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giovedì 14 maggio 2020

TEMPIO DELLA PACE O DI VESPASIANO



Tempio della Pace

Il Tempio della Pace fu voluto dall'Imperatore Vespasiano dopo la vittoria sui Giudei (71d.C.), e delle guerre si successione all'Impero, ad auspicio di un lungo periodo di pace.
Il Tempio della Pace è il terzo foro in successione dopo quello di Cesare e di Augusto. Risulta un luogo frequentato (fino al VI secolo) come santuario, giardino, luogo di studio o museo pubblico, ricco di sculture, dipinti, bottini di guerra e di una grande biblioteca letteraria e scientifica. L'appellativo Templum Pacis, noto dalle fonti antiche, ne sottolinea il carattere sacro, diverso quindi dagli altri due Fori sia per progettualità che per planimetria.
Proprio sul Macellum, il mercato di età repubblicana, distrutto dall'incendio del 64 all'epoca di Nerone, il Tempio venne eretto su una superficie di due ettari tra il Foro Romano a est, la strada denominata Argiletum a nord e una collinetta chiamata Velia a sud, quest'ultima venne sostituita da via dell'Impero nel 1932 (oggi via dei Fori Imperiali).
Il Tempio della Pace venne danneggiato dall'incendio del 192 d.C. (durante il regno di Commodo), ma fu fatto ricostruire da Settimio Severo. Lo schema architettonico riportato ai giorni nostri, infatti, è stato ricostruito in base alla pianta della Forma Urbis Severiana (Forma Urbis Romae 18x13m), realizzata in scala 1:246 nel III sec. d.C.. I frammenti delle 151 lastre marmoree erano affissi in un'aula a destra dell'aula di culto, odierna facciata della Basilica dei SS Cosma e Damiano. Sono conservati nel Museo della Civiltà Romana.

Facciata SS Cosma e Damiano

Il Foro della Pace in sostanza era una piazza rettangolare (110x135m) contornata da portici e quattro esedre. L'esedra situata sul lato nord, anche se non visitabile, è l'unica ben conservata e si trova sotto la Torre dei Conti, posta all'inizio di via Cavour. Nel portico principale erano poste colonne di granito rosa di Assuan di m 1,80 di diametro. Nel 2015, grazie al progetto della Sovrintendenza Capitolina in collaborazione con la Sovrintendenza Beni Archeologici di Roma, sono state ricostruite con i pezzi originali, tramite la tecnica dell'anastilosi, ovvero il mettere insieme, pezzo per pezzo, gli elementi originali di una costruzione andata distrutta, 7 colonne, i cui resti furono rinvenuti negli scavi 1998-2000.
Le lacune delle parti originali sono state colmate grazie a integrazioni con una selezione di inerti granitici di colorazione compatibile.
Sono stati anche restaurati il rivestimento marmoreo del podio del tempio (che sorreggeva la statua della Pax) e il massetto.

Video: ScaviTemplus Paci - Roberto Meneghini  Direttore scavi Fori Imperiali 1998-2000

(Treccani TV)



All'opposto dell'entrata principale era il Tempio vero e proprio, circondato da quattro grandi aule simmetriche (sull'area della chiesa dei SS Cosma e Damiano), due per lato, dove vi erano le biblioteche, una greca e l'altra latina (Bibliotheca Pacis). Sono state decifrate sulla base del confronto con l'articolazione planimetrica e architettonica della cosiddetta Biblioteca di Adriano ad Atene. La raccolta di testi medici sarebbe da collegare ad una scuola di medicina, interna o limitrofa al foro, nella quale insegnò il celebre medico greco Galeno (129-201 d.C). Nelle altre aule probabilmente vi era uno spazio contenente reperti sottratti al Tempio di Gerusalemme distrutto nel 70, in particolare (il tesoro di Re Salomone) la tavola per il pane di proposizione, le trombe argentate e uno dei candelabri a sette braccia, la Menorah (lampada ad olio consacrato che veniva accesa all'interno del Tempio), i quali figurano sui rilievi interni dell'arco di Tito.


Rilievi Arco di Tito


Il Tempio aveva all'interno un'unica grande sala, con un'abside sul fondo, che ospitava la statua della dea Pax, raffigurata con una figura femminile, forse seduta, alta quasi 5 metri.
L'aula aveva un sontuoso pavimento, di età severiana, in marmi colorati, composto da rotae (dischi) del diametro di 2,45 m in pavonazzetto, granito e porfido inseriti in quadrati di 3,55 m di lato, in giallo antico, all'interno di uno schema reticolare in lastre di pavonazzetto.
L'aula era all'interno della navata centrale, la quale era composta da 8 colossali colonne corinzie di marmo pentelico. La colonna situata addosso al pilastro del portale venne spostata dal tempio e posizionata sulla piazza di S. Maria Maggiore per volere di papa Paolo V.
La piazza si presentava in terra battuta ed era intervallata da podi decorati con fontane per giochi d'acqua, aiuole e statue. Infatti erano presenti anche opere arrivate dall'Oriente per arredare la Domus Aurea di Nerone, i gruppi dei Galati, provenienti da Pergamo, il Ganimede di Leochares, Ermes di Prassitele, le statue di Fidia e di Policleto e i dipinti di Nicomaco. In quest'area sono stati rinvenuti frammenti di un'enorme vasca di forma circolare in porfido rosso di età severiana.

Base di una statua di Ermes di Prassitele

Ritratto in bronzo del filosofo Crisippo -  Utilizzata
ad indicare nella biblioteca la sezione a lui dedicata.

Il Tempio della Pace subì nuovi danni nel V secolo, cui seguì l'abbandono. Intorno al VI-VII secolo una parte dell'area venne adibita a cimitero. Nell'XI secolo l'area venne utilizzata come terreno agricolo e discarica del vicino mercato nel foro di Nerva.

Ricostruzione del Tempio della Pace




Lettura: RomaMedievale e i Fori Imperiali Roberto Meneghini



lunedì 11 maggio 2020

SALVADOR DALI'

Salvador Dalì



Oggi ricorre l'anniversario della nascita di Salvador Dalí, 11 maggio 1904.
Gli stessi anni dei miei nonni all'incirca, quanta storia, quante diversità!
La mia curiosità per Salvador Dalí nasce grazie ad uno dei quadri che mio padre comprò (alla fiera dell'Est...😁). Subì il fascino del surrealismo...
Nel 1998 ho iniziato a lavorare in profumeria e... Le "bocche" di Dalí spiccavano tra gli scaffali...
Boutique Figueres

Lo scorso anno scorrendo materiale turistico della città di Barcellona mi sono imbattuta in una pubblicità del tour di Figueres al Teatro-Museo Dalí... Beh non potevo lasciarmi sfuggire l'occasione... Così ho preso il treno e sono andata a Figueres...

Dalí nasce quindi in Catalogna nel 1904. Venne a contatto, già in giovane età, con artisti ai margini del canone ufficiale. Questo fu importante perchè gli consentì di ampliare le sue visioni ed escludere i pregiudizi che dettava l'arte in quel periodo, in più lo stimolò a muovere i primi passi nel disegno. I genitori si accorsero delle potenzialità del piccolo e lo avviarono agli studi artistici.
All'età di 12 anni scoprì un dipinto di Ramon Pichot, un conoscente di famiglia che frequentava ambienti modernisti. Egli si identificò immediatemente nello stile impressionista. I suoi primi dipinti avevano colori vibranti e luminosi. I paesaggi che impresse nella tela furono la baia di Cadaqués e Cap de Creus
Ritratto di mio padre 1920 - Figueres

Di questi anni è pure Ritratto di mio padre 
dove inizia a cogliere i primi aspetti della psiche umana.
Nel 1919 per la prima volta mostrò in pubblico le sue opere nella Chiesa di Figueres.
Intorno al 1921 le sue pitture furono arricchite con elementi tratti dal pointilisme, dall'espressionismo e dal fauvisme. In questo periodo le sue opere fanno riferimento anche a pittori classici,tra i quali, Velázquez, Goya, El Greco e, soprattutto, Raffaello che gli ispirò l'Autoritratto con collo raffaellesco. 
Autoritratto con collo raffaellesco 1921


Nel 1922 Dalí si trasferì a Madrid nella Residenza Studentesca, un collegio universitario di stampo progressistaDove poté arricchire la sua formazione intellettuale e lo scambio interdisciplinare con gli altri studenti. Qui fece amicizia con il cineasta Luis Buñuel e il poeta Federico García Lorca. Studiò Belle Arti presso la Reale Accademia di San Fernando la più prestigiosa del Paese.
Il rapporto con García Lorca fu intenso e contrassegnato da tensione sessuale e da contrasti di personalità che sfociò nell'elaborazione di soggetti come la frustrazione amorosa.
Dalí in questo periodo sperimenta tecniche ed idee di diverse correnti, servendosi del cubismo, del futurismo, dalla pittura metafisica e da un tocco di ... neoclassicismo.
La sua popolarità crebbe nel 1925 quando mostrò il proprio talento all'Esposizione della Società degli Artisti Iberici di Madrid e alla personale di Barcellona presso le Gallerie Dalmau.

Carne di Gallina inaugurale 1928 - Figueres

Nell 1926 Dalí visitò Parigi, frequentò i caffè parigini, punti d'incontro per gli spagnoli che volevano farsi spazio nell'ambiente culturale della città, incontrò Picasso, visitò il Louvre ammirando le opere di Leonardo, Raffaello e Ingres, e si convinse che, una volta rientrato a Madrid si sarebbe trasferito nella capitale francese. Questo chiaramente significava dover abbandonare gli studi alla prestigiosa Accademia e fece in modo di farsi cacciare sfidando l'istituzione. Rifiutò di farsi esaminare da un tribunale che, secondo lui, non era in grado di valutarlo. Tornò però a Figueres sperimentando nuove fasi espressive.
Nel 1927 si avvicinò al surrealismo, movimento artistico e letterario erede del dadaismo che propugnava la validità del mondo dei sogni e degli impulsi. Si ispirò alle opere di Yves Tanguy e Joan Miró ridefinendo il proprio stile. Iniziò a dipingere semipiani delimitati da una linea, caratteristici del pre-surrealismo, e spazi onirici con figure apparentemente prive di vincoli tra loro.
Alla fine degli anni venti il surrealismo conobbe una crisi dovuta all'allontanamento di artisti che vedevano limitata la loro libertà di espressione a causa della vicinanza del capo del movimento, André Breton, con il comunismo. Dalí contribuì successivamente ad innalzare il livello dello stile sia dal punto di vista teorico che nell'iconografia.
Nel 1929 tornò a Parigi per collaborare con Luis Buñuel alla realizzazione del cortometraggio Un chien andalu. Stabilì nuovi contatti grazie a Joan Miró che gli presentò il gallerista belga Camille Goemans, il quale a sua volta gli presentò René Magritte e il poeta surrealista Paul Éluard, le cui idee affascinarono totalmente Dalí.

Partendo dalle teorie di Sigmund Freud sull'interpretazione dei sogni, il pittore dedicò scene prodotte da allucinazioni basato sulla sistematizzazione delle idee e delle immagini più intime.
Il gioco lugubre 1929
Il gioco lugubre

Il gioco lugubre fu il primo quadro realizzato da Salvador Dalí dopo il suo ingresso nel gruppo dei surrealisti, questa tela provocò sconcerto e disapprovazione da parte degli altri componenti. Il quadro anticipa molti elementi stilistici comuni alla produzione successiva di Dalí, soprattutto la sommatoria di elementi deformati in spazi costruiti in ardite prospettive.La tela, ispirata da una forte credenza nelle teorie freudiane, raffigura in modo inquietante simboli relativi alle fobie infantili, ai sensi di colpa e in particolare alla masturbazione. Al centro la grande testa con una enorme cavalletta posata ove dovrebbero trovarsi le labbra; sopra e sotto di essa fluttuano sogni e ricordi rimossi, tra cui si nota un'enorme presenza di elementi sessuali. A sinistra, su un piedistallo, vi è una statua la cui enorme mano è un'allegoria dell'autoerotismo, mentre il senso di vergogna che accompagna tale pratica è esplicitato in essa nel gesto di coprirsi il viso. Ma la figura più angosciante all'interno del quadro è l'uomo in basso a destra: con le sue mutande macchiate di escrementi, l'espressione perversa del volto e uno straccio insaguinato in mano (simbolo dell'evirazione) sconvolse perfino gli altri aderenti al Surrealismo.(Prof. Grilletto)

Dalí si servì di immagini simboliche come la testa dormiente, la locusta, le formiche, i leoni e le pietre, che appariranno spesso nelle sue opere.
L'estate del 1929 a Cadaqués ricevette la visita di Goemans con Buñuel, i coniugi Magritte e Paul Éluard con la moglie Gala. Nata nel 1894 a Kazan (Russia) con il nome di Elena Ivanovna Diakonova, Gala spiccava con la sua personalità seducente che ne aveva fatto la musa dei principali artisti surrealisti. Subirono il fascino reciproco e iniziarono una relazione amorosa con l'approvazione di Éluard. Sotto l'influsso di Gala che lo aiutò a disinibirsi, l'artista iniziò a dipingere Il grande masturbatore


Il grande masturbatore 1929 - Madrid



Un autoritratto geniale. Dalla psicanalisi alla fellatio, dall’ossessione per le forme molli, alle rocce tipiche dei dintorni di Cadaqués. E poi cavallette, simboli fallici, note autobiografiche e citazioni colte, da Bosch ai Preraffaelliti. Su tutto un’immensa capacità tecnica e visionaria…(Sonia Gallesio) 

La prima mostra di Dalí a Parigi è un successo. Di questo periodo è anche la rottura dei rapporti con la famiglia, oltre alla disapprovazione del legame con Gala, le tensioni sfociarono nella rottura quando il padre lesse su un quotidiano di Barcellona che a Parigi il figlio aveva esposto un disegno del Sacro Cuore con la scritta "A volte, sputo per piacere sul ritratto di mia madre". Indignato, il padre pretese la smentita pubblica, Dalí rifiutò, forse per timore di essere allontanato dai surrealisti, e il 28 dicembre 1929 fu cacciato a forza dalla casa paterna e diseredato. In seguito Dalí sostenne che, in risposta, mise in mano al padre un preservativo contenente il suo sperma dicendogli "Tieni. Ora non ti devo più nulla!".

Acquistò nel 1930 una casa a Portlligat, un piccolo paese situato a Cap de Creus, fonte di inesauribile ispirazione.
La persistenza della memoria 1931 - MOMA NY

Proprio nel paesaggio di Portlligat ambienta La persistenza della memoria, un'opera dove esprime l'ansia dell'essere umano di controllare il tempo.Dalí diede una spiegazione di come elaborò la forma degli orologi molli. L’artista si trovò ad osservare una fetta di formaggio Camembert che si stava sciogliendo al sole.
Degli anni '30 elaborò un sistema di lavoro che battezzò paranoico-critico ispirato agli studi psicoanalitici di Jacques Lacan. Con questa volle ribadire il valore dell'interpretazione della realtà in funzione delle osservazioni personali.
Una delle formule chiave del procedimento consisteva nell'elaborazione di immagini doppie o multiple, capaci di liberare l'immaginazione degli spettatori e di lasciare quindi spazio a diverse interpretazioni. La distorsione ottica delle figure fu un altro strumento di cui il pittore si servì per materializzare il suo metodo.
L'uso del metodo paranoico-critico sfociò nella comparsa di immagini ricorrenti. Il pane, considerato l'alimento basico dell'uomo e simbolo della vita vincolato alla tradizione religiosa, era una metafora del desiderio sessuale, dato che assumeva forme falliche, mentre le uova sono state interpretate come un'allusione alla fecondazione o al ritorno nell'utero materno. Le bistecche costituivano invece una rappresentazione dell'erotismo della fantasia di divorare la persona amata.
Segue un periodo in cui Dalí si concentrò intorno a L'Angelus di Millet che, come lui affermò, quest'opera lo riportava all'infanzia e rappresentava le sue paure più profonde. Secondo DalÍ conteneva allusioni occulte all'angoscia edipica.


Nel Febbraio del '34 si creano tensioni con Breton a causa di un quadro presentato al Salon des Indépendents, L'enigma di Guglielmo Tell, nell'opera appare un forma anatomica sporporzionata con il volto di Lenin. Breton indì una riunione d'urgenza per l'espulsione di Dalí dai surrealisti. Egli si presentò con diversi maglioni di lana e un termometro in bocca, trasformando il processo in uno spettacolo esilarante. Ottenne l'assoluzione dai suoi compagni e indirettamente la propria indipendenza intellettuale.
A novembre sbarcò a New York, ci fu una mostra organizzata da Julien Levy con più di una ventina di quadri e fu un successo. Consapevole delle opportunità commerciali offerte dagli Stati Uniti, Dalì diede ampio sfoggio della sua stravaganza per attirare l'attenzione del pubblico. In una festa di commiato gli invitati erano tenuti a presentarsi mascherati: dovevano rappresentare il sogno preferito. Dalí fece la comparsa con la testa bendata e una teca sul petto che conteneva un reggiseno in omaggio all'organizzatrice dell'evento, Caresse Crosby, inventrice del suddetto capo di abbigliamento femminile.
Allo scoppio della guerra civile, nel 1936, Dalí si trovava a Londra per un esposizione surrealista, in attesa dello sviluppo degli avvenimenti, il pittore si trasferì a Parigi.
L'assassinio di García Lorca a Granada da parte dei fascisti fu un colpo molto duro per l'artista che decise di rifugiarsi nel lavoro e mostrare un'apparente neutralità politica.
A questo periodo appartiene Costruzione molle con fagioli bolliti, simbolo della lotta fratricida, in cui contrappose la luminosità del paesaggio mediterraneo alla crudezza di un essere mostruoso formato da diverse parti di un corpo umano che strangola e calpesta se stesso, un'autodistruzione.

Il pittore poteva contare sull'appoggio economico di Edward James, un mecenate britannico, che gli consentì di dedicarsi interamente alla creazione delle sue opere. Grazie alla sua conoscenza della psicoanalisi creò nuovi simboli. I cassetti aperti furono uno dei suoi contributi più efficaci: inseriti nel corpo femminile, fungevano da metafora dei segreti che non osiamo raccontare di noi stessi e che possono venire alla luce solo grazie alla terapia.

Teatro Museo Dalí Figueres


Oltre che a rinnovare l'iconografia, Dalí continuò sviluppare il metodo paranoico-critico. Il frutto più ambizioso di questo metodo fu la Metamorfosi di Narciso. Sperimentò l'uso delle immagini doppie per rappresentare diversi concetti, il dramma umano dell'amore, l'ambiguità sessuale, la trasformazione nella morte e l'influsso di Gala. Ebbe modo di presentare l'opera a Freud, il quale in una lettera gli scrisse: Non è l’inconscio che cerco nei suoi quadri, ma il conscio. […] Il suo mistero si manifesta apertamente. L’immagine è solo un meccanismo per rivelarlo. 


Metamorfosi di Narciso 1937
Il tramonto è scelto da Dalí: la fine di una giornata e la fine di una vita a sedurre e sedursi. Narciso è avvolto dall’impossibilità che lo consuma sulla sponda del lago, il volto nascosto, la testa su un ginocchio, i riccioli biondi legati in una coda mossa dal vento e, di fianco, il suo doppio: la metamorfosi. Il nuovo Narciso è un fiore nato da un uovo tenuto da una mano pietrificata come un fossile. Dall’amore per se stessi, passando per la morte, nasce il vero amore. (Maria Pia Masella)

Cigni che riflettono elefanti 1937

 Nel 1939 Dalí venne espulso dal movimento surrealista, accusato da Breton di voler lusingare i potenziali mecenati. Inoltre L'espulsione fu dovuta anche a L'enigma di Hitler, dove si servì di un telefono per esprimere la mancanza di comunicazione e l'angoscia dei paesi europei di fronte all'avanzata del nazismo.

L'enigma di Hitler 1939


Allo scoppio della seconda guerra mondiale il pittore poteva contare su risorse economiche sufficienti a garantirsi la propria tranquillità.
Nell'agosto del 1940 Dalí e Gala si trasferiscono negli Stati Uniti dalla loro amica e mecenate Caresse Crosby, qui si dedica alla sua autobiografia La vita segreta di Salvador Dalí pensata per esaltare i suoi successi ed il suo personaggio.
Dopo il 1941 ci fu, per lui, un ritorno al classicismo e alla preoccupazione per la forma anche se le opere mostravano sempre immagini irrazionali. Nello stesso anno ci fu a New York un'esposizione antologica di Dalí e Miró, il successo permise di replicare in altre otto citta.
Dal 1943 Dalí potè contare sull'appoggio dei coniugi Reynold ed Eleonor Morse. Inoltre nel difficile periodo post guerra, realizzò numerosi ritratti di società , illustrò riviste, libri e campagne pubblicitarie.

Anticipò il sorgere della pop-art introducendo una bottiglia di Coca-Cola nella composizione.

Poesia d'America - Gli atleti cosmici 1943 - Figueres

Stimolato dal successo dell'autobiografia, pubblicata nel '43, Dalí cominciò a scrivere il romanzo Volti nascosti. Ispirato da Balzac e Stendhal, il libro fu un ulteriore passo verso l'essere considerato un artista totale. Creò il ballettoTristano pazzo (definito paranoico), e collaborò con Hitchcock nel film Spellbound. I dipinti nel frattempo spaziavano da composizioni oniriche ad oli realisti.


Fondale per il balletto Labirinto 1941 - Figueres

Il cestino di pane 1945 - Figueres

Nel 1946 lavorò con Walt Disney alla produzione di un cortometraggio intitolato Destino.

Oltre a realizzare anche illustrazioni per il Macbeth di Shakespeare e il Don Chisciotte della Mancia di Miguel Cervantes, cercò di riavvinarsi al cinema partecipando a un concorso bandito per il film Bel AmiDalí partecipò con La tentazione di Sant'Antonio, un'opera che conteneva le sue nuove icone, gli elefanti dalle lunghe zampe, portatori di oggetti simbolici come il misticismo, la leggerezza e l'assenza di gravità.


La tentazione di Sant'Antonio


Nel 1948 Dalí riprese la sua carriera di scrittore con la pubblicazione di 50 segreti magici per dipingere . Il libro includeva consigli di ogni genere per chi desiderava seguire i passi dell'artista. In questo libro il pittore faceva riferimenti alla monarchia assoluta oltre all'esigenza di trovare la fede. Fu così che, riavvicinatosi alla dittatura spagnola, poté rientrare in Spagna. 

Leda atomica 1949 - Figueres

Nel 1949 inaugurò la tappa mistico-nucleare con La Madonna di Portlligat , rimandando al quadro Leda Atomica, l'olio rappresentava Maria Vergine con il volto di Gala che galleggia nello spazio, in una rielaborazione in stile rinascimentale dell'universo subatomico.
La singolare Madonna ottenne l'approvazione di Pio XII durante un incontro svoltosi a Roma. Il pittore, quindi, continuò la fase dell'iconografia cristiana e del sentimento religioso.
Produsse capolavori quali Cristo San Giovanni della Croce, in cui si servì della prospettiva e del chiaroscuro barocco.
Teatro Museo Dalí Figueres

Nello stesso anno si dedicò all'arte orafa. L'italiano Fulco di Verdura, lo aiutò a realizzare magnifici articoli di oreficeria. L'artista disegnava i pezzi con la maggior precisione possibile, specificando le forme e i colori che dovevano essere usati. Dalí sceglieva anche i materiali, basandosi sugli aspetti simbolici dei metalli nobili. Secondo Dalí le opere erano oggetti di pura bellezza, concepiti per elevare l'anima e stimolare l'immaginazione degli osservatori. 

L'ascensione di Santa Cecilia 1955 - Figueres

All'inizio degli anni '50, Dalí tenne una conferenza dove predisse un futuro di splendori per l'arte religiosa. Le idee esposte furono utilizzate per il Manifesto mistico, un testo pubblicato nel 1951 dove proclamava la decadenza dell'arte contemporanea e sulla necessità di adottare la cosiddetta mistica paranoico-critica, una pittura basata sulla interiorizzazione dei progressi scientifici e la ricerca dell'estasi spirituale. Dalí trasferì questo approccio ne L'ascensione di Santa Cecilia e Galatea delle sfere in cui creò immagini dall'aspetto tridimensionale ispirandosi alle teorie della disintegrazione dell'atomo.
Gli studi sull'organizzazione della materia sfociarono nell'apparizione di una figura ossessiva: il corno del rinoceronte. Secondo l'artista questa immagine era sotto forma logaritmica perfetta a partire dalla quale si strutturano tutti gli elementi. Inoltre in un testo poetico (i Canti di Maldoror scritto dal conte di Lautéamont) Dio si trasforma proprio nel rinoceronte.


Le corna del rinoceronte iniziarono a insinuarsi in diverse opere.
Nel 1953 in seguito alla pubblicazione della struttura del DNA, il pittore sentì una forte attrazione per le molecole. Secondo Dalì il DNA era la prova ultima dell'esistenza di Dio.
Con questa visione il linguaggio molecolare si inserì perfettamente all'interno della visione mistica paranoico-critica.
Alla fine degli anni '50 lavorò ad una serie di opere di dimensioni monumentali contraddistinte dall'uso di grandi panoramiche e un'attenzione ossessiva per i particolari. L'artista voleva rendere omaggio alla pittura francese del XIX secolo.
La svolta fu accolta con ostilità dalla critica, tuttavia non si lasciò scoraggiare.

L'8 agosto 1958 Dalí e Gala contrassero matrimonio religioso. Con questo gesto il pittore volle esprimere l'affetto per colei che fu moglie, musa, rappresentante artistica e amministratrice. Sempre idealizzata la figura di Gala appare in gran parte tra gli anni '60 e '70. In questo periodo realizzò Gala nuda di spalle. La schiena di Gala appare anche al centro di Gala nuda che guarda il mare e a 18 metri appare il presidente Lincoln, introducendo i concetti della cibernetica che gli consentirono di creare un'illusione ottica.



Gala nuda di spalle 1960 - Figueres

Gala nuda che guarda il mare e a 18 metri
appare il presidente Lincoln 1975 - Figueres.
Osservate l'immagine da vicino e da lontano!

Dagli anni '70 Dalí ridusse la sua attività pittorica ma non rinunciò a nuove avventure. Cominciò a studiare la stereoscopia, una tecnica che permetteva di creare un effetto in rilievo usando due quadri quasi identici e un sistema di specchi.



Dalì  di spalle che dipinge Gala di spalle eternizzata
da sei cornee virtuali provvisoriamente riflesse
in sei veri specchi 1972 Figueres


Teatro Museo Dalí Figueres






















Usò questo metodo anche per produrre opere olografe sfruttando il laser per creare immagini tridimensionali. Secondo Dalí l'uso della terza dimensione non mirava solo a trasmettere la profondità ma ad accedere all'immortalità. Parallelamente ai suoi esperimenti ottici, promosse la creazione del Teatro-Museo Dalí di Figueres, sua città natale.

Una crisi economica e di coppia segnò la crisi di Dalì (Gala tra i suoi numerosi amanti aveva sperperato più di un milione di dollari e regalato opere importanti di Dalì a Jeff Fenholt, vocalist di Jesus Christ Superstar). Il periodo peggiore ha inizio a partire dal 1974 quando l'artista viene implicato nello scandalo di 40000 fogli in bianco che recano la sua firma.
Il 28 settembre del1974 il Teatro-Museo di Dalí apre al pubblico (giorno in cui è nato mio fratello!)
Tra le altre opere, evidenziate sopra, nel museo vi si trovano: il sofà a forma di labbra di Mae West, il sarcofago con i circuiti elettronici, il letto di Napoleone III.
Dopo tumultuosi eventi di coppia, Gala, ormai ultrasettantenne, confessò la vera ragione del ricovero in ospedale che poi l’avrebbe condotta alla morte.

Sarebbe stato Dalí a procurarle la fatale frattura al bacino, dopo averla malmenata e gettata a terra. Questa versione dei fatti confermerebbe la tumultuosa natura del loro legame, conclusosi con un ulteriore colpo di scena. Consapevole del desiderio della moglie di essere sepolta nel loro castello a Girona, Dalí commissionò il trafugamento del suo cadavere alla volta del maniero spagnolo. L’artista assoldò inoltre un’equipe di medici per fare imbalsamare Gala che, vestita con il suo abito Dior preferito, è stata sepolta nella cripta del castello.Gala muore il 10 giugno 1982. La collezione di quadri che Salvador le aveva regalato, per volontà di lei, rientrarono al Teatro-Museo di Figueres.


Teatro Museo Dalí - Figueres
Le sue ultime opere saranno ispirate soprattutto ai pittori italiani, in particolare a Michelangelo e a Raffaello.Dalí Morirà a Figueres il 23 gennaio del 1989 a 84 anni. E' sepolto nel Teatro Museo.


Teatro Museo Dalí - Figueres


Figueres (Piazza)


Mostra in corso Carrières de Lumières

venerdì 8 maggio 2020

NERONE, INCENDIO DI ROMA, DOMUS AUREA



Ricostruzione Domus Aurea

Vorrei spiegare il particolare inizio di questa lettura.😅
Tenendo in considerazione le teorie psicoanalitiche, emerse durante la stesura della storia, ho pensato di non condannare Nerone, non essendo presente ai suoi tempi, per fortuna, ma di concedergli un'attenuante per la sua particolare personalità. Una sorta di riabilitazione per un folle sognatore.
Ma addentriamoci subito nella storia... 
C'era una volta...
Agrippina Minore, madre di Nerone, poteva vantare, come nessun altra, le sue origini Imperiali. 
Sua nonna Giulia era la figlia di Augusto (Imperatore) e di Marco Vipsanio Agrippa, suo fratello era Caligola (altro Imperatore). Fu sposa di Lucio Tiberio Enobarbo, padre di Nerone, e alla sua morte sposa dello zio Claudio (altro Imperatore).



Albero Genealogico di Nerone

Agrippina riuscì ad ottenere da Claudio la revoca dell'esilio di Seneca, allo scopo di insignirlo come precettore di Nerone. 
Nerone visse per un periodo con la zia Domizia Lepida, dalla quale avrebbe imparato l'amore per lo spettacolo e per la danza (il periodo in cui Agrippina era in esilio a causa della congiura contro Caligola). Fu costretto, suo malgrado, a testimoniare contro di lei a causa della gelosia della madre, la quale fece condannare a morte la sorella dall'Imperatore Claudio. Egli fu inoltre obbligato a fidanzarsi con Ottavia, figlia di Claudio, ancor giovane.
In questo modo Agrippina era riuscita a indirizzare Nerone verso la successione dell'Impero.
Infatti fu adottato ufficialmente da Claudio, il quale morì nel 54 a causa di un avvelenamento da funghi (probabilmente orchestrato da Agrippina).
Nerone così diventa Imperatore a soli 17 anni, sotto la tutela di Agrippina, la quale voleva che egli regnasse ma non che governasse, e del filosofo Seneca, il quale cerca di indirizzarlo sulla via della clemenza.
Due adulti sicuramente ingombranti che gli propongono modelli contrastanti, Da questo tutorato morale, culturale e politico, Nerone ne uscirà molto provato. Certamente si deve anche a questo il fatto che egli sarebbe rimasto per sempre un adolescente nevrotico, turbato e nevrastenico.
Il primo quinquennio del regno di Nerone viene considerato "buono" in quanto si mostra, come Principe clemente, verso i senatori. Successivamente Nerone si libera di questa tutela e comincia a governare a modo suo. Uccide dapprima la madre Agrippina (una sorta di legittima difesa per evitare di essere ucciso a sua volta) e successivamente la moglie Ottavia, il prototipo della brava ragazza e della buona matrona romana che Nerone odia perchè è molto lontana da lui e gli è stata imposta come fidanzata da ragazzo. La carriera criminale di Nerone si intreccia con quella smagliante di poeta e cantante. Si presenta al popolo come un poeta che porta agli uomini, suonando la cetra, il gusto dell’arte e le consolazioni della bella musica. Un nuovo modo di fare politica a cui gli ambienti tradizionalisti non sono preparati ma che il popolo capisce subito.
La città di Roma all’epoca aveva circa un milione di abitanti, concentrati in una zona che oggi ne conta trecentomila. Una cifra enorme considerando che la maggior parte delle città dell’Impero ne avevano da mille a cinquemila. Una città chiassosa e disordinata, cresciuta in fretta perchè c’erano stati ingenti ondate di immigrazione. Esistevano delle regole edilizie che aveva voluto Augusto. Egli stabilì che gli edifici non superassero i 4 o 5 piani, ma anche all’epoca si aggiravano le norme, quindi molti edifici vennero costruiti in legno, con materiali scadenti, e spesso crollavano o bruciavano. Bruciavano perchè all’epoca si utilizzavano lampade ad olio e non c’era acqua corrente. Augusto aveva anche organizzato un corpo dei Vigili del Fuoco, però i mezzi tecnici che avevano all’epoca, permettevano appena di distruggere l’area intorno alle case per evitare che l’incendio propagasse, ma non avevano le possibilità tecniche significative per estinguere il fuoco.

Questa era la situazione al 18 luglio dell'anno 64, giorno in cui scoppiò il devastante incendio:
Descrizione di Tacito 
L’incendio iniziò dal Circo Massimo per estendersi verso i colli Palatino e Celio, dove le botteghe piene di merci infiammabili, subito divampò, alimentato dal vento. Non c'erano palazzi con recinti e protezioni o templi circondati da muri o altro che facesse da ostacolo. L'incendio invase, con tutta la sua furia, dapprima il piano, poi risalì sulle alture per scendere ancora verso il basso, superando, nella devastazione, qualsiasi soccorso, per la fulmineità del flagello e perché vi si prestavano la città e i vicoli stretti e tortuosi e l'esistenza di enormi isolati, di cui era fatta la vecchia Roma. 
Nel racconto di Tacito si fa riferimento anche ad alcune persone che appiccavano apertamente il fuoco, le quali potevano essere sia rapinatori che esecutori di un eventuale ordine di Nerone.
Nerone, che nel frattempo era ad Anzio, tornò alla sua residenza sul Palatino nella Domus Transitoria, soltanto quando seppe che il fuoco si stesse avvicinando. Fece comunque in modo che il popolo rimasto si potesse riparare, e potesse essere rifornito dei beni di prima necessità. 
Questo non bastò a conquistare il popolo in quanto circolò la voce che, mentre Roma era alle fiamme, egli cantò la caduta di Troia raffigurando nell’antica sciagura quella attuale. Dopo il sesto giorno il fuoco sembrò domato, ma divampò di nuovo, e dato che partì dai giardini di proprietà di Tigellino si ebbe la sensazione che Nerone ne approfittò per costruire una nuova città. Di quattordici quartieri ne rimasero quattro. Bruciarono: il Tempio di Servio Tullio dedicato alla Luna, la grande ara e il tempietto consacrato ad Ercole, il tempio votato a Giove Statore da Romolo, la reggia di Numa e il Tempio di Vesta con tutte le divinità del popolo romano, poi, tutte le ricchezze accumulate con tante vittorie, capolavori dell'arte greca e i testi antichi e originali dei grandi nomi della letteratura.


Incendio di Roma
RAI Storia - Incendio di Roma


Nerone, quindi, ne approfittò per costruirsi un palazzo dove destassero meraviglia le pietre preziose, l’oro e soprattutto prati, laghetti, boschi, distese apriche e vedute panoramiche, il tutto opera di due architetti, Severo e Celere, che avevano avuto l'audacia intellettuale di
creare con l'artificio ciò che la natura aveva negato, sperperando le risorse del principe.  Sulle aree della città che restavano libere dopo la costruzione della Domus Aurea, si costruì la nuova città aumentando l’ampiezza delle strade, ponendo nuovi limiti all’altezza degli edifici con cortili e portici per proteggere le facciate degli isolati. Incentivò la ricostruzione aumentando le disponibilità economiche di ciascuno e l’utilizzo di pietre provenienti da Gabi o Albano perchè refrattarie al fuoco. Dispose anche l’utilizzo pubblico dell’acqua e che gli edifici non avessero pareti in comune. Destinò le macerie ad Ostia tramite le navi che risalivano il Tevere facendole tornare cariche di frumento. Tuttò ciò, però, non bastò a deviare i sospetti su di lui, perciò fece ricadere la colpa sui cristiani e iniziarono le persecuzioni.

DOMUS AUREA
L’imperatore Nerone dopo il devastante incendio del 64 d.C., che distrusse gran parte di Roma, iniziò la costruzione di una nuova residenza, la  Domus Aurea.
Progettata dagli architetti Severus e Celer e decorata dal pittore Fabullus, la reggia era costituita da una serie di edifici separati da giardini, boschi e vigne e da un lago artificiale, situato nella valle dove oggi sorge il Colosseo. I nuclei principali del palazzo si trovavano sul Palatino e sul colle Oppio ed erano celebri per la sontuosa decorazione in cui a stucchi, pitture e marmi colorati si aggiungevano rivestimenti in oro e pietre preziose. L’enorme complesso comprendeva, tra l’altro, bagni con acqua normale e sulfurea, diverse sale per banchetti, tra cui la famosa coenatio rotunda, che ruotava su se stessa, e un enorme vestibolo che ospitava la statua colossale dell’imperatore nelle vesti del dio Sole.
Dopo la morte di Nerone i suoi successori vollero cancellare ogni traccia venne riempita di terra fino alle volte per essere utilizzata come sostruzione per altri edifici.
Le parti oggi visitabili sono quelle sul colle Oppio: ambienti probabilmente destinati a feste e banchetti che furono interrati rimanendo sconosciuti sino al Rinascimento. Solo allora, dopo alcuni ritrovamenti fortuiti, artisti appassionati di antichità come Pinturicchio, Ghirlandaio, Raffaello e Giulio Romano iniziarono a calarsi dall’alto in quelle “grotte sotterranee”, per copiare i motivi decorativi che esse conservavano e che, proprio dalla loro collocazione, presero il nome di “grottesche”. Ancor oggi il termine di “pittura a grottesche” è utilizzato per indicare un genere, diffuso soprattutto nel XVI secolo, che riprende, rielaborandoli e reinterpretandoli in maniera ludica e fantasiosa, i motivi della decorazione parietale romana.

Interessante è la descrizione della Domus Aurea che Svetonio ci tramanda nelle “Vite dei Cesari” (“De vita duodecim caesarum”); lui che fu così caustico nel giudicare Nerone, al punto da determinare i luoghi comuni con cui viene ricordato, sembra comunque inchinarsi davanti alla magnificenza creativa dell’opera.
“Però non vi fu nulla in cui sia stato tanto prodigo quanto nell'edificare.
Fatta costruire per sé una casa che dal Palatino andava fino all'Esquilino, dapprima la chiamò «transitoria», poi, quando un incendio la distrusse, la fece ricostruire e la chiamò «aurea».
Per dare un'idea della estensione e dalla sua magnificenza, basterà ricordare i seguenti dati. C'era un vestibolo in cui era stato eretto un colosso a sua sembianza, alto centoventi piedi. Era tanto vasta, che nel proprio interno aveva dei porticati a triplo ordine di colonne, per la lunghezza di mille passi, e uno stagno che sembrava un mare, circondato da edifici che formavano come delle città.
Per di più, nell'interno vi erano campagne ricche di campi, vigneti, pascoli e boschi, con moltissimi animali domestici e selvatici di ogni specie. Nel resto della costruzione, ogni cosa era ricoperta d'oro e abbellita con gemme e madreperla.
Il soffitto dei saloni per i banchetti era a tasselli di avorio mobili e perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. Il principale di questi saloni era rotondo e girava su se stesso tutto il giorno, continuamente, come la terra.
Nelle sale da bagno scorrevano acque marine e acque di Albula, e quando alla fine dei lavori, Nerone inaugurò un palazzo di tal fatta, lo approvò soltanto con queste parole: «Finalmente comincerò ad abitare come un uomo!»”.


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Documentario Domus Aurea


Domus Aurea - Interni

Domus Aurea - Esterni