La trasformazione in Foro avvenne ad opera dell’imperatore Domiziano (81-96 d.C.), tuttavia egli fu assassinato nel 96 e l'inaugurazione avvenne nell'anno 97 a cura di Nerva, suo successore (96-98 d.C.), a nome del quale il Foro è infatti tuttora conosciuto.
Gli interventi edilizi ebbero luogo in un arco temporale di circa 15 anni per un totale di:
11.000 m cubi di opera,
4537 m cubi di marmo distribuiti per oltre 3000 nella decorazione e nel rivestimento delle pareti della piazza, per più di 700 nel lastricato della piazza stessa e per i rimanenti 738 nella decorazione e nel rivestimento del tempio di Minerva (perlopiù di marmo bianco Lunense, di Carrara),
17.700 mc di calcestruzzo per le fondazioni.
Per poter disporre di spazio sufficiente fu necessario demolire l’emiciclo occidentale del Foro di Augusto.
Collegata al muro perimetrale tramite tratti di architrave vi era una fila di circa 44 colonne ciascuna con un volume di 8 metri cubi, per un totale di 352 metri cubi. Colonne appena sporgenti in pavonazzetto (proveniente dall'odierna Turchia e di colore bianco con venature violacee) con capitelli corinzi. Di queste due in particolare sono visibili e sono note tradizionalmente come "le Colonnacce".
Chiamate in questo modo perchè ridotte in ruderi, ma ancora esistenti dopo ben XIX secoli!
Di recente alcune indagini geognostiche, effettuate per la realizzazione della linea C della metropolitana, hanno fornito nuove informazioni riguardo soprattutto la consistenza delle fondazioni al di sotto delle Colonnacce pari a 6,80 m.
La trabeazione sovrapposta alle Colonnacce reca un fregio scolpito di 25 m, piccolo tratto dei centinaia presenti lungo il perimetro.
Vi sono 8 scene e 61 figure che raffigurano episodi mitologici della dea Minerva. In particolare una rappresenta il mito di Aracne (Ovidio, Metamorfosi, VI, 1-145) la quale sfidò con impudenza la dea Minerva in una gara di tessitura. Le storie filate da Aracne erano amori degli dèi dell'Olimpo con mortali, cosicché Minerva andò su tutte le furie, distrusse la tela e colpì Aracne, la quale tentò di impiccarsi. Minerva la trasformò in ragno e la condannò a tessere per l'eternità.
Al di sopra del fregio vi è un rilievo che mostra una figura femminile con elmo e scudo. Questa figura interpretata sempre come un’immagine di Minerva, sembra sia in realtà la personificazione dei Pirusti, popolazione balcanica assoggettata dai romani. A seguito della scoperta di altre 2 figure simili (una esposta al museo dei Fori Imperiali) si è ipotizzato che l'attico del Foro fosse decorato dai popoli dell'Impero Romano.
Passando all'emiciclo orientale del Foro di Augusto, esso fu conservato e gli fu addossato il Tempio di Minerva, caratterizzato da sei alte colonne in facciata e da un timpano particolarmente inclinato.
Alle spalle del tempio sorgeva la Porticus Absidata, un emiciclo a pilastri, articolato su più piani, che fungeva da ingresso monumentale.
Provenendo dalla Suburra dalla Porticus si entrava nella piazza del Foro attraverso l'Arco di Nerva, che a partire dal Medioevo fu chiamato "Arco di Noè".
Tra il 1566 e il 1572 il Cardinale Bonelli fece bonificare la zona a seguito di fuoriuscite dalla Cloaca Maxima, e fu realizzato un grande condotto fognario, il cosiddetto “Chiavicone”.
Nel 1606 il tempio di Minerva, fino a quel momento ben conservato, fu distrutto da papa Paolo V per realizzare, con le 10 colonne rimaste e i materiali recuperati, il fontanone dell’Acqua Paola sul Gianicolo e della Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore.
Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore |
Del Foro di Nerva sono oggi visibili entrambi i settori orientale e occidentale, mentre la parte centrale della piazza si trova ancora inesplorata sotto Via dei Fori Imperiali.