di:
11.000 m cubi di opera,
4537 m cubi di marmo distribuiti per oltre 3000 nella decorazione e nel rivestimento delle pareti della piazza, per più di 700 nel lastricato della piazza stessa e per i rimanenti 738 nella decorazione e nel rivestimento del tempio di Minerva (perlopiù di marmo bianco Lunense, di Carrara),
17.700 mc di calcestruzzo per le fondazioni.

Per poter disporre di spazio sufficiente fu necessario demolire l’emiciclo occidentale del Foro di Augusto. 

Questo ridotto spazio costrinse Domiziano a ridurre i portici laterali alla sola funzione decorativa dei muri perimetrali costruiti in tufo.
Collegata al muro perimetrale tramite tratti di architrave vi era una fila di circa 44 colonne ciascuna con un volume di 8 metri cubi, per un totale di 352 metri cubi. Colonne appena sporgenti in pavonazzetto (proveniente dall'odierna Turchia e di colore bianco con venature violacee) con capitelli corinzi. Di queste due in particolare sono visibili e sono note tradizionalmente come "le Colonnacce".
Chiamate in questo modo perchè ridotte in ruderi, ma ancora esistenti dopo ben XIX secoli!

Le Colonnacce

Di recente alcune indagini geognostiche, effettuate per la realizzazione della linea C della metropolitana, hanno fornito nuove informazioni riguardo soprattutto la consistenza delle fondazioni al di sotto delle Colonnacce pari a 6,80 m.
La trabeazione sovrapposta alle Colonnacce reca un fregio scolpito di 25 m, piccolo tratto dei centinaia presenti lungo il perimetro.
Vi sono 8 scene e 61 figure che raffigurano episodi mitologici della dea Minerva. In particolare una rappresenta il mito di Aracne (Ovidio, Metamorfosi, VI, 1-145) la quale sfidò con impudenza la dea Minerva in una gara di tessitura. Le storie filate da Aracne erano amori degli dèi dell'Olimpo con mortali, cosicché Minerva andò su tutte le furie, distrusse la tela e colpì Aracne, la quale tentò di impiccarsi. Minerva la trasformò in ragno e la condannò a tessere per l'eternità.

Al di sopra del fregio vi è un rilievo che mostra una figura femminile con elmo e scudo. Questa figura interpretata sempre come un’immagine di Minerva, sembra sia in realtà la personificazione dei Pirusti, popolazione balcanica assoggettata dai romani. A seguito della scoperta di altre 2 figure simili (una esposta al museo dei Fori Imperiali) si è ipotizzato che l'attico del Foro fosse decorato dai popoli dell'Impero Romano.

Passando all'emiciclo orientale del Foro di Augusto, esso fu conservato e gli fu addossato il Tempio di Minerva, caratterizzato da sei alte colonne in facciata e da un timpano particolarmente inclinato.
Alle spalle del tempio sorgeva la Porticus Absidata, un emiciclo a pilastri, articolato su più piani, che fungeva da ingresso monumentale.
Provenendo dalla Suburra dalla Porticus si entrava nella piazza del Foro attraverso l'Arco di Nerva, che a partire dal Medioevo fu chiamato "Arco di Noè".

Durante gli scavi del 2000, lungo una strada sorta sopra la pavimentazione della parte anteriore della piazza, si scoprirono due Domus Solarate (case a due piani), costituite da un piano terra con portico ed un primo piano, collocate lungo una strada sorta sopra la pavimentazione della piazza del foro, si tratta di case di età carolingia del IX-X secolo d.C. In questi due esempi di edilizia aristocratica, vennero reimpiegati blocchi ricavati dal recinto del foro.

Tra il 1566 e il 1572 il Cardinale Bonelli fece bonificare la zona a seguito di fuoriuscite dalla Cloaca Maxima, e fu realizzato un grande condotto fognario, il cosiddetto “Chiavicone”.
Nel 1606 il tempio di Minerva, fino a quel momento ben conservato, fu distrutto da papa Paolo V per realizzare, con le 10 colonne rimaste e i materiali recuperati, il fontanone dell’Acqua Paola sul Gianicolo e della Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore.


Fontana dell'Acqua Paola o Fontanone

Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore



Del Foro di Nerva sono oggi visibili entrambi i settori orientale e occidentale, mentre la parte centrale della piazza si trova ancora inesplorata sotto Via dei Fori Imperiali.




Video: Ricostruzione Foro Transitorio

mercoledì 20 maggio 2020

STADIO DI DOMIZIANO


Stadio di Domiziano                   Pazza Navona


Nell'86 Domiziano, nell'ottica di istituire il Certamen Capitolium Iovi, che prevedeva gare musicali, ginniche ed equestri, fece erigere alcune strutture per ospitare tali eventi: il Circo per le gare equestri, lo Stadio per quelle ginniche e l'Odeon per quelle musicali. 

Per quanto riguarda il Circo Massimo, dopo l'incendio del 64, Domiziano ne amplifica la struttura aumentandone la capacità di accoglienza di spettatori.
Invece in Campo Marzio, una zona caratterizzata da edifici pubblici dediti all'intrattenimento, allo spettacolo (Teatro Balbo, Pompeo e di Marcello) e alle terme (di Agrippa e di Nerone), fece erigere lo Stadio, molto probabilmente dove sorgeva il complesso del ginnasio neroniano, e l'Odeon
Campo Marzio, veniva considerato il quartiere del lusso, dell'otium, dove l'aurea Roma dei flavi andava per farsi ammirare e dove si compravano oggetti raffinati come sculture greche e vetri preziosi. In questo modo accresceva l'aspetto elegante raffinato ed ellenico dell'intero quartiere. Probabilmente non è un caso che vi venivano rappresentate manifestazioni di origine greca.
L'Odeon, dove si svolgevano competizioni letterarie e spettacoli, era un grande spazio coperto, ed era coordinato anche, topograficamente, al teatro di Pompeo dove si svolgevano invece all'aperto. 
In questo modo si creava una struttura capace di coprire tutte le esigenze di rappresentazioni sceniche, anche nei casi di pioggia, quando il Teatro di Pompeo non si poteva utilizzare.
Questo tipo di complesso era già presente nelle grandi città greche ma assente fino ad allora nella capitale dell'Impero.

Il nome stadio deriva da stadion l'unità di misura equivalente a 600 piedi (circa 180 m).  Esso è l'unico esempio di stadio in muratura eretto al di fuori della Grecia, dopo quelli costruiti in legno da Cesare ed Augusto. Prima della sua costruzione, infatti, le gare di atletica si svolgevano nel Circo Massimo o nel Circo Flaminio, in occasione delle quali venivano eretti stadi in legno smontabili dopo l'uso.

Il progetto dello Stadio si presenta come un edificio originale, una disposizione, e probabilmente un arredo interno, ideata soprattutto per gli utenti che attraversavano o utilizzavano il piano terra, che potevano disporre di ampie sale e percorsi dalle molteplici potenzialità. 
Dato che i giochi venivano celebrati ogni cinque anni, si prese in considerazione l'utilizzo dell’ambulacro esterno come un ambiente dove, nei giorni ordinari, si potessero percorrere passeggiate al coperto.

Lo Stadio di Domiziano ha forma circense (mt. 265 x 106) risulta come un rettangolo molto allungato, con un’estremità in forma di emiciclo e l’altra rettilinea e leggermente obliqua; si differenzia dal circo soprattutto per le dimensioni più ridotte e per l'assenza della spina, dell'obelisco e delle carceres. Poteva contenere fino a 30.000 spettatori.

La costruzione era in blocchi di travertino in facciata nei portici esterni e negli atri degli ingressi principali e in opera laterizia per tutto il resto; le pareti interne erano rivestite di stucco sobriamente decorato. La pista doveva essere in terra battuta. 
La facciata esterna era costituita da una doppia serie di arcate poggianti su pilastri, l'inferiore di ordine ionico, il superiore di ordine corinzio.
E' quanto mai probabile che l'ingresso principale fosse sul lato meridionale rivolto verso l'Odeon ed il Teatro di Pompeo.

Ambulacri

L’edificio era raggiungibile attraverso tre gradini ricavati direttamente tra i pilastri; era circondato da un’area pavimentata in lastre di travertino, sistemazione che facilitava l’accesso per il pubblico lungo tutto il perimetro. Le gradinate poggiavano su un sistema, che si ripete: ambulacro esterno, mediano e interno.

La fuga delle gradinate era spezzata in corrispondenza degli assi principali da palchi destinati all'imperatore e alle autorità civili e religiose. 

Stadio di Domiziano
 
 
Stadio di Domiziano

Stadio di Domiziano


Un aureo di Settimio Severo coniato dopo l'anno 202 d.C. mostra sul rovescio, in pianta e in prospetto, lo Stadio.Nella pista priva di spina e di obelisco, e pertanto non confondibile con un circo, sono raffigurati gli atleti intenti nella corsa nella lotta e nel pugilato e nel centro la proclamazione e l'incoronazione del vincitore; nella tribuna coperta con il baldacchino seduto il giudice di gara o forse l'imperatore.

Nella moneta sono riportati gli elementi essenziali del monumento e viene dato particolare risalto alla presenza di statue nei fornici superiori. 


Conio epoca Settimio Severo

E' noto che nelle immediate vicinanze dello Stadio sono stati rinvenuti gruppi marmorei e statue singole, opere di insigni artisti, che probabilmente erano ubicati nei fornici superiori o collocate nelle nicchie delle aule del piano terreno come Pasquino (gruppo raffigurante Patroclo morente sorretto da Menelao). Si ricorda inoltre un torso simile all’Apollo Liceo di Prassitele rinvenuto durante gli scavi dell’emiciclo e conservato nel monumento. L’opera di Prassitele era posta nel Ginnasio di Atene e rende la presenza di una tale statua nello Stadio di particolare significato. 

Torso somigliante all'Apollo Liceo

Oltre a questi si ritengono pertinenti all’edificio un frammento di un’oca coperta in parte da un lembo di mantello riconducibile al Pothos di Skopas, 

Oca del Pothos di Skopas

un torso in marmo riconosciuto come una copia dell’Atleta che si unge tipo Monaco, rinvenuto nel 1940 in via Zanardelli, una testa pertinente all’Apollo tipo Kassel di Fidia, e l’ Ermes che si allaccia il sandalo di Lisippo. 

Quindi tutte repliche di noti originali greci che ritraggono figure del mondo eroico e atletico adeguate alla decorazione di un edificio dedicato agli sport e agli ideali che ispiravano gli agoni. 

Al tempo di Macrino (217 d.C.), in seguito all'incendio che aveva devastato il Colosseo, lo Stadio subì lavori di adattamento per ospitare i giochi gladiatori e al tempo di Alessandro Severo (228 d.C.) venne restaurato.

Alla metà del IV secolo era ancora integro tanto da destare l'ammirazione dei visitatori ed essere ancora usato per gare di atletica che i Romani continuavano a chiamare con termine greco Agones. 
Una chiesetta dedicata a S. Agnese si stabilì in età tardo antica in uno dei fornici prospicienti via S. Maria dell'Anima, mentre durante il medioevo negli ambulacri trovarono posto stalle e magazzini; l'edificio fu successivamente ridotto a rudere dal sistematico saccheggio di marmi e travertini. 
Piazza Navona è l'eccezionale esempio della sopravvivenza topografica dello Stadio. Le case edificate sopra i resti della cavea hanno conservato e tramandato la forma dell'antico Stadio lasciando libera da costruzioni tutta l'area della pista trasformata in piazza monumentale. 
Resti dello Stadio sono infatti presenti, oltre che nei sotterranei del Palazzo dell'INA in piazza di Tor Sanguigna 16, anche in molte delle cantine delle case private prospicienti Piazza Navona e, in quantità cospicua, sotto Palazzo Pamphilj oltre i resti, da sempre conosciuti, ubicati nei sotterranei della Chiesa di S. Agnese e de L'Ecole Française de Rome.
Curiosità:
L’imperatore Domiziano fece trasportare l'obelisco, che oggi è al centro di Piazza Navona, dalla città egiziana di Assuan, poi, seguendo una prassi insolita, vi fece incidere i geroglifici che lo decorano e che cantano le lodi dell’imperatore. Domiziano vi è anche raffigurato, tra due divinità, nel momento di ricevere una corona. Non si conosce con esattezza la collocazione originaria che Domiziano aveva scelto per l’obelisco, forse il santuario di Iside in Campo Marzio. Nel IV secolo d.C., l’imperatore Massenzio lo fece trasportare nel Circo della sua Villa sull’Appia. Crollato nel medioevo, fu recuperato da Papa Innocenzo X Pamphilj e collocato al centro di Piazza Navona, all’interno del progetto di celebrazione della sua casata, realizzato nel 1651 da Gian Lorenzo Bernini. Sormontato dalla colomba dello Spirito Santo, stemma araldico della famiglia papale, l’obelisco divenne il fulcro della celebre Fontana dei Quattro Fiumi.
Piazza Navona

 
L’introduzione di agoni atletici a Roma avvenne lentamente e questa sua modalità di introduzione rivela un progressivo cambiamento di mentalità, inscrivibile nel processo di ellenizzazione della società romana. Dopo Caligola e Claudio che tentarono a loro volta di introdurre i certamina graeca, fu Nerone che nel Campo Marzio fece svolgere dei giochi quinquennali, chiamati poi neronia: un triplice certamen caratterizzato da esibizioni musicali, equestri e ginniche che si svolgevano nel ginnasio nei pressi delle Terme Neroniane , poste tra il Pantheon ed il futuro Stadio di Domiziano. Ma il costume greco non era ancora ben visto dall’aristocrazia romana, come dimostra il noto passo di Tacito in cui sono condannate le influenze greche corruttrici della morale tradizionale romana.
A differenza dei Neronia, che Nerone aveva voluto intitolare alla sua persona, i giochi voluti da Domiziano erano dedicati, accortamente, alla massima divinità del Pantheon romano, Giove Capitolino, in conformità con le Olimpie sacre a Zeus Olimpio.
L'istituzione dei Capitolia nell’86, gara quinquennale, entrò definitivamente nel calendario delle feste romane. A presiedere i giochi era lo stesso imperatore cinto sul capo da una corona d’oro con l’effigie di Giove, Giunone e Minerva e vestito di toga purpurea alla foggia greca affiancato dal Flamen Dialis (sacerdote legato al culto di Giove) e dal collegio dei sodales Flaviales che indossavano anch’essi una corona con l’immagine dello stesso imperatore, quasi fosse un dio, tra gli altri dei. 

Nello Stadio si svolgevano le gare sportive strutturate sul ciclo olimpico greco: atletica leggera (corse di vario tipo), atletica pesante (lotta, pugilato e pancrazio)


La lotta

Il pugilato

Il pancrazio

oltre alle gare riunite nel pentathlon (corsa, lancio del disco, salto, lancio del giavellotto, lotta)

Lancio del giavellotto

Lancio del disco

Il salto

La corsa

La gara più importante era la corsa dello stadio, (circa 180 metri), veniva disputata per prima, gli atleti gareggiavano con il corpo nudo e senza calzari. 
Altri tipi di corsa erano il diaulos (due stadi), il dolichos (lunghezza variabile tra i 7 e 20 stadi) e quella degli oplites, la corsa degli uomini in armi che chiudeva la rappresentazioni. Grande popolarità riscuoteva la lampadedromia, una staffetta a squadre in cui il testimone era costituito da una fiaccola che doveva rimanere accesa. Si tennero anche una gare di corsa tra fanciulle come a Sparta.
Alle gare, che si svolgevano in tarda primavera e si concludevano il 12 giugno, partecipavano atleti di professione, provenienti da ogni parte dell'Impero, anche se in massima parte provenienti dalla Grecia.
Il premio per i vincitori era costituito da una corona di foglie di quercia e di ulivo, gli alberi sacri a Giove e a Minerva, ma cosa ancor ben più importante era la cittadinanza romana. Questo determinava un altissimo numero di partecipanti, tanto che un anno non si riuscirono a disputare le Olimpiadi. Sulle tombe di alcuni agoni talora veniva ricordata una vittoria conseguita nell'Agone Capitolino. 
L’agone capitolino comunque non riuscì mai a sostituire il favore che i munera avevano presso i romani, troppo grande era la distanza che separava l’equilibrio degli agoni atletici dalla crudezza dei combattimenti gladiatori. Inoltre l’agone capitolino si disputava solo ogni cinque anni, al contrario dei munera che si celebravano molto più frequentemente. Ciononostante esso piacque ai ceti colti dell’aristocrazia e persino un imperatore come Marco Aurelio, successivamente, praticò discipline come la corsa, la lotta ed il pugilato. 
certamina gymnica nello Stadio furono disputati per molto tempo anche dopo l'avvento del Cristianesimo e l'abolizione dei giochi cruenti negli anfiteatri.

I resti dello Stadio di Domiziano sono stati dichiarati dall’ Unesco patrimonio dell’umanità e sottoposti a tutela indiretta con Decreto Ministeriale del 7 Aprile 1954.

Da vedere: Ricostruzione Stadio di Domiziano - Altair4

lunedì 18 maggio 2020

ARCO DI TITO

Arco di Tito

Prima di presentare l'Arco di Tito illustro brevemente la storia degli Archi Monumentali.

L'arco onorario, nella sua variante Trionfale, è fra i monumenti più tipici dell'architettura romana. L'arco perde le sue funzioni strutturali di sostegno e di passaggio e diviene una presenza simbolica che indica un limite ideale o una soglia da attraversare. Deriva dal valore del gesto di passare sotto, passaggio che può significare anche la transizione tra lo spazio sacro e quello profano. A questo significato simbolico si affianca poi la funzione prevalente di supporto per statue, iscrizioni e pannelli illustrati per onorare un personaggio pubblico. Plinio avvalora questa interpretazione descrivendo le colonne come simbolo di elevazione al di sopra degli altri mortali. 

Gli Imperatori quindi, erano soliti costruire dei monumenti che ricordassero le loro imprese. Questa tradizione era già in uso nel periodo repubblicano ma non ve ne sono resti. Si è venuti a conoscenza che da Augusto in poi il potere di deciderne la costruzione è riservato al Senato. In questo modo il monumento diviene uno strumento ufficiale di esaltazione celebrativa-commemorativa e uno strumento di propaganda della politica imperiale.

L’esistenza dell’arco si lega alla cerimonia del trionfo (triumphus), il più solenne riconoscimento tributato a un condottiero da parte del popolo romano. Per aspirare a un tale onore, si rispettano alcune precise regole:

  • l’autorizzazione è data tramite una delibera del Senato;

  • il condottiero deve esercitare, il giorno della battaglia, l’autorità suprema;

  • la vittoria deve essere riportata in una guerra contro un popolo straniero (non in una guerra civile, contro altri cives romani) e devono essere stati uccisi in una sola battaglia non meno di cinquemila nemici.

Il più antico arco onorario a Roma è proprio quello che Domiziano, tra l'81 e il 90 d.C., fece erigere per commemorare il fratello Tito e il padre Vespasiano, appartenenti alla famiglia dei Flavi (la stessa dinastia del Colosseo).

L'epigrafe recita:

Senatus / populusque romanus / divo Tito divi Vespasiani f(ilio) / Vespasiano Augusto. 
Il Senato e il popolo romano al divino Tito, figlio del divino Vespasiano, Vespasiano Augusto.
Epigrafe

In particolare, l’opera ricorda la conquista della Galilea e la presa di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C. culminata con la distruzione del Tempio e la dispersione del popolo ebraico in tutte le aree dell'Impero, le cui conseguenze sono rimaste tragicamente vive nella storia d'Europa fino all'olocausto. E' situata all’ingresso della Via Sacra, a ridosso del Foro romano.
L’arco di Tito è un arco di trionfo ad un solo fornice (ossia con una sola arcata) ed è in marmo pentelico finemente decorato. 

All'esterno otto colonne corinzie, impostate su alti plinti modanati, sorreggono la trabeazione decorata da un piccolo fregio continuo su cui si snoda una processione trionfale. Due Vittorie alate sono poste negli archivolti.

Le dee della Vittoria negli archivolti

All'interno il fornice è coperto da una lussuosa volta a botte cassettonata al cui centro è scolpita un'aquila che sorregge il ritratto di Tito, allusione alla sua apoteosi, cioè alla sua assunzione fra gli dèi dopo la morte. 

Tito sorretto da un'aquila

Sulle pareti interne, due grandi pannelli scolpiti fanno ala al passaggio dello spettatore. 

Qui dobbiamo soffermarci un poco in quanto i pannelli sono una rivoluzione stilistica nell'arte romana. Entrambi i pannelli sono scolpiti ad altissimo rilievo. La lastra raggiunge in taluni punti lo spessore di un metro e oltre. I pannelli mostrano, secondo costume largamente tradizionale, i momenti salienti del Trionfo del giovane principe. 
In uno avanza la quadriga imperiale, il carro del trionfatore, guidata dalla dea Roma e preceduto dai littori, con Tito incoronato simbolicamente da una Nike Alata (la Vittoria) che prende il posto dello schiavo, servus publicus, cui nei cortei era riservato questo specifico compito; 

Il corteo con la quadriga

nel secondo i soldati romani avanzano, entro le mura attraverso la porta Triumphalis, coi fercula, le portantine su cui sono posti gli oggetti portati via dal Tempio di Gerusalemme: le trombe d’argento, la mensa dell’arca dell’alleanza e il candelabro a sette bracci, simboli veneratissimi del popolo ebraico mostrati ai Romani come le spoglie di un nemico lungamente odiato. 

Soldati col tesoro di Gerusalemme

Se questo tema è tipico nella rappresentazione Trionfale è assolutamente nuovo e il linguaggio adottato dallo scultore per rappresentare l'evento. 
Anziché scorrere sul fondo neutro indefinito, dei rilievi giulio-claudi, la massa degli uomini in processione viene incontro allo spettatore con un moto circolare, uscendo dal piano della rappresentazione al centro della scena e rientrandovi all'estremità, specie sul lato destro dove il fornice della porta è visibile solo nella parte esterna. Ciò dimostra che il rilievo doveva essere completato con la pittura.
Il colore, infatti, enfatizzando la plasticità delle figure in prima fila, stagliando l'oro e l'argento delle prede su fondo azzurro del cielo, accentuava certamente l'elemento illusionistico, già così impressionante nel pur precario stato di conservazione documentato da foto ottocentesche.

Nel Medioevo l'arco venne incorporato nella fortezza dei Frangipane; Successivamente fu inglobato nelle strutture del convento di Santa Francesca Romana.
Piranesi - Immagine del XVIII sec.
illustra l'incorporazione dell'arco nella fortezza dei
Frangipane


Soltanto nel 1812-24 ebbe inizio l'intervento di liberazione vero e proprio. I restauri del 1823 sul lato ovest dell’attico, portarono alla liberazione dell’arco dalla struttura medievale. Ulteriori lavori realizzati nel 1901-02 ne misero in luce le fondazioni.  



domenica 17 maggio 2020

TERME DI TITO

Terme di Tito

I Romani appresero dell'uso delle Terme dai Greci. 
Nelle terme greche vi erano, oltre i bagni caldi, palestre, portici e giardini per il passeggio e per i giochi atletici che si potevano osservare da una specie di teatro. Vi si trovavano anche le exedrae (emicicli) dove filosofi e oratori declamavano e i poeti recitavano i loro versi. Vi erano gallerie di statue, quadri, biblioteche. 
Le prime Terme romane furono quelle di Agrippa e quelle di Nerone, entrambi vicino al Pantheon nel campo di Marte (Marzio).

Le Terme di Tito sono state costruite nell'80 e si trovavano tra il Colosseo e l'attuale San Pietro in Vincoli, nel Colle Oppio. Visti i brevi tempi per la costruzione, si suppone che siano sorte nella zona dei bagni privati della Domus Aurea, così da utilizzarne la struttura. Pare, secondo Andrea Palladio, che la costruzione sia iniziata sotto Vespasiano. Il dislivello dal Colosseo di circa 17,5 m fu reso agibile da una grande scalea, da cui si poteva accedere dallo stesso anfiteatro.

E' grazie ad Andrea Palladio, che ne disegnò la pianta nel XVI secolo, se oggi conosciamo abbastanza bene la prima costruzione di Terme Imperiali. Infatti dai resti odierni possiamo immaginare ben poco. Le terme imperiali si differenziavano da quelle repubblicane da ambienti disposti su un unico asse, dalla fusione del ginnasio con le vere e proprie terme.

Terme di Tito - Andrea Palladio

Palladio ci elenca anche una legenda per la lettura del prospetto:
A.         Piscina
B.         Portici ove passeggiavano
C. D.    Tempii
E.         Peristili
F.          Luoghi dove ponevansi i vestimenti di quelli che si bagnavano            
G.         Stanze per comodo de' lottatori
H.         Sisto
I.           Untuario
K.          Apoditerio
L.          Passaggi che conducevano all'Ipocausto
M.         Stanze per bagnarsi
N.          Essedre de' filosofi
O.          Teatro
P.           Scale sul pendio del monte Esquilino
Q.          Lizza
R.          Bagni per quelli che non si esercitavano nel Sisto
S.          Scuole e biblioteche
T.           Conisterj
V.           Sferisterj
W.          Bagni per lottatori
X.           Appartamenti di quelli che avevano la cura de' Bagni
Y.           Scale per salire in alto
Z.           Scale per le quali si discendeva nelle Stanze sotterranee per bagnarsi


Le Terme si estendevano su un'area di circa 135 x 120 m della quale oltre la metà era costituita da spazio aperto, una grande terrazza-palestra.
Gli ambienti erano disposti simmetricamente ai lati di un asse centrale. Accedendo dalla scalea di fronte al Colosseo c'era un vasto ambiente aperto e poi si raggiungeva un doppio calidarium (bagni caldi "M" in cartina). Tramite un passaggio centrale che separava i calidari ("K"), a un piccolo tepidario rettangolare ("L"), oltre il quale si trovava il frigidario (bagni freddi "H") e i due tempi simmetrici. Ai lati del frigidarium vi erano una doppia serie di ambienti, due cortili ("E"), due spogliatoi ("G") e due sale di intrattenimento ("V").


Terme di Tito - Andrea Palladio


In seguito Domiziano, Traiano e Adriano vi fecero delle aggiunte dimodoché ogni parte di esse prese il nome dell'Imperatore da cui venne costruita. Il complesso termale si allargò fino alla chiesa di S. Martino, nonostante ciò era più piccolo di quello che poi fece costruire Caracalla, anche se architettonicamente era più bello.
L'elemento scenografico rimase una particolarità rispetto ai successivi edifici del II e III sec., accumunando le terme di Tito alle altre architetture dell'epoca flavia. Notevole è anche l'uso complesso e organico delle volte a crociera che non ha quasi pari in edifici coevi.
Vicino alle Terme c'era il palazzo di Tito che all'interno poteva esibire il celebre gruppo di Laoconte, ritrovato nella vigna de Fredis, fra le Sette Sale e S. Maria Maggiore, al tempo di Giulio II; gruppo che oggi è esposto nei Musei Vaticani.


Gruppo Laoconte - Musei Vaticani


Musei Vaticani: Gruppo Laoconte 

Il complesso subì un precoce processo di abbandono e la maggior parte dei materiali vennero utilizzati per l'edificazione di palazzi e chiese (le cappelle laterali della Chiesa del Gesù o la vasca riutilizzata per la fontana del Cortile del Belvedere in Vaticano, ora alla Sala Rotonda.

Ai primi del Novecento nel Colle Oppio c'era il roseto comunale e vi erano piantate oltre 2000 rose.
Quando venne ridisegnato da Raffaele De Vico nel 1928-32 le rovine ancora visibili nel Cinquecento, sparirono completamente.
Ne restano tracce visibili in via Nicola Salvi ad un livello più basso (i pilastri laterizi con semicolonne prospicienti il Colosseo appartengono al portico di accesso).


sabato 16 maggio 2020

IL COLOSSEO (ANFITEATRO FLAVIO)

Colosseo

Scrivere sul Colosseo è veramente un'impresa difficile. C'è tanto di quel materiale da sfogliare e leggere che fare una cernita e non cadere nella banalizzazione, di una delle 7 Meraviglie del Mondo, richiede un impegno particolare. Per dirla tutta, man mano che seguivo il percorso della storia, dalle origini di Roma, per farne una sorta di itinerario cronologico da poter visitare oggi, avevo un certo timore ad arrivare al momento del Colosseo. Forse perché quando si è sotto questo monumento si prova un'emozione tale da perdere quasi completamente il fiato. Mi sento una privilegiata ad abitare a Roma e ad essere romana.
Nulla togliendo al resto dei monumenti, che comunque hanno permesso di risalire alla storia di una città gloriosa e provare emozioni profonde, il Colosseo è la massima espressione della "grandezza" di Roma. Non nella storia stessa del monumento, che raggiunge quasi i 2000 anni, ma forse proprio per la sua imponenza. Imponenza di cui Roma è la massima espressione.

Veniamo dunque alla storia...

Dopo la morte di Nerone, ultimo Imperatore della dinastia Giulio Claudia, non avendo figli maschi, né avendo designato il suo successore prima di farsi uccidere (gli Imperatori non potevano suicidarsi), lasciò il governo di Roma vacante.
Si susseguirono 3 Imperatori nell'arco di un anno, ma nessuno di loro lascerà un segno tangibile del loro governo, finché non arrivò... il quarto Imperatore.

Vespasiano, erede della dinastia Flavia, che era stato incaricato da Nerone per reprimere la rivolta giudea, grazie alle gesta del figlio Tito, riesce a tornare a Roma vittorioso e con un ingente bottino, a scapito degli ebrei e del Tempio di Gerusalemme.
Vespasiano pensò di restituire ai cittadini romani, privati dell'area espropriata per la costruzione della Domus Aurea, un Anfiteatro per il loro divertimento ma che al tempo stesso rappresentasse la grandezza di Roma agli occhi delle altre legioni.
Dopo l'incendio di Roma non vi erano più luoghi idonei alle rappresentazioni spettacolari, fu così che nel 72 d.C. circa iniziò la costruzione dell'Anfiteatro Flavio, sull'area del laghetto della Domus. 

Vespasiano fece prosciugare e bonificare il laghetto della Domus Aurea, con canali e pompe di drenaggio, convogliando le acque fino al Tevere, pressappoco il percorso odierno di via di San Gregorio. 
Fu impiegata manodopera specializzata e le squadre furono suddivise in quattro quadranti.

Furono costruite le fondamenta con un'ampiezza ellittica di 62m, profonde tra gli otto e i dodici metri dove poggiano i pilastri e le strutture delle gradinate, mentre nella zona dell'arena sono profonde circa 4 metri. Vi si gettò calcestruzzo e leucitite, il famoso resistente cemento romano, intervallato da alcuni fognoli per l'evacuazione dell'acqua di falda e acqua piovana, per evitare allagamenti, poi si ricoprì di tufo per circa 3m di altezza e si posero blocchi di travertino di 90cm. 

Volte e arcate furono la soluzione per alleggerire l'immensa mole e renderla più stabile. Per alleggerire ancora e dare maggiore stabilità, ogni piano superiore era meno spesso di quello inferiore, infatti ogni piano all'esterno rientra leggermente dal sottostante. Una volta terminato l'elevato del monumento, si procedette all'interramento delle aree circostanti fino a raggiungere il piano attuale della piazza che venne lastricato.
Furono utilizzati 100.000m quadrati di travertino, per il cui trasporto venne appositamente costruita una strada (di 30km e larga 6) verso Tivoli e 300 tonnellate di ferro per le grappe che fissavano i blocchi fra di loro. 

Il Colosseo ha una forma ellittica (188x156metri con un perimetro di 527 metri), è formato da 3 ordini di 80 arcate con semicolonne doriche, ioniche e corinzie alte 50m. I primi tre ordini ripetono la medesima successione della facciata esterna del teatro di Marcello. 
Settantasei arcate a livello del suolo venivano utilizzate come ingressi, 1 veniva usata dall’Imperatore, 1 dai senatori, e le altre 2 dai gladiatori, una per entrare nel Colosseo, la seconda, la cosiddetta Porta Libitinaria, per uscire dal Colosseo... morti o feriti. In queste arcate erano collocate 80 statue di bronzo dorato che spiccavano sul candore del travertino con un effetto a distanza di grande splendore. Il quarto ordine è suddiviso in 80 riquadri divisi da lesene corinzie e intervallati da 40 finestrelle, tra ognuna delle quali era appeso uno scudo di bronzo dorato (posti all'era di Domiziano). Sopra le finestre c'erano tre mensole di travertino su cui erano infissi 240 pali di legno per sorreggere il velarium che serviva per riparare dal sole o dalla pioggia. 
Il velarium aveva un foro centrale che permetteva di far rinfrescare gli spettatori. I teli venivano fissati ai pali con un complesso sistema di funi ed erano fissati a terra all'esterno dell'anfiteatro affinché il peso non li facesse precipitare all'interno. Il fissaggio a terra era con funi legate a ceppi di pietra posti all'esterno della pedana in travertino su cui poggia l'Anfiteatro Flavio, e in parte sono ancora visibili. Anche qui si usavano carrugole ed argani, un complesso sistema di ingegneria che per essere manovrato richiedeva esperti di vela,è per questo che venivano impiegati i marinai.


L’arena era separata dai posti più vicini da un muro alto 4 metri e misurava 86x55 metri per una superficie totale di oltre 3.600 metri quadrati. All’interno del Colosseo, a beneficio del pubblico, erano dislocate circa 100 fontanelle.

Arena del Colosseo

I diversi settori erano separati da alti podi (precinctio), nei quali si aprivano le porte di accesso (vomitoria), protetti da transenne in marmo (risalenti ai restauri del II secolo d.c.). Sui gradini sono incise le indicazioni dei posti e sulla balaustra del podio venivano iscritti i nomi dei senatori a cui i posti inferiori erano riservati. 
Gli spettatori raggiungevano il loro posto entrando dalle arcate loro riservate. Ciascuna delle 74 arcate per il pubblico era contraddistinta da un numerale, inciso sulla chiave di volta, per consentire agli spettatori di raggiungere rapidamente il proprio posto. Studiosi hanno calcolato che per far uscire tutte quelle persone in caso di emergenza servissero solo tra gli 8 e i 10 minuti!

All'interno, la cavea, con i gradini per i posti degli spettatori, era suddivisa in cinque settori orizzontali (maeniana) che avevano una pendenza di 37,5 gradi per consentire una visione ottimale da ogni posto.
I settori erano riservati a categorie diverse di pubblico: il settore inferiore, riservato ai senatori e alle loro famiglie, aveva gradini ampi e bassi che ospitavano seggi di legno (subsellia); seguivano il maenianum primum, con otto gradini di marmo, il maenianum secundum, suddiviso in imum (inferiore) e summum (superiore), ancora con gradini in marmo, e infine il maenianum summum, con circa undici gradini lignei all'interno del portico che coronava la cavea (porticus in summa cavea). Sui gradini sotto il colonnato prendevano posto le donne, e sul terrazzo sopra il colonnato, solo posti in piedi, la plebe.
Il Colosseo poteva ospitare realisticamente tra i 55.000 e le 60.000 persone.

Sezione Cavea

Inizialmente Anfiteatro Flavio, pare che fu chiamato Colosseo grazie ad una colossale statua limitrofa. Questa statua inizialmente era la figura di Nerone ed era posizionata nella Domus Aurea. Quando poi venne rimodellata per raffigurare il Dio Sole con l'apposita corona solare venne posizionata accanto al laghetto dove poi è sorto il Colosseo. Il termine Colosseo venne coniato probabilmente intorno al Medioevo. Il sito del basamento della statua colossale dopo lo spostamento è attualmente segnato da un moderno basamento in tufo. 

Basamento del Colosso

Vespasiano non riuscì a vedere la fine dei lavori perché morì dopo la costruzione dei primi due ordini, il terzo e il quarto furono terminati durante il regno di Tito, suo figlio. Nell'80 Tito inaugurò il Colosseo con spettacoli che durarono circa 100 giorni.
E' noto per i regni di Tito e successivamente di Domiziano, altro figlio di Vespasiano, lo svolgimento delle naumachie, ciò delle battaglie navali. Questo può significare che originariamente la pavimentazione del Colosseo doveva essere tale da consentire una grande portata d’acqua. Studi recenti hanno provato che è possibile, chiudendo il cancello principale, che la pressione dell’acqua raggiungesse il giusto livello e che l’arena si riempisse di quattro milioni di galloni d’acqua per una profondità di 5 piedi, entro 7 ore. 

La struttura sotterranea del Colosseo fu costruita sotto Domiziano.
I tavolati della vasta area poggiavano su una serie di muri paralleli, nei quali vennero ricavati alloggiamenti dei 64 ascensori che venivano utilizzati per trasportare le belve e i gladiatori. Montacarichi azionati da una grande ruota che schiavi muovevano dall'interno. Qui si muovevano gli schiavi per adempiere ai propri servizi, senza che gli spettatori si accorgessero di nulla e senza intralciare gli spettacoli. Qui venivano portate le belve catturate negli angoli più remoti dell'Impero. Qui sostavano i gladiatori e si preparavano alla lotta prima di salire sull'arena. Nei pressi del palco imperiale salivano alcune scalette per collegare questo con i sotterranei. Da qui partiva un altro corridoio ipogeo che aveva l'interno decorato con stucchi e granito rosa di Assuan, come lo stesso palco, corridoio che serviva all'Imperatore per raggiungere il Colosseo senza essere visto.
Nel sotterraneo si accedeva da quattro corridoi che potevano essere percorsi anche da carri.

Il Colosseo era aperto a tutti i cittadini, nella sua arena si svolgevano i giochi di intrattenimento che potevano anche durare un'intera giornata. I primi giochi furono, probabilmente le naumachie.
Soltanto l'Imperatore poteva sostenere i costi delle battaglie navali. Queste infatti richiedevano l'allagamento dell'arena e le costruzioni di vascelli somiglianti a quelli di famose battaglie che misuravano fra i 7 e i 15 metri e avevano fondi piatti per non raschiare la pavimentazione del Colosseo. A bordo di queste navi c'erano i gladiatori, vestiti come i nemici della battaglia, che lottavano, annegavano finché non riuscivano a sconfiggere tutte le altre fazioni.
Ma gli spettacoli d'acqua non si limitavano soltanto alle naumachie, si svolgevano anche spettacoli notturni di nuoto sincronizzato illuminati dalle fiaccole, e altre volte l'arena appena allagata permetteva agli aurighi di condurre corse con i carri sull'acqua, come pure le sfilate di animali che camminavano sull'acqua.


Sia la difficoltà di ricreare gli ambienti sia la necessità di sviluppare questi spettacoli che riscuotevano molto successo, portano Domiziano a deviare queste battaglie in un apposito lago ricreato nelle anse del Tevere. A questo punto fece costruire nel Colosseo i sotterranei per la realizzazione delle scenografie degli spettacoli.
Vi erano dei veri e propri programmi di spettacoli giornalieri. 
In mattinata si svolgevano le venationes, spettacoli tra animali o tra gladiatori ed animali, all'ora di pranzo si eseguivano le condanne a morte e il pomeriggio era il momento tanto atteso per le lotte tra gladiatori.
Le venationes erano apprezzate soprattutto per l'esposizione di animali esotici e rari, leoni e tigri erano quelli più acclamati.
Il condannato a morte poteva essere ucciso con colpi di spada, crocifisso, bruciato vivo o gettato in pasto alle fiere.
Per quanto riguarda i munera gladiatoria (gli spettacoli tra gladiatori), non era tanto l'efferata crudeltà che attirava e affascinava il pubblico, quanto vedere buoni combattimenti, con gladiatori che affrontavano l'avversario con coraggio e rispetto delle regole ben delineate e rigide.
Tutto questo veniva ampiamente pubblicizzato i giorni precedenti con cene in cui si potevano visionare i gladiatori stessi per farsi un'idea su chi scommettere.
Il giorno degli spettacoli sfilavano gli organizzatori preceduti dai littori, suonatori e aiutanti che leggevano al pubblico il programma e portavano le armi dei gladiatori.
Seguiva la verifica della funzionalità delle armi e poi quando l'organizzatore prendeva posto nel pulpito, i giochi potevano iniziare.
Il pubblico decideva la sorte dello sconfitto, l'organizzatore doveva tenerne conto, la morte del gladiatore determinava il pagamento, non soltanto dell'ingaggio, ma anche del valore del combattente.
Un ingaggio poteva costare dai mille ai 15mila sesterzi (si stima intorno ai 24mila euro), in base alla fama del gladiatore.
I vincitori ricevevano denaro, ghirlande, corone d'oro o pietre preziose, con il premio faceva poi un giro d'onore nell'arena. 
Agli spettatori in uscita spettava un souvenir offerto dallo sponsor. 

La differenza tra i ludi e i munera stava nell'organizzatore, solitamente i ludi erano giochi offerti dallo Stato, mentre i munera erano organizzati da personaggi facoltosi in occasioni particolari.

Negli anni, incendi, terremoti e l'uomo inflissero dei colpi piuttosto pesanti al Colosseo: Nel 217 d.c. un incendio distrusse le strutture superiori; l’edificio venne ristrutturato da Eliogabalo e da Alessandro Severo, e fu riaperto nel 222 senza che i lavori fossero terminati. Ci furono altri incendi nel 250/252 e nel 320 che crearono danni al Colosseo e ci furono altre ricostruzioni sotto Costantino e re Odoacre (Odoacre, primo dei re barbari di Roma) nel 476 - 483 d.c. Dopo la caduta dell’impero Romano ci furono altre opere di risanamento in seguito ad un altro terremoto avvenuto intorno al 484 o 508. Ad un certo punto il grande Anfiteatro Flavio fu abbandonato. Sotto Teodorico, iniziò lo smantellamento del Colosseo nella parte meridionale verso il Celio, fu lasciata intatta, infatti, la parte che dava sulla strada che portava dal Foro a San Giovanni. Questo determinò la fragilità della struttura che crollò nei successivi anni. Nel VI secolo venne adibito ad area di sepoltura; in seguito, usato come abitazione. Nell’alto medioevo il Colosseo diventò fortezza dei Frangipane e degli Annibaldi fino al 1312, quando intervenne l’imperatore Enrico VII che lo riconsegnò al Senato e quindi al popolo romano. I terremoti del 1231 e del 1349 portarono altri danni al Colosseo che oramai in rovina venne abbandonato di nuovo. Il triste destino lo fece diventare una cava di marmo usato per costruire nuovi edifici tra i quali i più noti, il palazzo Venezia e della Cancelleria. I blocchi di travertino vennero asportati o vennero usati quelli caduti per opera delle catastrofi naturali, per costruire il palazzo Barberini nel 1703 e per il porto di Ripetta. Papa Benedetto XIV, nel 1750, anno giubilare pensò a 14 edicole  da far mettere all’interno del Colosseo. Inoltre fece piantare al centro una grande croce. E fu così, per oltre un secolo: il monumento romano divenne meta della Via Crucis, che percorreva la via Sacra, simbolo del martirio cristiano. Dopo il 1870 – con l'Unità d'Italia – si perse tale “pia pratica” e così furono rimosse sia le edicole, sia la grande croce.Solo nel 1926 – con il Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa – la croce tornò al Colosseo, ma non al centro, bensì di lato. E’ il luogo dove si trova tuttora.

SITO UFFICIALE: PARCO COLOSSEO   AREA COLOSSEO


Alberto Angela: Ulisse: il piacere della scoperta