Visualizzazione post con etichetta ARCHEOLOGIA. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta ARCHEOLOGIA. Mostra tutti i post

domenica 17 maggio 2020

TERME DI TITO

Terme di Tito

I Romani appresero dell'uso delle Terme dai Greci. 
Nelle terme greche vi erano, oltre i bagni caldi, palestre, portici e giardini per il passeggio e per i giochi atletici che si potevano osservare da una specie di teatro. Vi si trovavano anche le exedrae (emicicli) dove filosofi e oratori declamavano e i poeti recitavano i loro versi. Vi erano gallerie di statue, quadri, biblioteche. 
Le prime Terme romane furono quelle di Agrippa e quelle di Nerone, entrambi vicino al Pantheon nel campo di Marte (Marzio).

Le Terme di Tito sono state costruite nell'80 e si trovavano tra il Colosseo e l'attuale San Pietro in Vincoli, nel Colle Oppio. Visti i brevi tempi per la costruzione, si suppone che siano sorte nella zona dei bagni privati della Domus Aurea, così da utilizzarne la struttura. Pare, secondo Andrea Palladio, che la costruzione sia iniziata sotto Vespasiano. Il dislivello dal Colosseo di circa 17,5 m fu reso agibile da una grande scalea, da cui si poteva accedere dallo stesso anfiteatro.

E' grazie ad Andrea Palladio, che ne disegnò la pianta nel XVI secolo, se oggi conosciamo abbastanza bene la prima costruzione di Terme Imperiali. Infatti dai resti odierni possiamo immaginare ben poco. Le terme imperiali si differenziavano da quelle repubblicane da ambienti disposti su un unico asse, dalla fusione del ginnasio con le vere e proprie terme.

Terme di Tito - Andrea Palladio

Palladio ci elenca anche una legenda per la lettura del prospetto:
A.         Piscina
B.         Portici ove passeggiavano
C. D.    Tempii
E.         Peristili
F.          Luoghi dove ponevansi i vestimenti di quelli che si bagnavano            
G.         Stanze per comodo de' lottatori
H.         Sisto
I.           Untuario
K.          Apoditerio
L.          Passaggi che conducevano all'Ipocausto
M.         Stanze per bagnarsi
N.          Essedre de' filosofi
O.          Teatro
P.           Scale sul pendio del monte Esquilino
Q.          Lizza
R.          Bagni per quelli che non si esercitavano nel Sisto
S.          Scuole e biblioteche
T.           Conisterj
V.           Sferisterj
W.          Bagni per lottatori
X.           Appartamenti di quelli che avevano la cura de' Bagni
Y.           Scale per salire in alto
Z.           Scale per le quali si discendeva nelle Stanze sotterranee per bagnarsi


Le Terme si estendevano su un'area di circa 135 x 120 m della quale oltre la metà era costituita da spazio aperto, una grande terrazza-palestra.
Gli ambienti erano disposti simmetricamente ai lati di un asse centrale. Accedendo dalla scalea di fronte al Colosseo c'era un vasto ambiente aperto e poi si raggiungeva un doppio calidarium (bagni caldi "M" in cartina). Tramite un passaggio centrale che separava i calidari ("K"), a un piccolo tepidario rettangolare ("L"), oltre il quale si trovava il frigidario (bagni freddi "H") e i due tempi simmetrici. Ai lati del frigidarium vi erano una doppia serie di ambienti, due cortili ("E"), due spogliatoi ("G") e due sale di intrattenimento ("V").


Terme di Tito - Andrea Palladio


In seguito Domiziano, Traiano e Adriano vi fecero delle aggiunte dimodoché ogni parte di esse prese il nome dell'Imperatore da cui venne costruita. Il complesso termale si allargò fino alla chiesa di S. Martino, nonostante ciò era più piccolo di quello che poi fece costruire Caracalla, anche se architettonicamente era più bello.
L'elemento scenografico rimase una particolarità rispetto ai successivi edifici del II e III sec., accumunando le terme di Tito alle altre architetture dell'epoca flavia. Notevole è anche l'uso complesso e organico delle volte a crociera che non ha quasi pari in edifici coevi.
Vicino alle Terme c'era il palazzo di Tito che all'interno poteva esibire il celebre gruppo di Laoconte, ritrovato nella vigna de Fredis, fra le Sette Sale e S. Maria Maggiore, al tempo di Giulio II; gruppo che oggi è esposto nei Musei Vaticani.


Gruppo Laoconte - Musei Vaticani


Musei Vaticani: Gruppo Laoconte 

Il complesso subì un precoce processo di abbandono e la maggior parte dei materiali vennero utilizzati per l'edificazione di palazzi e chiese (le cappelle laterali della Chiesa del Gesù o la vasca riutilizzata per la fontana del Cortile del Belvedere in Vaticano, ora alla Sala Rotonda.

Ai primi del Novecento nel Colle Oppio c'era il roseto comunale e vi erano piantate oltre 2000 rose.
Quando venne ridisegnato da Raffaele De Vico nel 1928-32 le rovine ancora visibili nel Cinquecento, sparirono completamente.
Ne restano tracce visibili in via Nicola Salvi ad un livello più basso (i pilastri laterizi con semicolonne prospicienti il Colosseo appartengono al portico di accesso).


sabato 16 maggio 2020

IL COLOSSEO (ANFITEATRO FLAVIO)

Colosseo

Scrivere sul Colosseo è veramente un'impresa difficile. C'è tanto di quel materiale da sfogliare e leggere che fare una cernita e non cadere nella banalizzazione, di una delle 7 Meraviglie del Mondo, richiede un impegno particolare. Per dirla tutta, man mano che seguivo il percorso della storia, dalle origini di Roma, per farne una sorta di itinerario cronologico da poter visitare oggi, avevo un certo timore ad arrivare al momento del Colosseo. Forse perché quando si è sotto questo monumento si prova un'emozione tale da perdere quasi completamente il fiato. Mi sento una privilegiata ad abitare a Roma e ad essere romana.
Nulla togliendo al resto dei monumenti, che comunque hanno permesso di risalire alla storia di una città gloriosa e provare emozioni profonde, il Colosseo è la massima espressione della "grandezza" di Roma. Non nella storia stessa del monumento, che raggiunge quasi i 2000 anni, ma forse proprio per la sua imponenza. Imponenza di cui Roma è la massima espressione.

Veniamo dunque alla storia...

Dopo la morte di Nerone, ultimo Imperatore della dinastia Giulio Claudia, non avendo figli maschi, né avendo designato il suo successore prima di farsi uccidere (gli Imperatori non potevano suicidarsi), lasciò il governo di Roma vacante.
Si susseguirono 3 Imperatori nell'arco di un anno, ma nessuno di loro lascerà un segno tangibile del loro governo, finché non arrivò... il quarto Imperatore.

Vespasiano, erede della dinastia Flavia, che era stato incaricato da Nerone per reprimere la rivolta giudea, grazie alle gesta del figlio Tito, riesce a tornare a Roma vittorioso e con un ingente bottino, a scapito degli ebrei e del Tempio di Gerusalemme.
Vespasiano pensò di restituire ai cittadini romani, privati dell'area espropriata per la costruzione della Domus Aurea, un Anfiteatro per il loro divertimento ma che al tempo stesso rappresentasse la grandezza di Roma agli occhi delle altre legioni.
Dopo l'incendio di Roma non vi erano più luoghi idonei alle rappresentazioni spettacolari, fu così che nel 72 d.C. circa iniziò la costruzione dell'Anfiteatro Flavio, sull'area del laghetto della Domus. 

Vespasiano fece prosciugare e bonificare il laghetto della Domus Aurea, con canali e pompe di drenaggio, convogliando le acque fino al Tevere, pressappoco il percorso odierno di via di San Gregorio. 
Fu impiegata manodopera specializzata e le squadre furono suddivise in quattro quadranti.

Furono costruite le fondamenta con un'ampiezza ellittica di 62m, profonde tra gli otto e i dodici metri dove poggiano i pilastri e le strutture delle gradinate, mentre nella zona dell'arena sono profonde circa 4 metri. Vi si gettò calcestruzzo e leucitite, il famoso resistente cemento romano, intervallato da alcuni fognoli per l'evacuazione dell'acqua di falda e acqua piovana, per evitare allagamenti, poi si ricoprì di tufo per circa 3m di altezza e si posero blocchi di travertino di 90cm. 

Volte e arcate furono la soluzione per alleggerire l'immensa mole e renderla più stabile. Per alleggerire ancora e dare maggiore stabilità, ogni piano superiore era meno spesso di quello inferiore, infatti ogni piano all'esterno rientra leggermente dal sottostante. Una volta terminato l'elevato del monumento, si procedette all'interramento delle aree circostanti fino a raggiungere il piano attuale della piazza che venne lastricato.
Furono utilizzati 100.000m quadrati di travertino, per il cui trasporto venne appositamente costruita una strada (di 30km e larga 6) verso Tivoli e 300 tonnellate di ferro per le grappe che fissavano i blocchi fra di loro. 

Il Colosseo ha una forma ellittica (188x156metri con un perimetro di 527 metri), è formato da 3 ordini di 80 arcate con semicolonne doriche, ioniche e corinzie alte 50m. I primi tre ordini ripetono la medesima successione della facciata esterna del teatro di Marcello. 
Settantasei arcate a livello del suolo venivano utilizzate come ingressi, 1 veniva usata dall’Imperatore, 1 dai senatori, e le altre 2 dai gladiatori, una per entrare nel Colosseo, la seconda, la cosiddetta Porta Libitinaria, per uscire dal Colosseo... morti o feriti. In queste arcate erano collocate 80 statue di bronzo dorato che spiccavano sul candore del travertino con un effetto a distanza di grande splendore. Il quarto ordine è suddiviso in 80 riquadri divisi da lesene corinzie e intervallati da 40 finestrelle, tra ognuna delle quali era appeso uno scudo di bronzo dorato (posti all'era di Domiziano). Sopra le finestre c'erano tre mensole di travertino su cui erano infissi 240 pali di legno per sorreggere il velarium che serviva per riparare dal sole o dalla pioggia. 
Il velarium aveva un foro centrale che permetteva di far rinfrescare gli spettatori. I teli venivano fissati ai pali con un complesso sistema di funi ed erano fissati a terra all'esterno dell'anfiteatro affinché il peso non li facesse precipitare all'interno. Il fissaggio a terra era con funi legate a ceppi di pietra posti all'esterno della pedana in travertino su cui poggia l'Anfiteatro Flavio, e in parte sono ancora visibili. Anche qui si usavano carrugole ed argani, un complesso sistema di ingegneria che per essere manovrato richiedeva esperti di vela,è per questo che venivano impiegati i marinai.


L’arena era separata dai posti più vicini da un muro alto 4 metri e misurava 86x55 metri per una superficie totale di oltre 3.600 metri quadrati. All’interno del Colosseo, a beneficio del pubblico, erano dislocate circa 100 fontanelle.

Arena del Colosseo

I diversi settori erano separati da alti podi (precinctio), nei quali si aprivano le porte di accesso (vomitoria), protetti da transenne in marmo (risalenti ai restauri del II secolo d.c.). Sui gradini sono incise le indicazioni dei posti e sulla balaustra del podio venivano iscritti i nomi dei senatori a cui i posti inferiori erano riservati. 
Gli spettatori raggiungevano il loro posto entrando dalle arcate loro riservate. Ciascuna delle 74 arcate per il pubblico era contraddistinta da un numerale, inciso sulla chiave di volta, per consentire agli spettatori di raggiungere rapidamente il proprio posto. Studiosi hanno calcolato che per far uscire tutte quelle persone in caso di emergenza servissero solo tra gli 8 e i 10 minuti!

All'interno, la cavea, con i gradini per i posti degli spettatori, era suddivisa in cinque settori orizzontali (maeniana) che avevano una pendenza di 37,5 gradi per consentire una visione ottimale da ogni posto.
I settori erano riservati a categorie diverse di pubblico: il settore inferiore, riservato ai senatori e alle loro famiglie, aveva gradini ampi e bassi che ospitavano seggi di legno (subsellia); seguivano il maenianum primum, con otto gradini di marmo, il maenianum secundum, suddiviso in imum (inferiore) e summum (superiore), ancora con gradini in marmo, e infine il maenianum summum, con circa undici gradini lignei all'interno del portico che coronava la cavea (porticus in summa cavea). Sui gradini sotto il colonnato prendevano posto le donne, e sul terrazzo sopra il colonnato, solo posti in piedi, la plebe.
Il Colosseo poteva ospitare realisticamente tra i 55.000 e le 60.000 persone.

Sezione Cavea

Inizialmente Anfiteatro Flavio, pare che fu chiamato Colosseo grazie ad una colossale statua limitrofa. Questa statua inizialmente era la figura di Nerone ed era posizionata nella Domus Aurea. Quando poi venne rimodellata per raffigurare il Dio Sole con l'apposita corona solare venne posizionata accanto al laghetto dove poi è sorto il Colosseo. Il termine Colosseo venne coniato probabilmente intorno al Medioevo. Il sito del basamento della statua colossale dopo lo spostamento è attualmente segnato da un moderno basamento in tufo. 

Basamento del Colosso

Vespasiano non riuscì a vedere la fine dei lavori perché morì dopo la costruzione dei primi due ordini, il terzo e il quarto furono terminati durante il regno di Tito, suo figlio. Nell'80 Tito inaugurò il Colosseo con spettacoli che durarono circa 100 giorni.
E' noto per i regni di Tito e successivamente di Domiziano, altro figlio di Vespasiano, lo svolgimento delle naumachie, ciò delle battaglie navali. Questo può significare che originariamente la pavimentazione del Colosseo doveva essere tale da consentire una grande portata d’acqua. Studi recenti hanno provato che è possibile, chiudendo il cancello principale, che la pressione dell’acqua raggiungesse il giusto livello e che l’arena si riempisse di quattro milioni di galloni d’acqua per una profondità di 5 piedi, entro 7 ore. 

La struttura sotterranea del Colosseo fu costruita sotto Domiziano.
I tavolati della vasta area poggiavano su una serie di muri paralleli, nei quali vennero ricavati alloggiamenti dei 64 ascensori che venivano utilizzati per trasportare le belve e i gladiatori. Montacarichi azionati da una grande ruota che schiavi muovevano dall'interno. Qui si muovevano gli schiavi per adempiere ai propri servizi, senza che gli spettatori si accorgessero di nulla e senza intralciare gli spettacoli. Qui venivano portate le belve catturate negli angoli più remoti dell'Impero. Qui sostavano i gladiatori e si preparavano alla lotta prima di salire sull'arena. Nei pressi del palco imperiale salivano alcune scalette per collegare questo con i sotterranei. Da qui partiva un altro corridoio ipogeo che aveva l'interno decorato con stucchi e granito rosa di Assuan, come lo stesso palco, corridoio che serviva all'Imperatore per raggiungere il Colosseo senza essere visto.
Nel sotterraneo si accedeva da quattro corridoi che potevano essere percorsi anche da carri.

Il Colosseo era aperto a tutti i cittadini, nella sua arena si svolgevano i giochi di intrattenimento che potevano anche durare un'intera giornata. I primi giochi furono, probabilmente le naumachie.
Soltanto l'Imperatore poteva sostenere i costi delle battaglie navali. Queste infatti richiedevano l'allagamento dell'arena e le costruzioni di vascelli somiglianti a quelli di famose battaglie che misuravano fra i 7 e i 15 metri e avevano fondi piatti per non raschiare la pavimentazione del Colosseo. A bordo di queste navi c'erano i gladiatori, vestiti come i nemici della battaglia, che lottavano, annegavano finché non riuscivano a sconfiggere tutte le altre fazioni.
Ma gli spettacoli d'acqua non si limitavano soltanto alle naumachie, si svolgevano anche spettacoli notturni di nuoto sincronizzato illuminati dalle fiaccole, e altre volte l'arena appena allagata permetteva agli aurighi di condurre corse con i carri sull'acqua, come pure le sfilate di animali che camminavano sull'acqua.


Sia la difficoltà di ricreare gli ambienti sia la necessità di sviluppare questi spettacoli che riscuotevano molto successo, portano Domiziano a deviare queste battaglie in un apposito lago ricreato nelle anse del Tevere. A questo punto fece costruire nel Colosseo i sotterranei per la realizzazione delle scenografie degli spettacoli.
Vi erano dei veri e propri programmi di spettacoli giornalieri. 
In mattinata si svolgevano le venationes, spettacoli tra animali o tra gladiatori ed animali, all'ora di pranzo si eseguivano le condanne a morte e il pomeriggio era il momento tanto atteso per le lotte tra gladiatori.
Le venationes erano apprezzate soprattutto per l'esposizione di animali esotici e rari, leoni e tigri erano quelli più acclamati.
Il condannato a morte poteva essere ucciso con colpi di spada, crocifisso, bruciato vivo o gettato in pasto alle fiere.
Per quanto riguarda i munera gladiatoria (gli spettacoli tra gladiatori), non era tanto l'efferata crudeltà che attirava e affascinava il pubblico, quanto vedere buoni combattimenti, con gladiatori che affrontavano l'avversario con coraggio e rispetto delle regole ben delineate e rigide.
Tutto questo veniva ampiamente pubblicizzato i giorni precedenti con cene in cui si potevano visionare i gladiatori stessi per farsi un'idea su chi scommettere.
Il giorno degli spettacoli sfilavano gli organizzatori preceduti dai littori, suonatori e aiutanti che leggevano al pubblico il programma e portavano le armi dei gladiatori.
Seguiva la verifica della funzionalità delle armi e poi quando l'organizzatore prendeva posto nel pulpito, i giochi potevano iniziare.
Il pubblico decideva la sorte dello sconfitto, l'organizzatore doveva tenerne conto, la morte del gladiatore determinava il pagamento, non soltanto dell'ingaggio, ma anche del valore del combattente.
Un ingaggio poteva costare dai mille ai 15mila sesterzi (si stima intorno ai 24mila euro), in base alla fama del gladiatore.
I vincitori ricevevano denaro, ghirlande, corone d'oro o pietre preziose, con il premio faceva poi un giro d'onore nell'arena. 
Agli spettatori in uscita spettava un souvenir offerto dallo sponsor. 

La differenza tra i ludi e i munera stava nell'organizzatore, solitamente i ludi erano giochi offerti dallo Stato, mentre i munera erano organizzati da personaggi facoltosi in occasioni particolari.

Negli anni, incendi, terremoti e l'uomo inflissero dei colpi piuttosto pesanti al Colosseo: Nel 217 d.c. un incendio distrusse le strutture superiori; l’edificio venne ristrutturato da Eliogabalo e da Alessandro Severo, e fu riaperto nel 222 senza che i lavori fossero terminati. Ci furono altri incendi nel 250/252 e nel 320 che crearono danni al Colosseo e ci furono altre ricostruzioni sotto Costantino e re Odoacre (Odoacre, primo dei re barbari di Roma) nel 476 - 483 d.c. Dopo la caduta dell’impero Romano ci furono altre opere di risanamento in seguito ad un altro terremoto avvenuto intorno al 484 o 508. Ad un certo punto il grande Anfiteatro Flavio fu abbandonato. Sotto Teodorico, iniziò lo smantellamento del Colosseo nella parte meridionale verso il Celio, fu lasciata intatta, infatti, la parte che dava sulla strada che portava dal Foro a San Giovanni. Questo determinò la fragilità della struttura che crollò nei successivi anni. Nel VI secolo venne adibito ad area di sepoltura; in seguito, usato come abitazione. Nell’alto medioevo il Colosseo diventò fortezza dei Frangipane e degli Annibaldi fino al 1312, quando intervenne l’imperatore Enrico VII che lo riconsegnò al Senato e quindi al popolo romano. I terremoti del 1231 e del 1349 portarono altri danni al Colosseo che oramai in rovina venne abbandonato di nuovo. Il triste destino lo fece diventare una cava di marmo usato per costruire nuovi edifici tra i quali i più noti, il palazzo Venezia e della Cancelleria. I blocchi di travertino vennero asportati o vennero usati quelli caduti per opera delle catastrofi naturali, per costruire il palazzo Barberini nel 1703 e per il porto di Ripetta. Papa Benedetto XIV, nel 1750, anno giubilare pensò a 14 edicole  da far mettere all’interno del Colosseo. Inoltre fece piantare al centro una grande croce. E fu così, per oltre un secolo: il monumento romano divenne meta della Via Crucis, che percorreva la via Sacra, simbolo del martirio cristiano. Dopo il 1870 – con l'Unità d'Italia – si perse tale “pia pratica” e così furono rimosse sia le edicole, sia la grande croce.Solo nel 1926 – con il Concordato tra lo Stato italiano e la Chiesa – la croce tornò al Colosseo, ma non al centro, bensì di lato. E’ il luogo dove si trova tuttora.

SITO UFFICIALE: PARCO COLOSSEO   AREA COLOSSEO


Alberto Angela: Ulisse: il piacere della scoperta



giovedì 14 maggio 2020

TEMPIO DELLA PACE O DI VESPASIANO



Tempio della Pace

Il Tempio della Pace fu voluto dall'Imperatore Vespasiano dopo la vittoria sui Giudei (71d.C.), e delle guerre si successione all'Impero, ad auspicio di un lungo periodo di pace.
Il Tempio della Pace è il terzo foro in successione dopo quello di Cesare e di Augusto. Risulta un luogo frequentato (fino al VI secolo) come santuario, giardino, luogo di studio o museo pubblico, ricco di sculture, dipinti, bottini di guerra e di una grande biblioteca letteraria e scientifica. L'appellativo Templum Pacis, noto dalle fonti antiche, ne sottolinea il carattere sacro, diverso quindi dagli altri due Fori sia per progettualità che per planimetria.
Proprio sul Macellum, il mercato di età repubblicana, distrutto dall'incendio del 64 all'epoca di Nerone, il Tempio venne eretto su una superficie di due ettari tra il Foro Romano a est, la strada denominata Argiletum a nord e una collinetta chiamata Velia a sud, quest'ultima venne sostituita da via dell'Impero nel 1932 (oggi via dei Fori Imperiali).
Il Tempio della Pace venne danneggiato dall'incendio del 192 d.C. (durante il regno di Commodo), ma fu fatto ricostruire da Settimio Severo. Lo schema architettonico riportato ai giorni nostri, infatti, è stato ricostruito in base alla pianta della Forma Urbis Severiana (Forma Urbis Romae 18x13m), realizzata in scala 1:246 nel III sec. d.C.. I frammenti delle 151 lastre marmoree erano affissi in un'aula a destra dell'aula di culto, odierna facciata della Basilica dei SS Cosma e Damiano. Sono conservati nel Museo della Civiltà Romana.

Facciata SS Cosma e Damiano

Il Foro della Pace in sostanza era una piazza rettangolare (110x135m) contornata da portici e quattro esedre. L'esedra situata sul lato nord, anche se non visitabile, è l'unica ben conservata e si trova sotto la Torre dei Conti, posta all'inizio di via Cavour. Nel portico principale erano poste colonne di granito rosa di Assuan di m 1,80 di diametro. Nel 2015, grazie al progetto della Sovrintendenza Capitolina in collaborazione con la Sovrintendenza Beni Archeologici di Roma, sono state ricostruite con i pezzi originali, tramite la tecnica dell'anastilosi, ovvero il mettere insieme, pezzo per pezzo, gli elementi originali di una costruzione andata distrutta, 7 colonne, i cui resti furono rinvenuti negli scavi 1998-2000.
Le lacune delle parti originali sono state colmate grazie a integrazioni con una selezione di inerti granitici di colorazione compatibile.
Sono stati anche restaurati il rivestimento marmoreo del podio del tempio (che sorreggeva la statua della Pax) e il massetto.

Video: ScaviTemplus Paci - Roberto Meneghini  Direttore scavi Fori Imperiali 1998-2000

(Treccani TV)



All'opposto dell'entrata principale era il Tempio vero e proprio, circondato da quattro grandi aule simmetriche (sull'area della chiesa dei SS Cosma e Damiano), due per lato, dove vi erano le biblioteche, una greca e l'altra latina (Bibliotheca Pacis). Sono state decifrate sulla base del confronto con l'articolazione planimetrica e architettonica della cosiddetta Biblioteca di Adriano ad Atene. La raccolta di testi medici sarebbe da collegare ad una scuola di medicina, interna o limitrofa al foro, nella quale insegnò il celebre medico greco Galeno (129-201 d.C). Nelle altre aule probabilmente vi era uno spazio contenente reperti sottratti al Tempio di Gerusalemme distrutto nel 70, in particolare (il tesoro di Re Salomone) la tavola per il pane di proposizione, le trombe argentate e uno dei candelabri a sette braccia, la Menorah (lampada ad olio consacrato che veniva accesa all'interno del Tempio), i quali figurano sui rilievi interni dell'arco di Tito.


Rilievi Arco di Tito


Il Tempio aveva all'interno un'unica grande sala, con un'abside sul fondo, che ospitava la statua della dea Pax, raffigurata con una figura femminile, forse seduta, alta quasi 5 metri.
L'aula aveva un sontuoso pavimento, di età severiana, in marmi colorati, composto da rotae (dischi) del diametro di 2,45 m in pavonazzetto, granito e porfido inseriti in quadrati di 3,55 m di lato, in giallo antico, all'interno di uno schema reticolare in lastre di pavonazzetto.
L'aula era all'interno della navata centrale, la quale era composta da 8 colossali colonne corinzie di marmo pentelico. La colonna situata addosso al pilastro del portale venne spostata dal tempio e posizionata sulla piazza di S. Maria Maggiore per volere di papa Paolo V.
La piazza si presentava in terra battuta ed era intervallata da podi decorati con fontane per giochi d'acqua, aiuole e statue. Infatti erano presenti anche opere arrivate dall'Oriente per arredare la Domus Aurea di Nerone, i gruppi dei Galati, provenienti da Pergamo, il Ganimede di Leochares, Ermes di Prassitele, le statue di Fidia e di Policleto e i dipinti di Nicomaco. In quest'area sono stati rinvenuti frammenti di un'enorme vasca di forma circolare in porfido rosso di età severiana.

Base di una statua di Ermes di Prassitele

Ritratto in bronzo del filosofo Crisippo -  Utilizzata
ad indicare nella biblioteca la sezione a lui dedicata.

Il Tempio della Pace subì nuovi danni nel V secolo, cui seguì l'abbandono. Intorno al VI-VII secolo una parte dell'area venne adibita a cimitero. Nell'XI secolo l'area venne utilizzata come terreno agricolo e discarica del vicino mercato nel foro di Nerva.

Ricostruzione del Tempio della Pace




Lettura: RomaMedievale e i Fori Imperiali Roberto Meneghini



venerdì 8 maggio 2020

NERONE, INCENDIO DI ROMA, DOMUS AUREA



Ricostruzione Domus Aurea

Vorrei spiegare il particolare inizio di questa lettura.😅
Tenendo in considerazione le teorie psicoanalitiche, emerse durante la stesura della storia, ho pensato di non condannare Nerone, non essendo presente ai suoi tempi, per fortuna, ma di concedergli un'attenuante per la sua particolare personalità. Una sorta di riabilitazione per un folle sognatore.
Ma addentriamoci subito nella storia... 
C'era una volta...
Agrippina Minore, madre di Nerone, poteva vantare, come nessun altra, le sue origini Imperiali. 
Sua nonna Giulia era la figlia di Augusto (Imperatore) e di Marco Vipsanio Agrippa, suo fratello era Caligola (altro Imperatore). Fu sposa di Lucio Tiberio Enobarbo, padre di Nerone, e alla sua morte sposa dello zio Claudio (altro Imperatore).



Albero Genealogico di Nerone

Agrippina riuscì ad ottenere da Claudio la revoca dell'esilio di Seneca, allo scopo di insignirlo come precettore di Nerone. 
Nerone visse per un periodo con la zia Domizia Lepida, dalla quale avrebbe imparato l'amore per lo spettacolo e per la danza (il periodo in cui Agrippina era in esilio a causa della congiura contro Caligola). Fu costretto, suo malgrado, a testimoniare contro di lei a causa della gelosia della madre, la quale fece condannare a morte la sorella dall'Imperatore Claudio. Egli fu inoltre obbligato a fidanzarsi con Ottavia, figlia di Claudio, ancor giovane.
In questo modo Agrippina era riuscita a indirizzare Nerone verso la successione dell'Impero.
Infatti fu adottato ufficialmente da Claudio, il quale morì nel 54 a causa di un avvelenamento da funghi (probabilmente orchestrato da Agrippina).
Nerone così diventa Imperatore a soli 17 anni, sotto la tutela di Agrippina, la quale voleva che egli regnasse ma non che governasse, e del filosofo Seneca, il quale cerca di indirizzarlo sulla via della clemenza.
Due adulti sicuramente ingombranti che gli propongono modelli contrastanti, Da questo tutorato morale, culturale e politico, Nerone ne uscirà molto provato. Certamente si deve anche a questo il fatto che egli sarebbe rimasto per sempre un adolescente nevrotico, turbato e nevrastenico.
Il primo quinquennio del regno di Nerone viene considerato "buono" in quanto si mostra, come Principe clemente, verso i senatori. Successivamente Nerone si libera di questa tutela e comincia a governare a modo suo. Uccide dapprima la madre Agrippina (una sorta di legittima difesa per evitare di essere ucciso a sua volta) e successivamente la moglie Ottavia, il prototipo della brava ragazza e della buona matrona romana che Nerone odia perchè è molto lontana da lui e gli è stata imposta come fidanzata da ragazzo. La carriera criminale di Nerone si intreccia con quella smagliante di poeta e cantante. Si presenta al popolo come un poeta che porta agli uomini, suonando la cetra, il gusto dell’arte e le consolazioni della bella musica. Un nuovo modo di fare politica a cui gli ambienti tradizionalisti non sono preparati ma che il popolo capisce subito.
La città di Roma all’epoca aveva circa un milione di abitanti, concentrati in una zona che oggi ne conta trecentomila. Una cifra enorme considerando che la maggior parte delle città dell’Impero ne avevano da mille a cinquemila. Una città chiassosa e disordinata, cresciuta in fretta perchè c’erano stati ingenti ondate di immigrazione. Esistevano delle regole edilizie che aveva voluto Augusto. Egli stabilì che gli edifici non superassero i 4 o 5 piani, ma anche all’epoca si aggiravano le norme, quindi molti edifici vennero costruiti in legno, con materiali scadenti, e spesso crollavano o bruciavano. Bruciavano perchè all’epoca si utilizzavano lampade ad olio e non c’era acqua corrente. Augusto aveva anche organizzato un corpo dei Vigili del Fuoco, però i mezzi tecnici che avevano all’epoca, permettevano appena di distruggere l’area intorno alle case per evitare che l’incendio propagasse, ma non avevano le possibilità tecniche significative per estinguere il fuoco.

Questa era la situazione al 18 luglio dell'anno 64, giorno in cui scoppiò il devastante incendio:
Descrizione di Tacito 
L’incendio iniziò dal Circo Massimo per estendersi verso i colli Palatino e Celio, dove le botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento. Non c'erano palazzi con recinti e protezioni o templi circondati da muri o altro che facesse da ostacolo. L'incendio invase, con tutta la sua furia, dapprima il piano, poi risalì sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per la fulmineità del flagello e perché vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi e l'esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia Roma. 
Nel racconto di Tacito si fa riferimento anche ad alcune persone che appiccavano apertamente il fuoco, le quali potevano essere sia rapinatori che esecutori di un eventuale ordine di Nerone.
Nerone, che nel frattempo era ad Anzio, tornò alla sua residenza sul Palatino nella Domus Transitoria, soltanto quando seppe che il fuoco si stesse avvicinando. Fece comunque in modo che il popolo rimasto si potesse riparare, e potesse essere rifornito dei beni di prima necessità. 
Questo non bastò a conquistare il popolo in quanto circolò la voce che, mentre Roma era alle fiamme, egli cantò la caduta di Troia raffigurando nell’antica sciagura quella attuale. Dopo il sesto giorno il fuoco sembrò domato, ma divampò di nuovo, e dato che partì dai giardini di proprietà di Tigellino si ebbe la sensazione che Nerone ne approfittò per costruire una nuova città. Di quattordici quartieri ne rimasero quattro. Bruciarono: il Tempio di Servio Tullio dedicato alla Luna, la grande ara e il tempietto consacrato ad Ercole, il tempio votato a Giove Statore da Romolo, la reggia di Numa e il Tempio di Vesta con tutte le divinità del popolo romano, poi, tutte le ricchezze accumulate con tante vittorie, capolavori dell'arte greca e i testi antichi e originali dei grandi nomi della letteratura.


Incendio di Roma
RAI Storia - Incendio di Roma


Nerone, quindi, ne approfittò per costruirsi un palazzo dove destassero meraviglia le pietre preziose, l’oro e soprattutto prati, laghetti, boschi, distese apriche e vedute panoramiche, il tutto opera di due architetti, Severo e Celere, che avevano avuto l'audacia intellettuale di
creare con l'artificio ciò che la natura aveva negato, sperperando le risorse del principe.  Sulle aree della città che restavano libere dopo la costruzione della Domus Aurea, si costruì la nuova città aumentando l’ampiezza delle strade, ponendo nuovi limiti all’altezza degli edifici con cortili e portici per proteggere le facciate degli isolati. Incentivò la ricostruzione aumentando le disponibilità economiche di ciascuno e l’utilizzo di pietre provenienti da Gabi o Albano perchè refrattarie al fuoco. Dispose anche l’utilizzo pubblico dell’acqua e che gli edifici non avessero pareti in comune. Destinò le macerie ad Ostia tramite le navi che risalivano il Tevere facendole tornare cariche di frumento. Tuttò ciò, però, non bastò a deviare i sospetti su di lui, perciò fece ricadere la colpa sui cristiani e iniziarono le persecuzioni.

DOMUS AUREA
L’imperatore Nerone dopo il devastante incendio del 64 d.C., che distrusse gran parte di Roma, iniziò la costruzione di una nuova residenza, la  Domus Aurea.
Progettata dagli architetti Severus e Celer e decorata dal pittore Fabullus, la reggia era costituita da una serie di edifici separati da giardini, boschi e vigne e da un lago artificiale, situato nella valle dove oggi sorge il Colosseo. I nuclei principali del palazzo si trovavano sul Palatino e sul colle Oppio ed erano celebri per la sontuosa decorazione in cui a stucchi, pitture e marmi colorati si aggiungevano rivestimenti in oro e pietre preziose. L’enorme complesso comprendeva, tra l’altro, bagni con acqua normale e sulfurea, diverse sale per banchetti, tra cui la famosa coenatio rotunda, che ruotava su se stessa, e un enorme vestibolo che ospitava la statua colossale dell’imperatore nelle vesti del dio Sole.
Dopo la morte di Nerone i suoi successori vollero cancellare ogni traccia venne riempita di terra fino alle volte per essere utilizzata come sostruzione per altri edifici.
Le parti oggi visitabili sono quelle sul colle Oppio: ambienti probabilmente destinati a feste e banchetti che furono interrati rimanendo sconosciuti sino al Rinascimento. Solo allora, dopo alcuni ritrovamenti fortuiti, artisti appassionati di antichità come Pinturicchio, Ghirlandaio, Raffaello e Giulio Romano iniziarono a calarsi dall’alto in quelle “grotte sotterranee”, per copiare i motivi decorativi che esse conservavano e che, proprio dalla loro collocazione, presero il nome di “grottesche”. Ancor oggi il termine di “pittura a grottesche” è utilizzato per indicare un genere, diffuso soprattutto nel XVI secolo, che riprende, rielaborandoli e reinterpretandoli in maniera ludica e fantasiosa, i motivi della decorazione parietale romana.

Interessante è la descrizione della Domus Aurea che Svetonio ci tramanda nelle “Vite dei Cesari” (“De vita duodecim caesarum”); lui che fu così caustico nel giudicare Nerone, al punto da determinare i luoghi comuni con cui viene ricordato, sembra comunque inchinarsi davanti alla magnificenza creativa dell’opera.
“Però non vi fu nulla in cui sia stato tanto prodigo quanto nell'edificare.
Fatta costruire per sé una casa che dal Palatino andava fino all'Esquilino, dapprima la chiamò «transitoria», poi, quando un incendio la distrusse, la fece ricostruire e la chiamò «aurea».
Per dare un'idea della estensione e dalla sua magnificenza, basterà ricordare i seguenti dati. C'era un vestibolo in cui era stato eretto un colosso a sua sembianza, alto centoventi piedi. Era tanto vasta, che nel proprio interno aveva dei porticati a triplo ordine di colonne, per la lunghezza di mille passi, e uno stagno che sembrava un mare, circondato da edifici che formavano come delle città.
Per di più, nell'interno vi erano campagne ricche di campi, vigneti, pascoli e boschi, con moltissimi animali domestici e selvatici di ogni specie. Nel resto della costruzione, ogni cosa era ricoperta d'oro e abbellita con gemme e madreperla.
Il soffitto dei saloni per i banchetti era a tasselli di avorio mobili e perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. Il principale di questi saloni era rotondo e girava su se stesso tutto il giorno, continuamente, come la terra.
Nelle sale da bagno scorrevano acque marine e acque di Albula, e quando alla fine dei lavori, Nerone inaugurò un palazzo di tal fatta, lo approvò soltanto con queste parole: «Finalmente comincerò ad abitare come un uomo!»”.


Ingresso con realtà virtuale - Coopculture.it

Documentario Domus Aurea


Domus Aurea - Interni

Domus Aurea - Esterni


giovedì 7 maggio 2020

TERME DI AGRIPPA

Plastico Terme di Agrippa


Pianta di Roma all'epoca di Agrippa

Marco Vipsanio Agrippa, edile del tempo, bonificò tutta la zona meridionale del Campo Marzio (posteriore al Pantheon), compresa la direzione del Tevere. Su questa area sorsero le Terme. La costruzione ebbe inizio intorno al 25 a.C. per terminare nel 19 a.C., esse vennero alimentate dall'acquedotto dell'Acqua Vergine (oggi utilizzato per la Fontana di Trevi).
Le Terme inaugurate il 12 a.C. furono inizialmente private e gestite da Agrippa, alla sua morte, vennero lasciate in eredità al popolo romano, quindi divennero pubbliche.
Il complesso termale, oggi quasi interamente scomparso, fu antesignano delle Terme Imperiali. Si presentava come un edificio composto da una grande sala circolare coperta da una cupola attorno alla quale si articolavano ulteriori ambienti. La pianta dell’edificio, che misurava circa 100m di larghezza e 120 di lunghezza, ci è nota da un frammento della Forma Urbis 

Forma Urbis severiana

e dagli studi realizzati in età rinascimentale dall’architetto Andrea Palladio.
Inserita nel tessuto urbanistico dell'area, includeva lo Stagnum (compreso tra le attuali Corso Vittorio Emanuele e via de' Nari) e l'antico Palus Caprae (la zona bonificata da Agrippa) alimentato dell'Acqua Virgo, che aveva la funzione di piscina delle Terme.
Da esso partiva un canale, l'Euripo, che attraversava la pianura del Campo Marzio per arrivare al Tevere nei pressi del Ponte Vittorio Emanuele.
Furono ristrutturate, assieme al Pantheon, dopo l'incendio dell'80 da parte di Adriano. Altri restauri si ebbero in età severiana sotto Massenzio.
Funzionanti fino al V secolo, furono poi abbandonate intorno al VII secolo.
Le strutture vennero smantellate (per tutta l’epoca medievale) per riutilizzarne i materiali edilizi nelle nuove costruzioni realizzate nella zona del Campo Marzio.

Arco della Ciambella

Oggi, la muratura visibile dell' Arco della Ciambella (situato nell'anonima via che ha tagliato in due grande Sala Rotonda che in origine misurava 25 metri di diametro e 10 metri di altezza) è solo una parte della metà della sala, inglobata all'interno degli edifici dentro cui è rimasta anche l'esedra orientale, ampia 17m, che la affiancava. I resti dell'aula circolare si possono ammirare sopra un'edicola sacra, fra i numeri 9-10, 14-15 della stessa via. La Sala aveva una volta a cupola con un oculus al centro, tipo il Pantheon. Fino al Seicento la sala circolare era pressoché intera ed infatti veniva popolarmente chiamata lo Rotulo o lo Tondo, da cui si fa derivare la definizione di “ciambella”. L’arco venne abbattuto nel 1621 nel corso degli interventi di sistemazione urbanistica eseguiti per volontà di papa Gregorio XV.


L'arco in un cortile del Pontificio Seminario



Bolli laterizi dei vari restauri antichi

Tra le statue che componevano la ricca decorazione delle Terme vi era l’Apoxyomenos.
La statua bronzea, realizzata dallo scultore greco Lisippo e databile tra il 330 ed il 320 a.C. , rappresenta un atleta intento a detergersi il corpo con lo strigile, strumento di metallo ricurvo e con un manico usato soprattutto dagli atleti.
Rappresenta una novità in quanto il movimento delle braccia rompe la tradizione greca della staticità delle statue a tutto tondo.

Apoxyomenos di Lisippo

Oggi dell’Apoxyomenos rimane solo una copia in marmo (risalente al I secolo d.C.) rinvenuta alla metà dell’800 nel quartiere di Trastevere ed ora conservata ai Musei Vaticani.
Si racconta che Tiberio impossessatosi della statua in bronzo fu costretto a ricollocarla al proprio posto per il reclamo da parte del popolo romano.
All'interno delle terme vi erano ricche di decorazioni, pitture, mosaici e sculture, tra le altre vi è il Pignone esposto nei giardini dei Musei Vaticani.
Pignone





mercoledì 6 maggio 2020

TEATRO DI MARCELLO



Teatro di Marcello

Durante l’epoca repubblicana i censori impedirono la costruzione di teatri stabili poiché la severità del costume romano vedeva negli spettacoli un pericolo per la moralità dei cittadini. Erano permessi soltanto teatri temporanei di legno. Solamente sul finire della repubblica Pompeo riuscì a costruire il primo teatro stabile in pietra. Seguirono, alcuni decenni dopo, quello di Balbo e quello di Marcello: il solo che oggi rimane visibile tra il Campidoglio e il Tevere.

Dopo la fine della repubblica, il popolo, che andava al teatro, assisteva raramente ad opere di alto livello (erano cadute in disuso le commedie di Plauto e di Terenzio e la produzione di Seneca poteva interessare solo un ristretto pubblico di lettori raffinati). Si rappresentavano soprattutto, pantomime e operette composte di un miscuglio di tragico e comico, poesia e musica. Anche se talune composizioni raggiungevano un livello artistico notevole, la maggior parte presentava argomenti avventurosi e galanti per incontrare il facile gusto del pubblico.

Il progetto fu iniziato da Giulio Cesare, il quale espropriò per largo tratto la zona, demolendo gli edifici esistenti. Fu ripreso da Augusto, con nuovi espropri per ampliare la superficie ed erigere un edificio più grande.

Il primo utilizzo del nuovo teatro risale all’anno 17 a.C., durante i ludi saeculares. Nel 13 a.C. l’inaugurazione ufficiale del nuovo edificio, vide la celebrazione di giochi sontuosi e la dedica a Marco Claudio Marcello, figlio della sorella di Augusto, Ottavia, che a soli tredici anni partecipò al trionfo per la battaglia di Azio (29 a.C.) e poi a quello per la vittoria sui Cantabri (27 a.C.). Fu proprio Augusto, privo di figli maschi, a decidere di adottare il ragazzo, a designarlo come suo erede e ad unirlo in matrimonio con sua figlia Giulia, favorendo in poco tempo la sua nomina a edile (23 a.C.) e a pontefice, accelerando così il suo cursus honorum per la designazione alla successione imperiale. Nello stesso anno, però, Marcello si ammalò improvvisamente, morendo poi a Baia, colpito, secondo alcuni, da una congiura di palazzo ordita da Livia, la seconda moglie di Augusto, per favorire suo figlio Tiberio alla successione.

Profondamente addolorato da quella morte prematura, Augusto fece seppellire il nipote nel mausoleo fatto costruire per sé a Campo Marzio e nell’11 a.C. ne promosse il culto in tutte le città dell’Impero innalzando molte statue onorarie, ma, soprattutto gli intitolò il teatro adiacente il Tevere. Un edificio che fisserà lo schema del teatro classico romano in cui la cavea poggia su strutture in muratura e non su un declivio naturale, come nel teatro greco.

La scelta del luogo per la costruzione del Teatro fu dettata dalla vicinanza del Tempio di Apollo in onore del quale, già in età repubblicana, si svolgevano i Ludi Apollinari. Il tempio stesso sorge a pochi metri dal Teatro, ne rimangono il basamento e tre colonne. Le sculture architettoniche di questo tempio costituiscono l’esempio più bello dell’arte decorativa augustea per l’eleganza e la novità delle forme e la perfetta lavorazione.

II tempio non è più quello originario fondato nel 431 a.C., quando per la prima volta fu introdotto in Roma il culto di questa divinità salutare (Apollo medicus) per voto fatto durante una grave pestilenza, si tratta invece di una ricostruzione eseguita durante il regno di Augusto da Lucio Sosio, un personaggio che ancor più che al trionfo, da lui celebrato nel 34 a.C., ha legato il suo nome a questo tempio.



Museo Centrale Montemartini - Frontone Tempio Apollo

Nel 64 d.C. nell'incendio scoppiato tra il 18 e il 19 luglio il teatro Marcello subisce gravi danni. La scena e le altre parti rovinate vengono ricostruite e restaurate da Vespasiano che inaugura nuovamente il teatro con feste e giochi.

I romani stessi cominciarono la distruzione del Teatro di Marcello già nel 370 d.C. sotto l'impero di Graziano, smontandone alcuni blocchi per restaurare il vecchio ponte Cestio, nonostante ciò gli spettacoli proseguirono fino alla metà del V secolo. Successivamente, i saccheggi e gli incendi delle orde barbare distrussero quanto di deperibile era ancora presente, poi le inondazioni del Tevere riempirono di melma i resti del teatro.

La distruzione continuò fino al XII secolo quando nobili famiglie romane si fortificarono sui resti del teatro nei conflitti fra loro, i Papi e gli Imperatori. Nel XIII secolo, i Fabi edificarono sulle rovine del teatro un palazzo. Nel 1304 i Pierleoni innalzano sui resti del teatro una fortificazione. Nel 1368 Luca Savelli acquisisce i ruderi del teatro con le strutture create dai Pierleoni. Nel '500, Baldassarre Peruzzi eresse il palazzo tuttora esistente per conto dei Savelli, acquistato due secoli dopo dagli Orsini.

La parte inferiore, corrispondente alle strutture romane, fu acquisita negli anni '30 dal Comune di Roma, scavata e restaurata dopo aver proceduto ad operazioni di espropri e lavori di eliminazione delle numerose botteghe e abitazioni che occupavano lo spazio circostante.

ll Teatro di Marcello era una grandiosa costruzione dal diametro di 130 m, in cui era realizzato in forma compiuta il teatro di tipo romano. La cavea, di forma semicircolare, era su sostruzioni in blocchi di tufo, in opera reticolata e in laterizio, sulla quale si appoggiavano le gradinate in marmo bianco.

Come il Colosseo, costruito ottantatré anni dopo, anche il teatro di Marcello era dotato di un velario per ripararsi dal sole, mentre 36 vasi bronzei sistemati ad hoc ne facilitavano ed amplificavano l’acustica.

La facciata esterna della cavea, in travertino, era costituita originariamente da quarantuno arcate e dei tre piani che la costituivano sono conservati parte del primo e del secondo, di ordine ionico e dorico, mentre del terzo furono viste solamente poche tracce, si legge in “Theatrum Marcelli”, il volume dedicato al celebre edificio che è stato pubblicato dall’Istituto Nazionale di Studi Romani, una onlus che affronta la conoscenza di Roma in tutti i suoi aspetti e in ogni tempo della sua storia millenaria, dall’antico ai nostri giorni. A scriverlo, Paola Ciancio Rossetto e Giuseppina Pisani Sartorio che dopo lunghe ricerche, sono riuscite a realizzare il volume più esaustivo su quell’edificio e su quel particolare periodo storico.

Le chiavi d'arco dei piani inferiori erano decorate da maschere teatrali colossali in marmo, relative a tragedia, commedia e dramma satiresco.

Nel foyer del Teatro Argentina sono attualmente esposte le maschere marmoree, raffiguranti i tipi della tragedia e quelli della commedia nuova, provenienti dalla decorazione degli archi del Teatro di Marcello.


Foyer Teatro Argentina

Maschera Teatro di Marcello

La scena, di modesta profondità, con prospetto probabilmente rettilineo, decorata da colonne e statue di marmi bianchi e colorati, era fiancheggiata dalle due aule o parasceni a triplice navata e completata alle spalle da una grande abside eretta contro le eventuali inondazioni del Tevere. Aveva una capienza calcolata in 15.000 posti, 20.000 in caso di necessità.

In seguito a un intervento di rinnovamento dell’area, ha riaperto al pubblico, con accesso gratuito, il passaggio che mette in collegamento via Montanara - ciò che rimane dell’omonima piazza ai piedi della Rupe Tarpea, demolita negli anni Trenta - con il Portico d’Ottavia e il Ghetto.




Teatro Marcello - Capitolivm.it