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Plastico Terme di Agrippa |
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Pianta di Roma all'epoca di Agrippa |
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Forma Urbis severiana |
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Arco della Ciambella |
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L'arco in un cortile del Pontificio Seminario |
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Bolli laterizi dei vari restauri antichi |
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Apoxyomenos di Lisippo |
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Pignone |
Benvenuti nel mio blog! Qui troverete approfondimenti su Arte, Bellezza e su Roma, le mie passioni! Buona lettura e grazie per aver visitato il blog!
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Plastico Terme di Agrippa |
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Pianta di Roma all'epoca di Agrippa |
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Forma Urbis severiana |
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Arco della Ciambella |
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L'arco in un cortile del Pontificio Seminario |
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Bolli laterizi dei vari restauri antichi |
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Apoxyomenos di Lisippo |
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Pignone |
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Teatro di Marcello |
Durante l’epoca repubblicana i censori impedirono la costruzione di teatri stabili poiché la severità del costume romano vedeva negli spettacoli un pericolo per la moralità dei cittadini. Erano permessi soltanto teatri temporanei di legno. Solamente sul finire della repubblica Pompeo riuscì a costruire il primo teatro stabile in pietra. Seguirono, alcuni decenni dopo, quello di Balbo e quello di Marcello: il solo che oggi rimane visibile tra il Campidoglio e il Tevere.
Dopo la fine della repubblica, il popolo, che andava al teatro, assisteva raramente ad opere di alto livello (erano cadute in disuso le commedie di Plauto e di Terenzio e la produzione di Seneca poteva interessare solo un ristretto pubblico di lettori raffinati). Si rappresentavano soprattutto, pantomime e operette composte di un miscuglio di tragico e comico, poesia e musica. Anche se talune composizioni raggiungevano un livello artistico notevole, la maggior parte presentava argomenti avventurosi e galanti per incontrare il facile gusto del pubblico.Il progetto fu iniziato da Giulio Cesare, il quale espropriò per largo tratto la zona, demolendo gli edifici esistenti. Fu ripreso da Augusto, con nuovi espropri per ampliare la superficie ed erigere un edificio più grande.
Il primo utilizzo del nuovo teatro risale all’anno 17 a.C., durante i ludi saeculares. Nel 13 a.C. l’inaugurazione ufficiale del nuovo edificio, vide la celebrazione di giochi sontuosi e la dedica a Marco Claudio Marcello, figlio della sorella di Augusto, Ottavia, che a soli tredici anni partecipò al trionfo per la battaglia di Azio (29 a.C.) e poi a quello per la vittoria sui Cantabri (27 a.C.). Fu proprio Augusto, privo di figli maschi, a decidere di adottare il ragazzo, a designarlo come suo erede e ad unirlo in matrimonio con sua figlia Giulia, favorendo in poco tempo la sua nomina a edile (23 a.C.) e a pontefice, accelerando così il suo cursus honorum per la designazione alla successione imperiale. Nello stesso anno, però, Marcello si ammalò improvvisamente, morendo poi a Baia, colpito, secondo alcuni, da una congiura di palazzo ordita da Livia, la seconda moglie di Augusto, per favorire suo figlio Tiberio alla successione.
Profondamente addolorato da quella morte prematura, Augusto fece seppellire il nipote nel mausoleo fatto costruire per sé a Campo Marzio e nell’11 a.C. ne promosse il culto in tutte le città dell’Impero innalzando molte statue onorarie, ma, soprattutto gli intitolò il teatro adiacente il Tevere. Un edificio che fisserà lo schema del teatro classico romano in cui la cavea poggia su strutture in muratura e non su un declivio naturale, come nel teatro greco.
La scelta del luogo per la costruzione del Teatro fu dettata dalla vicinanza del Tempio di Apollo in onore del quale, già in età repubblicana, si svolgevano i Ludi Apollinari. Il tempio stesso sorge a pochi metri dal Teatro, ne rimangono il basamento e tre colonne. Le sculture architettoniche di questo tempio costituiscono l’esempio più bello dell’arte decorativa augustea per l’eleganza e la novità delle forme e la perfetta lavorazione.
II tempio non è più quello originario fondato nel 431 a.C., quando per la prima volta fu introdotto in Roma il culto di questa divinità salutare (Apollo medicus) per voto fatto durante una grave pestilenza, si tratta invece di una ricostruzione eseguita durante il regno di Augusto da Lucio Sosio, un personaggio che ancor più che al trionfo, da lui celebrato nel 34 a.C., ha legato il suo nome a questo tempio.
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Museo Centrale Montemartini - Frontone Tempio Apollo |
Nel 64 d.C. nell'incendio scoppiato tra il 18 e il 19 luglio il teatro Marcello subisce gravi danni. La scena e le altre parti rovinate vengono ricostruite e restaurate da Vespasiano che inaugura nuovamente il teatro con feste e giochi.
I romani stessi cominciarono la distruzione del Teatro di Marcello già nel 370 d.C. sotto l'impero di Graziano, smontandone alcuni blocchi per restaurare il vecchio ponte Cestio, nonostante ciò gli spettacoli proseguirono fino alla metà del V secolo. Successivamente, i saccheggi e gli incendi delle orde barbare distrussero quanto di deperibile era ancora presente, poi le inondazioni del Tevere riempirono di melma i resti del teatro.
La distruzione continuò fino al XII secolo quando nobili famiglie romane si fortificarono sui resti del teatro nei conflitti fra loro, i Papi e gli Imperatori. Nel XIII secolo, i Fabi edificarono sulle rovine del teatro un palazzo. Nel 1304 i Pierleoni innalzano sui resti del teatro una fortificazione. Nel 1368 Luca Savelli acquisisce i ruderi del teatro con le strutture create dai Pierleoni. Nel '500, Baldassarre Peruzzi eresse il palazzo tuttora esistente per conto dei Savelli, acquistato due secoli dopo dagli Orsini.
La parte inferiore, corrispondente alle strutture romane, fu acquisita negli anni '30 dal Comune di Roma, scavata e restaurata dopo aver proceduto ad operazioni di espropri e lavori di eliminazione delle numerose botteghe e abitazioni che occupavano lo spazio circostante.
ll Teatro di Marcello era una grandiosa costruzione dal diametro di 130 m, in cui era realizzato in forma compiuta il teatro di tipo romano. La cavea, di forma semicircolare, era su sostruzioni in blocchi di tufo, in opera reticolata e in laterizio, sulla quale si appoggiavano le gradinate in marmo bianco.
Come il Colosseo, costruito ottantatré anni dopo, anche il teatro di Marcello era dotato di un velario per ripararsi dal sole, mentre 36 vasi bronzei sistemati ad hoc ne facilitavano ed amplificavano l’acustica.
La facciata esterna della cavea, in travertino, era costituita originariamente da quarantuno arcate e dei tre piani che la costituivano sono conservati parte del primo e del secondo, di ordine ionico e dorico, mentre del terzo furono viste solamente poche tracce, si legge in “Theatrum Marcelli”, il volume dedicato al celebre edificio che è stato pubblicato dall’Istituto Nazionale di Studi Romani, una onlus che affronta la conoscenza di Roma in tutti i suoi aspetti e in ogni tempo della sua storia millenaria, dall’antico ai nostri giorni. A scriverlo, Paola Ciancio Rossetto e Giuseppina Pisani Sartorio che dopo lunghe ricerche, sono riuscite a realizzare il volume più esaustivo su quell’edificio e su quel particolare periodo storico.
Le chiavi d'arco dei piani inferiori erano decorate da maschere teatrali colossali in marmo, relative a tragedia, commedia e dramma satiresco.
Nel foyer del Teatro Argentina sono attualmente esposte le maschere marmoree, raffiguranti i tipi della tragedia e quelli della commedia nuova, provenienti dalla decorazione degli archi del Teatro di Marcello.
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Foyer Teatro Argentina |
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Maschera Teatro di Marcello |
La scena, di modesta profondità, con prospetto probabilmente rettilineo, decorata da colonne e statue di marmi bianchi e colorati, era fiancheggiata dalle due aule o parasceni a triplice navata e completata alle spalle da una grande abside eretta contro le eventuali inondazioni del Tevere. Aveva una capienza calcolata in 15.000 posti, 20.000 in caso di necessità.
In seguito a un intervento di rinnovamento dell’area, ha riaperto al pubblico, con accesso gratuito, il passaggio che mette in collegamento via Montanara - ciò che rimane dell’omonima piazza ai piedi della Rupe Tarpea, demolita negli anni Trenta - con il Portico d’Ottavia e il Ghetto.
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Pantheon |
Il primo Pantheon fu fatto costruire durante il terzo consolato, nel 27 a.C., da Marco Vipsanio Agrippa, amico e genero di Augusto, nel quadro della monumentalizzazione del Campo Marzio, affidandone la realizzazione a Lucio Cocceio Aucto.
La dedica adrianea, in bronzo, poi razziato, recita: M.AGRIPPA.L.F.COS.TERTIUM.FECIT ("Marco Agrippa, figlio di Lucio, console per la terza volta, edificò").
Agrippa scelse come luogo il teatro tradizionale dell'apoteosi del fondatore di Roma, Romolo (idolo di Augusto).
Il Pantheon infatti, fu locato, secondo Cesare D'Onofrio, uno dei maggiori romanisti viventi, sul luogo dove, per le narrazioni delle fonti arcaiche, Romolo "ascese" in cielo durante una cerimonia in Campo Marzio, interrotta da un improvviso, violentissimo nubifragio.
Dai resti rinvenuti alla fine del XIX secolo si sa che questo primo tempio era di pianta rettangolare con cella disposta trasversalmente, più larga che lunga, costruito in blocchi di travertino rivestiti da lastre di marmo. L'edificio era rivolto verso sud, in senso opposto alla ricostruzione adrianea, ma il suo asse centrale coincide con quello dell'edificio più recente e la larghezza della cella era uguale al diametro interno della rotonda; l'intera profondità dell'edificio augusteo coincide inoltre con la profondità del pronao adrianeo. Dalle fonti sappiamo che i capitelli erano realizzati in bronzo e che la decorazione (di Diogenes di Atene) comprendeva delle cariatidi e statue frontonali fissate al fondo con perni: dalla posizione dei fori rimasti si è ipotizzata, anche, la presenza di una grande aquila ad ali spiegate.
Distrutto dal fuoco nell'80, venne restaurato sotto Domiziano, ma subì una seconda distruzione sotto Traiano.
Sotto Adriano l'edificio venne ricostruito completamente come dimostrano i marchi di fabbrica sui mattoni del 123-125 d.C.
Il suo architetto fu probabilmente il grande Apollodoro di Damasco.
Adriano non tenne conto dell’impostazione di Agrippa: rovesciò l'orientamento dell’edificio di 180 gradi e aprì davanti al nuovo tempio una grande piazza porticata.
Il Pantheon di Adriano ha le mura spesse sei metri e venti centimetri, con l'interno armoniosamente scandito da nicchie alternativamente rettangolari e semicircolari; le pareti sono ancora in gran parte decorate da marmi che venivano da tutte le cave dell'Impero. Il diametro e l'altezza dell'interno sono uguali: misurano 43,30m, pari a cento cinquanta piedi romani: vuol dire che nell'ambiente si potrebbe inscrivere una sfera di quel diametro. Questo calcolo consente di supporre che il tempio esprimesse un simbolismo cosmico e permette l'osservazione di un fenomeno astrologico calendariale: alle 12 del 21 aprile, giorno della fondazione di Roma, il raggio di sole, che attraversa il grande "occhio" della cupola, cade al centro del portale d'accesso.
Questo oculus ha un diametro di 9 m e rimane sempre aperto consentendo l'ingresso della luce ma anche della pioggia. La cupola, del diametro di 43,44 m, è decorata all'interno da cinque ordini di ventotto cassettoni, di misura decrescente verso l'alto, e presenta al centro un oculo di 8,92 m di diametro. L'oculo doveva essere circondato da una cornice bronzea fissata alla cupola che forse raggiungeva la fila più alta di cassettoni. Una curiosità riguardante l'oculo sta nell'"effetto camino": infatti, quando piove, la corrente d'aria ascensionale porta alla frantumazione delle gocce d'acqua, così all'interno sembra che non piova e, inoltre, per evitare pozze d'acqua all'interno, sono stati fatti dei fori sia centrali che laterali per lo scolo dell'acqua.
Il
Pantheon, chiuso e abbandonato sotto i primi Imperatori cristiani e
successivamente saccheggiato dai barbari, nel 609 d.C. fu donato
dall’Imperatore bizantino Foca a Papa Bonifacio IV.
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Pantheon - Piazza della Rotonda |
La
notizia turbò l’umore del popolo romano ma Urbano fece comunque
portare il bronzo del Pantheon alle fonderie papali e nello stesso
tempo fece diffondere la voce che il bronzo sarebbe servito
soprattutto per le colonne tortili del Bernini, per il baldacchino
dell’altare della basilica di san Pietro e, in piccola parte, per i
cannoni di Castel Sant'Angelo.
Una furbizia svelata dalle carte
dell’Archivio della Fabbrica di San Pietro, nelle quali si legge
come quasi per intero il bronzo delle travi fu utilizzato per i
cannoni e solo una piccolissima parte fu consegnata al Bernini che
però, diffidando della validità della lega usata dai romani, lo
restituì alle fonderie papali.
Attualmente, questo edificio conserva ancora il suo pavimento in marmo originale e nelle cappelle interne, dove furono trovate le statue delle divinità, oggi esistono cappelle con numerose opere d'arte. Fin dal periodo rinascimentale, il Pantheon è stato utilizzato come sede dell'Accademia dei Virtuosi di Roma e fu ispirazione dei più grandi architetti del Rinascimento, tanto che Raffaello volle farne il luogo del proprio riposo eterno. Vi riposano inoltre grandi italiani, re Vittorio Emanuele II, suo figlio Umberto I e sua moglie Margherita.
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Pavimento antico sotto l'oculus |
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Tomba Vittorio Emanuele II |
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Tomba di Raffaello Sanzio |
Dopo oltre venti anni dal loro primo rinvenimento - ha spiegato il Soprintendente Speciale Daniela Porro - riemergono intatte le lastre della pavimentazione antica della piazza antistante al Pantheon, protette da uno strato di pozzolana fine. Una dimostrazione inequivocabile di quanto sia importante la tutela archeologica, non solo una occasione di conoscenza, ma fondamentale per la conservazione delle testimonianze della nostra storia, un patrimonio inestimabile in particolare una città come Roma.