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sabato 6 giugno 2020

CIRCO MASSIMO



Circo Massimo


LA VALLE MURCIA
L'area occupata dal Circo Massimo la "vallis Murcia" in origine era una zona fluviale e paludosa e garantiva una funzione di scambio commerciale in cui le comunità insediate sulla sommità dei colli potevano incontrarsi e mercanteggiare. 
Era un'area che divideva l'Aventino (colle scelto da Remo per popolare Roma in caso di vincita contro Romolo) dal Palatino (colle scelto da Romolo). 
Tra l'altro la linea pomeriale (il confine della città di Roma) coinciderà con la spina del Circo Massimo, tracciata assialmente tra l'ara Consi (altare ipogeo nella valle Murcia) e l'ara Herculis (situata nel foro Boario), i due degli angoli del pomerio. 
I resti della spina sono stati ritrovati a 5m di profondità rispetto all'attuale piano.

All'epoca di Romolo la valle Murcia probabilmente poteva essere utilizzata soltanto in estate finché, successivamente, l'area venne bonificata.
La palude era dedicata al culto di Murcia, dea del matrimonio, simbolicamente rappresentata dal mirto, pianta preposta alle nozze. 
All'interno di questa valle si trovava l'ara sotterranea dedicata a 
Conso, divinità celebrata per propiziare l'abbondanza del raccolto. Il Dio Conso era figlio della Dea Natura e sparì nell'Ade per poi riemergere (simbolicamente moriva in autunno e resuscitava in primavera), per questo la sua ara era sotterranea.
Il culto del Dio Conso era antecedente alla fondazione di Roma e risaliva ai tempi di Albalonga XII sec. a.C.. Romolo riprese la tradizione dei suoi avi, la divinità veniva celebrata in due momenti, il 21 agosto la festa era dedicata alla mietitura, il 15 dicembre la festa aveva un significato propiziatorio.
Durante il rituale avveniva la riscoperta dell'ara asportandone la terra che usualmente la sigillava.
Secondo Dionigi di Alicarnasso, il Dio Conso in alcune zone veniva identificato nel dio Nettuno protettore degli equini. L'evento principale delle Consualia pertanto erano le competizioni ippiche.
E' nella valle Murcia che Romolo organizza una Consualia dove invita le popolazioni vicine, in particolare quella dei Sabini che occupavano il Colle Quirinale.
In questa occasione avvenne il Ratto delle Sabine, il rapimento delle donne vergini con cui Romolo voleva aumentare il numero della popolazione romana.  Lo stesso Romolo prese in moglie una sabina di nome Ersilia. Come conseguenza del ratto vi furono delle guerre con i popoli vicini che i Romani vinsero, a parte quella con i Sabini dove le donne dovettero scendere in prima linea per fermare l'avanzata dei Sabini,  invocando la pace a mariti (romani), a padri e fratelli (sabini).
Si decise quindi di unire i due regni stipulando un patto sulla via Sacra, intorno al sacello di Venere Cloacina del Foro
Per venire incontro ai Sabini, i romani da quel momento presero il nome di quiriti, dalla città di Cures da cui proveniva Tito Tazio, re dei Sabini, in cambio la città continuò a chiamarsi Roma.
Non è un caso che il ratto delle Sabine avvenne proprio nella valle Murcia, valle la cui Dea propiziava le unioni.
Da questo episodio nascono due tradizioni: in cui una lo sposo prende in braccio la moglie a ricordo del rapimento e nell'altra gli invitati gridano "Talasius" durante le feste dei matrimoni.
«Si racconta che una di esse, molto più carina di tutte le altre, fu rapita dal gruppo di un certo Talasio e, poiché in molti cercavano di sapere a chi mai la stessero portando, gridarono più volte che la portavano a Talasio perché nessuno le mettesse le mani addosso. Da quell'episodio deriva il nostro grido nuziale.»
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, lib. I, capoverso 9) 
L'ara Consi e le costruzioni sotterranee limitrofe furono una sorta di silos per la conservazione dei beni alimentari della comunità in particolare del grano e del farro.

IL CIRCO MASSIMO
L'area del futuro circo sembra connotarsi quindi a vocazione emporica e ludico-religiosa.
La posizione del Circo Massimo potrebbe essere in relazione con la disposizione del tempio ipogeo dell'Ara Consi.

Le prime costruzioni del Circo si possono datare all'epoca di Tarquinio Prisco (V Re di Roma 616-579 a.C.). Per assistere alle gare equestri si allestirono file di sedili lignei, chiamati "fori publici", inoltre creò trenta zone, una per ogni curia.

Il Circo Massimo prende il nome da Circe che avrebbe offerto il primo spettacolo al padre Sole (Circo) e Maximo in quanto il più grande e magnifico degli altri edifici similari.
Il Circo Massimo era consacrato principalmente al Sole (che muore al tramonto e scende a fecondare la terra e all'alba risorge, così come il Dio Conso moriva in autunno e resuscitava a primavera).
Le quadrighe (carri trainati da quatto cavalli) erano sacre al Sole, come le bighe alla Luna.
Seguendo le orme dei greci e degli etruschi, la celebrazione dei morti era legata alla competizione ippica e l'agone doveva rievocare la scomparsa e la divinizzazione di Romolo, per un felice raccolto e la continuità del regno. La fondazione di un ippodromo avviene sempre in relazione alla posizione di una tomba depositaria di un culto ctonio (sotterraneo).
Inoltre le divinità solari erano legate soprattutto ai cavalli bianchi, questo colore rappresenta la luce diurna del Sole. 
Come riporta Tertulliano all'inizio le fazioni in gara erano soltanto due, la bianca e la rossa (il rosso indicava sia l'alba che il tramonto).
Sembra credibile che la gara delle quadrighe rappresentava inizialmente lo scorrere del tempo, il bianco rappresentava la luce del sole durante il giorno, il rosso rappresentava la discesa del Sole al suo viaggio notturno.
Le uova (blocchi tondi di pietra) presenti nel Circo rappresentavano i contagiri (bianco dell'albume e rosso del tuorlo).
La corsa veniva concepita altresì come un continuo percorso fuori/dentro rispetto alla spina che rappresentava il pomerium. Riproduceva il moto del Sole nelle continue e perenni ascese al cielo (tratto urbano) e discese nell'aldilà (tratto extraurbano, oltre il pomerio) dopo aver toccato e fecondato la terra.
La corsa delle quadrighe nel Circo Massimo divenne quindi un rituale propiziatorio affinché il Sole sorgesse ogni giorno e garantisse la nascita delle messi, la celebrazione delle nozze, il concepimento di nuovi individui e di conseguenza la continuità del gruppo.

Il popolo amava le corse facendo un vero e proprio tifo da stadio, naturalmente erano anche occasioni per scommettere e momenti in cui si potevano svolgere incontri clandestini amorosi sfruttando il fragore del pubblico.

Oltre le quadrighe potevano disputarsi corse di bighe e trighe anche con più cavalli. Il cerimoniale prevedeva una processione che faceva il giro intorno alla spiga, poi seguivano sacrifici in onore delle divinità. L'inizio delle gare era annunciato da chi presiedeva i giochi che aveva il compito di far cadere un drappo bianco dall'alto della tribuna dentro l'arena per la partenza. 
La disposizione delle squadre complete di assistenti veniva decisa a sorte. Solitamente erano quattro: bianca, rossa, blu e verde.
L'auriga teneva le redini intorno alla cinta ed era dotato di un coltello per tagliarle in caso di difficoltà. Egli aveva il compito difficile di sporgersi in avanti per eccitare i cavalli e di tirarsi indietro per frenarli.
Il cavallo aveva sul collo una reticella colorata per individuare la squadra così come l'auriga aveva la tunica dello stesso colore.
L'auriga generalmente era uno schiavo e la vittoria era riconosciuta con due premi, la corona di alloro e del denaro, così come il gladiatore poteva comprarsi la libertà.

Nel 326 a.C. furono costruite in legno le gabbie di partenza dei carri (carceres) e venne creata la spina centrale, canalizzando il corso d’acqua che attraversava la valle verso il Tevere a Nord.

Nel 174 a.C Livio menziona per la prima volta gli ova e le metae (i grandi segnacoli intorno ai quali giravano i carri) insieme alla ricostruzione in muratura dei carceres.
I dodici carceres,  (struttura di partenza sul lato corto rettilineo verso il Tevere) erano disposti obliquamente per permettere l'allineamento alla partenza e dotati di un meccanismo che ne permetteva l'apertura simultanea.

Nel circo di età imperiale si ritrova un tempio dedicato al Sole sul versante del lato Aventino, sulle cui scalinate si posiziona il Tribunale dei giudici di gara, mentre di fronte, sul versante del colle Palatino, acquista forme monumentali il Pulvinar, una struttura a forma di tempio destinato ad ospitare le statue delle divinità che assistevano ai giochi portate in processione prima delle manifestazioni e adibito anche ad ospitare i membri della famiglia imperiale.  
Domiziano fece costruire un secondo arco in onore di Tito nell'81. Questo era ampio 17 m, profondo 15 ed era a tre fornici con quattro colonne alte 10 m . Sull'attico vi era una quadriga bronzea, sul fronte aveva una platea e una scalinata. Il lungo corteo trionfale, dopo aver sfilato lungo il Circo Massimo e avere raccolto l'ovazione della folla, passava al di sotto dell'arco e proseguiva il suo cammino diretto al tempio di Giove Capitolino, sul Campidoglio.
Nel 2015 durante i nuovi scavi che hanno portato alla scoperta dell'Arco di Tito sono state ritrovate anche parte della grande iscrizione, rimarcata con lettere bronzee, su cui era incisa la dedica da parte del Senato e Popolo Romano all'Imperatore.

Imponenti lavori edilizi si devono poi a Cesare a cui si devono i primi sedili in muratura e la forma definitiva a partire dal 46 a.C.

Un incendio nel 31 a.C. distrusse la struttura in legno. 
L'Imperatore Augusto lo fece ricostruire aggiungendo un palco imperiale sul Palatino e un grande obelisco di Ramses II alto fino a 23 m, proveniente da Eliopoli, che fu collocato sulla spina come decorazione (fatto spostare a Piazza del Popolo da Sisto V nel 1587).

Obelisco Piazza del Popolo

Il primo grande ampliamento della capienza si deve però a Nerone, che a seguito del grande incendio di Roma del 64 d.C., ne promosse lo sviluppo fino alla capienza di 250.000 persone. 

Un secondo incendio portò l’imperatore Traiano ad un ennesimo intervento edilizio nel 103 d.C., che modificò il tratto della curva nella forma tuttora esistente.  Grazie alla scoperta del calcestruzzo riuscì a edificare in breve tempo i tre piani del Circo Massimo, scongiurando il pericolo di altri incendi. A quest'epoca risalgono la maggior parte dei resti conservatisi sino ad oggi. Traiano fece in modo che la capienza raggiungesse un quarto dell'intera popolazione romana dell'epoca!

Nel 387 d.C. un altro obelisco alto 32 m, relativo a Thutmosis III e proveniente dalla città di Tebe in Egitto è stato aggiunto  dall'Imperatore Costanzo, nel IV secolo ( fatto spostare anch'esso da Sisto V nel 1587 a Piazza San Giovanni ). 

Obelisco Piazza San Giovanni


Il Circo Massimo è probabilmente il monumento antico più grande,
il più grande stadio di tutti i tempi! 
Le sue dimensioni erano enormi 600 x 140 metri, la facciata esterna aveva tre ordini, soltanto quello inferiore era ad arcate. La cavea poggiava su strutture in muratura che ospitavano i passaggi e le scale per raggiungere i diversi settori dei sedili, ambienti di servizio interni e botteghe verso l'esterno. Nell'arena vi si svolgevano le corse dei carri intorno alla spina  (riccamente decorata da statue, edicole, tempietti, sette uova e sette delfini da cui sgorgava l'acqua, utilizzati come contagiri) tra le due mete (due elementi semicircolari). 
Intorno alla spina correva un canale, detto euripus, dal quale gli addetti potevano attingere acqua per annaffiare i mozzi arroventati dei carri.

Le parti del Circo erano cariche di significati simbolici: le porte dei carceres erano 12 come i segni zodiacali e i mesi dell'anno, i quattro colori delle squadre erano in relazione alle stagioni, le Mete rappresentavano i confini dell'oriente e dell'occidente, i giri della corsa erano sette come i pianeti ed i giorni della settimana ed al sole, l'auriga celeste, erano dedicati anche i due grandi obelischi egizi. 

Le due gallerie interne superstiti, al piano terra ed al primo piano, distribuivano il flusso del pubblico diretto verso le gradinate (ima e media cavea). 


Galleria al primo piano

La parte superiore dell‟edificio non è nota, ma a causa della fragilità di alcune strutture portanti possiamo ipotizzare un largo impiego di costruzioni in legno in molte sue parti.  E' proprio questo il settore del circo da cui la notte del 18 luglio del 64, durante il principato di Nerone, si sviluppò il disastroso incendio che distrusse gran parte di Roma, come ci racconta lo storico Tacito.

Il Circo Massimo ospitava i Ludi Romani in onore a Giove e occasionalmente era utilizzato per processioni, combattimenti di gladiatori (spettacolare quello organizzato da Pompeo tra un gruppo di gladiatori e 20 elefanti), cacce di animali selvatici, esecuzioni pubbliche, competizioni sportive, naumachie.

Le corse dei carri vi si sono svolte per quasi un millennio e fino al 549 d.C. quando si tenne l’ultima corsa.

Nel XII secolo, il fornice viene occupato dal canale dell'Acqua Mariana, e poco oltre si costruisce la Torre della Moletta.

La maggior parte della struttura è stata utlizzata per realizzare costruzioni medievali e rinascimentali.


IL CIRCO MASSIMO OGGI
Oggi si può accedere alle gallerie che un tempo conducevano alle gradinate della cavea. Nelle gallerie si possono osservare i resti delle latrine. Vi è anche una strada basolata (antico perimetro del Circo) dove si trova una grande vasca abbeveratoio in lastre di travertino.

Tabernae e abbeveratoio

Si possono visitare anche le tabernae: locande, negozi per la vendita di alimenti, magazzini, lupanari, lavanderie e uffici di cambiavalute per assecondare il giro di scommesse sulle corse dei cavalli.


L'intervento di riqualificazione dell'area del 2015 ha interessato anche la medievale Torre della Moletta (realizzata nel XII sec per difendere un mulino per la lavorazione dei prodotti agricoli)
Tra le storie della Torre, divenuta proprietà dei Frangipane, c'è anche quella di aver ospitato San Francesco di Assisi.

Torre della Moletta

Una scala interna consente di arrivare fino al piano superiore, uno splendido punto panoramico sull'area archeologica!

Ai piedi dell’emiciclo palatino sono stati collocati, da un lato, alcuni elementi provenienti dall’edificio antico (gradini, cornici, capitelli, le soglie delle botteghe, etc.), 

Elementi edificio antico

mentre sull’altro versante sono state collocate una serie di colonne in marmi colorati rinvenute negli scavi archeologici. Infine, nello spazio antistante la torre sono stati posizionati i frammenti architettonici di marmo lunense provenienti dallo scavo dell’arco di Tito.


Veduta dal versante Tevere

Veduta dal versante Tevere



Centro della spina

Emiciclo versante Arco di Tito

Tabernae








sabato 16 maggio 2020

IL COLOSSEO (ANFITEATRO FLAVIO)

Colosseo

Scrivere sul Colosseo è veramente un'impresa difficile. C'è tanto di quel materiale da sfogliare e leggere che fare una cernita e non cadere nella banalizzazione, di una delle 7 Meraviglie del Mondo, richiede un impegno particolare. Per dirla tutta, man mano che seguivo il percorso della storia, dalle origini di Roma, per farne una sorta di itinerario cronologico da poter visitare oggi, avevo un certo timore ad arrivare al momento del Colosseo. Forse perché quando si è sotto questo monumento si prova un'emozione tale da perdere quasi completamente il fiato. Mi sento una privilegiata ad abitare a Roma e ad essere romana.
Nulla togliendo al resto dei monumenti, che comunque hanno permesso di risalire alla storia di una città gloriosa e provare emozioni profonde, il Colosseo è la massima espressione della "grandezza" di Roma. Non nella storia stessa del monumento, che raggiunge quasi i 2000 anni, ma forse proprio per la sua imponenza. Imponenza di cui Roma è la massima espressione.

Veniamo dunque alla storia...

Dopo la morte di Nerone, ultimo Imperatore della dinastia Giulio Claudia, non avendo figli maschi, né avendo designato il suo successore prima di farsi uccidere (gli Imperatori non potevano suicidarsi), lasciò il governo di Roma vacante.
Si susseguirono 3 Imperatori nell'arco di un anno, ma nessuno di loro lascerà un segno tangibile del loro governo, finché non arrivò... il quarto Imperatore.

Vespasiano, erede della dinastia Flavia, che era stato incaricato da Nerone per reprimere la rivolta giudea, grazie alle gesta del figlio Tito, riesce a tornare a Roma vittorioso e con un ingente bottino, a scapito degli ebrei e del Tempio di Gerusalemme.
Vespasiano pensò di restituire ai cittadini romani, privati dell'area espropriata per la costruzione della Domus Aurea, un Anfiteatro per il loro divertimento ma che al tempo stesso rappresentasse la grandezza di Roma agli occhi delle altre legioni.
Dopo l'incendio di Roma non vi erano più luoghi idonei alle rappresentazioni spettacolari, fu così che nel 72 d.C. circa iniziò la costruzione dell'Anfiteatro Flavio, sull'area del laghetto della Domus. 

Vespasiano fece prosciugare e bonificare il laghetto della Domus Aurea, con canali e pompe di drenaggio, convogliando le acque fino al Tevere, pressappoco il percorso odierno di via di San Gregorio. 
Fu impiegata manodopera specializzata e le squadre furono suddivise in quattro quadranti.

Furono costruite le fondamenta con un'ampiezza ellittica di 62m, profonde tra gli otto e i dodici metri dove poggiano i pilastri e le strutture delle gradinate, mentre nella zona dell'arena sono profonde circa 4 metri. Vi si gettò calcestruzzo e leucitite, il famoso resistente cemento romano, intervallato da alcuni fognoli per l'evacuazione dell'acqua di falda e acqua piovana, per evitare allagamenti, poi si ricoprì di tufo per circa 3m di altezza e si posero blocchi di travertino di 90cm. 

Volte e arcate furono la soluzione per alleggerire l'immensa mole e renderla più stabile. Per alleggerire ancora e dare maggiore stabilità, ogni piano superiore era meno spesso di quello inferiore, infatti ogni piano all'esterno rientra leggermente dal sottostante. Una volta terminato l'elevato del monumento, si procedette all'interramento delle aree circostanti fino a raggiungere il piano attuale della piazza che venne lastricato.
Furono utilizzati 100.000m quadrati di travertino, per il cui trasporto venne appositamente costruita una strada (di 30km e larga 6) verso Tivoli e 300 tonnellate di ferro per le grappe che fissavano i blocchi fra di loro. 

Il Colosseo ha una forma ellittica (188x156metri con un perimetro di 527 metri), è formato da 3 ordini di 80 arcate con semicolonne doriche, ioniche e corinzie alte 50m. I primi tre ordini ripetono la medesima successione della facciata esterna del teatro di Marcello. 
Settantasei arcate a livello del suolo venivano utilizzate come ingressi, 1 veniva usata dall’Imperatore, 1 dai senatori, e le altre 2 dai gladiatori, una per entrare nel Colosseo, la seconda, la cosiddetta Porta Libitinaria, per uscire dal Colosseo... morti o feriti. In queste arcate erano collocate 80 statue di bronzo dorato che spiccavano sul candore del travertino con un effetto a distanza di grande splendore. Il quarto ordine è suddiviso in 80 riquadri divisi da lesene corinzie e intervallati da 40 finestrelle, tra ognuna delle quali era appeso uno scudo di bronzo dorato (posti all'era di Domiziano). Sopra le finestre c'erano tre mensole di travertino su cui erano infissi 240 pali di legno per sorreggere il velarium che serviva per riparare dal sole o dalla pioggia. 
Il velarium aveva un foro centrale che permetteva di far rinfrescare gli spettatori. I teli venivano fissati ai pali con un complesso sistema di funi ed erano fissati a terra all'esterno dell'anfiteatro affinché il peso non li facesse precipitare all'interno. Il fissaggio a terra era con funi legate a ceppi di pietra posti all'esterno della pedana in travertino su cui poggia l'Anfiteatro Flavio, e in parte sono ancora visibili. Anche qui si usavano carrugole ed argani, un complesso sistema di ingegneria che per essere manovrato richiedeva esperti di vela,è per questo che venivano impiegati i marinai.


L’arena era separata dai posti più vicini da un muro alto 4 metri e misurava 86x55 metri per una superficie totale di oltre 3.600 metri quadrati. All’interno del Colosseo, a beneficio del pubblico, erano dislocate circa 100 fontanelle.

Arena del Colosseo

I diversi settori erano separati da alti podi (precinctio), nei quali si aprivano le porte di accesso (vomitoria), protetti da transenne in marmo (risalenti ai restauri del II secolo d.c.). Sui gradini sono incise le indicazioni dei posti e sulla balaustra del podio venivano iscritti i nomi dei senatori a cui i posti inferiori erano riservati. 
Gli spettatori raggiungevano il loro posto entrando dalle arcate loro riservate. Ciascuna delle 74 arcate per il pubblico era contraddistinta da un numerale, inciso sulla chiave di volta, per consentire agli spettatori di raggiungere rapidamente il proprio posto. Studiosi hanno calcolato che per far uscire tutte quelle persone in caso di emergenza servissero solo tra gli 8 e i 10 minuti!

All'interno, la cavea, con i gradini per i posti degli spettatori, era suddivisa in cinque settori orizzontali (maeniana) che avevano una pendenza di 37,5 gradi per consentire una visione ottimale da ogni posto.
I settori erano riservati a categorie diverse di pubblico: il settore inferiore, riservato ai senatori e alle loro famiglie, aveva gradini ampi e bassi che ospitavano seggi di legno (subsellia); seguivano il maenianum primum, con otto gradini di marmo, il maenianum secundum, suddiviso in imum (inferiore) e summum (superiore), ancora con gradini in marmo, e infine il maenianum summum, con circa undici gradini lignei all'interno del portico che coronava la cavea (porticus in summa cavea). Sui gradini sotto il colonnato prendevano posto le donne, e sul terrazzo sopra il colonnato, solo posti in piedi, la plebe.
Il Colosseo poteva ospitare realisticamente tra i 55.000 e le 60.000 persone.

Sezione Cavea

Inizialmente Anfiteatro Flavio, pare che fu chiamato Colosseo grazie ad una colossale statua limitrofa. Questa statua inizialmente era la figura di Nerone ed era posizionata nella Domus Aurea. Quando poi venne rimodellata per raffigurare il Dio Sole con l'apposita corona solare venne posizionata accanto al laghetto dove poi è sorto il Colosseo. Il termine Colosseo venne coniato probabilmente intorno al Medioevo. Il sito del basamento della statua colossale dopo lo spostamento è attualmente segnato da un moderno basamento in tufo. 

Basamento del Colosso

Vespasiano non riuscì a vedere la fine dei lavori perché morì dopo la costruzione dei primi due ordini, il terzo e il quarto furono terminati durante il regno di Tito, suo figlio. Nell'80 Tito inaugurò il Colosseo con spettacoli che durarono circa 100 giorni.
E' noto per i regni di Tito e successivamente di Domiziano, altro figlio di Vespasiano, lo svolgimento delle naumachie, ciò delle battaglie navali. Questo può significare che originariamente la pavimentazione del Colosseo doveva essere tale da consentire una grande portata d’acqua. Studi recenti hanno provato che è possibile, chiudendo il cancello principale, che la pressione dell’acqua raggiungesse il giusto livello e che l’arena si riempisse di quattro milioni di galloni d’acqua per una profondità di 5 piedi, entro 7 ore. 

La struttura sotterranea del Colosseo fu costruita sotto Domiziano.
I tavolati della vasta area poggiavano su una serie di muri paralleli, nei quali vennero ricavati alloggiamenti dei 64 ascensori che venivano utilizzati per trasportare le belve e i gladiatori. Montacarichi azionati da una grande ruota che schiavi muovevano dall'interno. Qui si muovevano gli schiavi per adempiere ai propri servizi, senza che gli spettatori si accorgessero di nulla e senza intralciare gli spettacoli. Qui venivano portate le belve catturate negli angoli più remoti dell'Impero. Qui sostavano i gladiatori e si preparavano alla lotta prima di salire sull'arena. Nei pressi del palco imperiale salivano alcune scalette per collegare questo con i sotterranei. Da qui partiva un altro corridoio ipogeo che aveva l'interno decorato con stucchi e granito rosa di Assuan, come lo stesso palco, corridoio che serviva all'Imperatore per raggiungere il Colosseo senza essere visto.
Nel sotterraneo si accedeva da quattro corridoi che potevano essere percorsi anche da carri.

Il Colosseo era aperto a tutti i cittadini, nella sua arena si svolgevano i giochi di intrattenimento che potevano anche durare un'intera giornata. I primi giochi furono, probabilmente le naumachie.
Soltanto l'Imperatore poteva sostenere i costi delle battaglie navali. Queste infatti richiedevano l'allagamento dell'arena e le costruzioni di vascelli somiglianti a quelli di famose battaglie che misuravano fra i 7 e i 15 metri e avevano fondi piatti per non raschiare la pavimentazione del Colosseo. A bordo di queste navi c'erano i gladiatori, vestiti come i nemici della battaglia, che lottavano, annegavano finché non riuscivano a sconfiggere tutte le altre fazioni.
Ma gli spettacoli d'acqua non si limitavano soltanto alle naumachie, si svolgevano anche spettacoli notturni di nuoto sincronizzato illuminati dalle fiaccole, e altre volte l'arena appena allagata permetteva agli aurighi di condurre corse con i carri sull'acqua, come pure le sfilate di animali che camminavano sull'acqua.


Sia la difficoltà di ricreare gli ambienti sia la necessità di sviluppare questi spettacoli che riscuotevano molto successo, portano Domiziano a deviare queste battaglie in un apposito lago ricreato nelle anse del Tevere. A questo punto fece costruire nel Colosseo i sotterranei per la realizzazione delle scenografie degli spettacoli.
Vi erano dei veri e propri programmi di spettacoli giornalieri. 
In mattinata si svolgevano le venationes, spettacoli tra animali o tra gladiatori ed animali, all'ora di pranzo si eseguivano le condanne a morte e il pomeriggio era il momento tanto atteso per le lotte tra gladiatori.
Le venationes erano apprezzate soprattutto per l'esposizione di animali esotici e rari, leoni e tigri erano quelli più acclamati.
Il condannato a morte poteva essere ucciso con colpi di spada, crocifisso, bruciato vivo o gettato in pasto alle fiere.
Per quanto riguarda i munera gladiatoria (gli spettacoli tra gladiatori), non era tanto l'efferata crudeltà che attirava e affascinava il pubblico, quanto vedere buoni combattimenti, con gladiatori che affrontavano l'avversario con coraggio e rispetto delle regole ben delineate e rigide.
Tutto questo veniva ampiamente pubblicizzato i giorni precedenti con cene in cui si potevano visionare i gladiatori stessi per farsi un'idea su chi scommettere.
Il giorno degli spettacoli sfilavano gli organizzatori preceduti dai littori, suonatori e aiutanti che leggevano al pubblico il programma e portavano le armi dei gladiatori.
Seguiva la verifica della funzionalità delle armi e poi quando l'organizzatore prendeva posto nel pulpito, i giochi potevano iniziare.
Il pubblico decideva la sorte dello sconfitto, l'organizzatore doveva tenerne conto, la morte del gladiatore determinava il pagamento, non soltanto dell'ingaggio, ma anche del valore del combattente.
Un ingaggio poteva costare dai mille ai 15mila sesterzi (si stima intorno ai 24mila euro), in base alla fama del gladiatore.
I vincitori ricevevano denaro, ghirlande, corone d'oro o pietre preziose, con il premio faceva poi un giro d'onore nell'arena. 
Agli spettatori in uscita spettava un souvenir offerto dallo sponsor. 

La differenza tra i ludi e i munera stava nell'organizzatore, solitamente i ludi erano giochi offerti dallo Stato, mentre i munera erano organizzati da personaggi facoltosi in occasioni particolari.

Negli anni, incendi, terremoti e l'uomo inflissero dei colpi piuttosto pesanti al Colosseo: Nel 217 d.c. un incendio distrusse le strutture superiori; l’edificio venne ristrutturato da Eliogabalo e da Alessandro Severo, e fu riaperto nel 222 senza che i lavori fossero terminati. Ci furono altri incendi nel 250/252 e nel 320 che crearono danni al Colosseo e ci furono altre ricostruzioni sotto Costantino e re Odoacre (Odoacre, primo dei re barbari di Roma) nel 476 - 483 d.c. Dopo la caduta dell’impero Romano ci furono altre opere di risanamento in seguito ad un altro terremoto avvenuto intorno al 484 o 508. Ad un certo punto il grande Anfiteatro Flavio fu abbandonato. Sotto Teodorico, iniziò lo smantellamento del Colosseo nella parte meridionale verso il Celio, fu lasciata intatta, infatti, la parte che dava sulla strada che portava dal Foro a San Giovanni. Questo determinò la fragilità della struttura che crollò nei successivi anni. Nel VI secolo venne adibito ad area di sepoltura; in seguito, usato come abitazione. Nell’alto medioevo il Colosseo diventò fortezza dei Frangipane e degli Annibaldi fino al 1312, quando intervenne l’imperatore Enrico VII che lo riconsegnò al Senato e quindi al popolo romano. I terremoti del 1231 e del 1349 portarono altri danni al Colosseo che oramai in rovina venne abbandonato di nuovo. Il triste destino lo fece diventare una cava di marmo usato per costruire nuovi edifici tra i quali i più noti, il palazzo Venezia e della Cancelleria. I blocchi di travertino vennero asportati o vennero usati quelli caduti per opera delle catastrofi naturali, per costruire il palazzo Barberini nel 1703 e per il porto di Ripetta. Papa Benedetto XIV, nel 1750, anno giubilare pensò a 14 edicole  da far mettere all’interno del Colosseo. Inoltre fece piantare al centro una grande croce. E fu così, per oltre un secolo: il monumento romano divenne meta della Via Crucis, che percorreva la via Sacra, simbolo del martirio cristiano. Dopo il 1870 – con l'Unità d'Italia – si perse tale “pia pratica” e così furono rimosse sia le edicole, sia la grande croce.Solo nel 1926 – con il Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa – la croce tornò al Colosseo, ma non al centro, bensì di lato. E’ il luogo dove si trova tuttora.

SITO UFFICIALE: PARCO COLOSSEO   AREA COLOSSEO


Alberto Angela: Ulisse: il piacere della scoperta



venerdì 8 maggio 2020

NERONE, INCENDIO DI ROMA, DOMUS AUREA



Ricostruzione Domus Aurea

Vorrei spiegare il particolare inizio di questa lettura.😅
Tenendo in considerazione le teorie psicoanalitiche, emerse durante la stesura della storia, ho pensato di non condannare Nerone, non essendo presente ai suoi tempi, per fortuna, ma di concedergli un'attenuante per la sua particolare personalità. Una sorta di riabilitazione per un folle sognatore.
Ma addentriamoci subito nella storia... 
C'era una volta...
Agrippina Minore, madre di Nerone, poteva vantare, come nessun altra, le sue origini Imperiali. 
Sua nonna Giulia era la figlia di Augusto (Imperatore) e di Marco Vipsanio Agrippa, suo fratello era Caligola (altro Imperatore). Fu sposa di Lucio Tiberio Enobarbo, padre di Nerone, e alla sua morte sposa dello zio Claudio (altro Imperatore).



Albero Genealogico di Nerone

Agrippina riuscì ad ottenere da Claudio la revoca dell'esilio di Seneca, allo scopo di insignirlo come precettore di Nerone. 
Nerone visse per un periodo con la zia Domizia Lepida, dalla quale avrebbe imparato l'amore per lo spettacolo e per la danza (il periodo in cui Agrippina era in esilio a causa della congiura contro Caligola). Fu costretto, suo malgrado, a testimoniare contro di lei a causa della gelosia della madre, la quale fece condannare a morte la sorella dall'Imperatore Claudio. Egli fu inoltre obbligato a fidanzarsi con Ottavia, figlia di Claudio, ancor giovane.
In questo modo Agrippina era riuscita a indirizzare Nerone verso la successione dell'Impero.
Infatti fu adottato ufficialmente da Claudio, il quale morì nel 54 a causa di un avvelenamento da funghi (probabilmente orchestrato da Agrippina).
Nerone così diventa Imperatore a soli 17 anni, sotto la tutela di Agrippina, la quale voleva che egli regnasse ma non che governasse, e del filosofo Seneca, il quale cerca di indirizzarlo sulla via della clemenza.
Due adulti sicuramente ingombranti che gli propongono modelli contrastanti, Da questo tutorato morale, culturale e politico, Nerone ne uscirà molto provato. Certamente si deve anche a questo il fatto che egli sarebbe rimasto per sempre un adolescente nevrotico, turbato e nevrastenico.
Il primo quinquennio del regno di Nerone viene considerato "buono" in quanto si mostra, come Principe clemente, verso i senatori. Successivamente Nerone si libera di questa tutela e comincia a governare a modo suo. Uccide dapprima la madre Agrippina (una sorta di legittima difesa per evitare di essere ucciso a sua volta) e successivamente la moglie Ottavia, il prototipo della brava ragazza e della buona matrona romana che Nerone odia perchè è molto lontana da lui e gli è stata imposta come fidanzata da ragazzo. La carriera criminale di Nerone si intreccia con quella smagliante di poeta e cantante. Si presenta al popolo come un poeta che porta agli uomini, suonando la cetra, il gusto dell’arte e le consolazioni della bella musica. Un nuovo modo di fare politica a cui gli ambienti tradizionalisti non sono preparati ma che il popolo capisce subito.
La città di Roma all’epoca aveva circa un milione di abitanti, concentrati in una zona che oggi ne conta trecentomila. Una cifra enorme considerando che la maggior parte delle città dell’Impero ne avevano da mille a cinquemila. Una città chiassosa e disordinata, cresciuta in fretta perchè c’erano stati ingenti ondate di immigrazione. Esistevano delle regole edilizie che aveva voluto Augusto. Egli stabilì che gli edifici non superassero i 4 o 5 piani, ma anche all’epoca si aggiravano le norme, quindi molti edifici vennero costruiti in legno, con materiali scadenti, e spesso crollavano o bruciavano. Bruciavano perchè all’epoca si utilizzavano lampade ad olio e non c’era acqua corrente. Augusto aveva anche organizzato un corpo dei Vigili del Fuoco, però i mezzi tecnici che avevano all’epoca, permettevano appena di distruggere l’area intorno alle case per evitare che l’incendio propagasse, ma non avevano le possibilità tecniche significative per estinguere il fuoco.

Questa era la situazione al 18 luglio dell'anno 64, giorno in cui scoppiò il devastante incendio:
Descrizione di Tacito 
L’incendio iniziò dal Circo Massimo per estendersi verso i colli Palatino e Celio, dove le botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento. Non c'erano palazzi con recinti e protezioni o templi circondati da muri o altro che facesse da ostacolo. L'incendio invase, con tutta la sua furia, dapprima il piano, poi risalì sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per la fulmineità del flagello e perché vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi e l'esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia Roma. 
Nel racconto di Tacito si fa riferimento anche ad alcune persone che appiccavano apertamente il fuoco, le quali potevano essere sia rapinatori che esecutori di un eventuale ordine di Nerone.
Nerone, che nel frattempo era ad Anzio, tornò alla sua residenza sul Palatino nella Domus Transitoria, soltanto quando seppe che il fuoco si stesse avvicinando. Fece comunque in modo che il popolo rimasto si potesse riparare, e potesse essere rifornito dei beni di prima necessità. 
Questo non bastò a conquistare il popolo in quanto circolò la voce che, mentre Roma era alle fiamme, egli cantò la caduta di Troia raffigurando nell’antica sciagura quella attuale. Dopo il sesto giorno il fuoco sembrò domato, ma divampò di nuovo, e dato che partì dai giardini di proprietà di Tigellino si ebbe la sensazione che Nerone ne approfittò per costruire una nuova città. Di quattordici quartieri ne rimasero quattro. Bruciarono: il Tempio di Servio Tullio dedicato alla Luna, la grande ara e il tempietto consacrato ad Ercole, il tempio votato a Giove Statore da Romolo, la reggia di Numa e il Tempio di Vesta con tutte le divinità del popolo romano, poi, tutte le ricchezze accumulate con tante vittorie, capolavori dell'arte greca e i testi antichi e originali dei grandi nomi della letteratura.


Incendio di Roma
RAI Storia - Incendio di Roma


Nerone, quindi, ne approfittò per costruirsi un palazzo dove destassero meraviglia le pietre preziose, l’oro e soprattutto prati, laghetti, boschi, distese apriche e vedute panoramiche, il tutto opera di due architetti, Severo e Celere, che avevano avuto l'audacia intellettuale di
creare con l'artificio ciò che la natura aveva negato, sperperando le risorse del principe.  Sulle aree della città che restavano libere dopo la costruzione della Domus Aurea, si costruì la nuova città aumentando l’ampiezza delle strade, ponendo nuovi limiti all’altezza degli edifici con cortili e portici per proteggere le facciate degli isolati. Incentivò la ricostruzione aumentando le disponibilità economiche di ciascuno e l’utilizzo di pietre provenienti da Gabi o Albano perchè refrattarie al fuoco. Dispose anche l’utilizzo pubblico dell’acqua e che gli edifici non avessero pareti in comune. Destinò le macerie ad Ostia tramite le navi che risalivano il Tevere facendole tornare cariche di frumento. Tuttò ciò, però, non bastò a deviare i sospetti su di lui, perciò fece ricadere la colpa sui cristiani e iniziarono le persecuzioni.

DOMUS AUREA
L’imperatore Nerone dopo il devastante incendio del 64 d.C., che distrusse gran parte di Roma, iniziò la costruzione di una nuova residenza, la  Domus Aurea.
Progettata dagli architetti Severus e Celer e decorata dal pittore Fabullus, la reggia era costituita da una serie di edifici separati da giardini, boschi e vigne e da un lago artificiale, situato nella valle dove oggi sorge il Colosseo. I nuclei principali del palazzo si trovavano sul Palatino e sul colle Oppio ed erano celebri per la sontuosa decorazione in cui a stucchi, pitture e marmi colorati si aggiungevano rivestimenti in oro e pietre preziose. L’enorme complesso comprendeva, tra l’altro, bagni con acqua normale e sulfurea, diverse sale per banchetti, tra cui la famosa coenatio rotunda, che ruotava su se stessa, e un enorme vestibolo che ospitava la statua colossale dell’imperatore nelle vesti del dio Sole.
Dopo la morte di Nerone i suoi successori vollero cancellare ogni traccia venne riempita di terra fino alle volte per essere utilizzata come sostruzione per altri edifici.
Le parti oggi visitabili sono quelle sul colle Oppio: ambienti probabilmente destinati a feste e banchetti che furono interrati rimanendo sconosciuti sino al Rinascimento. Solo allora, dopo alcuni ritrovamenti fortuiti, artisti appassionati di antichità come Pinturicchio, Ghirlandaio, Raffaello e Giulio Romano iniziarono a calarsi dall’alto in quelle “grotte sotterranee”, per copiare i motivi decorativi che esse conservavano e che, proprio dalla loro collocazione, presero il nome di “grottesche”. Ancor oggi il termine di “pittura a grottesche” è utilizzato per indicare un genere, diffuso soprattutto nel XVI secolo, che riprende, rielaborandoli e reinterpretandoli in maniera ludica e fantasiosa, i motivi della decorazione parietale romana.

Interessante è la descrizione della Domus Aurea che Svetonio ci tramanda nelle “Vite dei Cesari” (“De vita duodecim caesarum”); lui che fu così caustico nel giudicare Nerone, al punto da determinare i luoghi comuni con cui viene ricordato, sembra comunque inchinarsi davanti alla magnificenza creativa dell’opera.
“Però non vi fu nulla in cui sia stato tanto prodigo quanto nell'edificare.
Fatta costruire per sé una casa che dal Palatino andava fino all'Esquilino, dapprima la chiamò «transitoria», poi, quando un incendio la distrusse, la fece ricostruire e la chiamò «aurea».
Per dare un'idea della estensione e dalla sua magnificenza, basterà ricordare i seguenti dati. C'era un vestibolo in cui era stato eretto un colosso a sua sembianza, alto centoventi piedi. Era tanto vasta, che nel proprio interno aveva dei porticati a triplo ordine di colonne, per la lunghezza di mille passi, e uno stagno che sembrava un mare, circondato da edifici che formavano come delle città.
Per di più, nell'interno vi erano campagne ricche di campi, vigneti, pascoli e boschi, con moltissimi animali domestici e selvatici di ogni specie. Nel resto della costruzione, ogni cosa era ricoperta d'oro e abbellita con gemme e madreperla.
Il soffitto dei saloni per i banchetti era a tasselli di avorio mobili e perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. Il principale di questi saloni era rotondo e girava su se stesso tutto il giorno, continuamente, come la terra.
Nelle sale da bagno scorrevano acque marine e acque di Albula, e quando alla fine dei lavori, Nerone inaugurò un palazzo di tal fatta, lo approvò soltanto con queste parole: «Finalmente comincerò ad abitare come un uomo!»”.


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Documentario Domus Aurea


Domus Aurea - Interni

Domus Aurea - Esterni