mercoledì 15 luglio 2020

FONTANA DI TREVI






Fontana di Trevi

Credo che la bellezza di Fontana di Trevi sia riconosciuta in tutto il mondo. Le foto dei turisti e le leggende tramandate, ne hanno fatto una mèta ambita da chiunque arrivi a Roma. Come se ciò non bastasse ad alimentare il desiderio di ammirarla dal vivo, un capolavoro di Federico Fellini, "La dolce vita", ne ha definitivamente consacrato la notorietà in tutto il mondo. La scena in cui Marcello Mastroianni si addentra nella fontana e avvicina Anita Ekberg, racchiudendo desiderio, passione, trasgressione e romanticismo al tempo stesso, ci coinvolge prepotentemente. 

Shelley, il poeta inglese, diceva che "bastavano le fontane a giustificare un viaggio a Roma".

In effetti quando siamo di fronte a questa monumentale fontana, l'emozione si impossessa di noi e ne restiamo affascinati, ammaliati. Lo scroscio dell'acqua, i colori meravigliosi, e l'ambiente raccolto ci rapiscono.

La fontana si trova nel Rione Trevi e il suo nome probabilmente deriva dal trivio (treio in latino, incrocio) dove sorge. Esistono documentazioni grafiche del 1410 dove già appariva la "fontana" denominata "del Treio".

LA STORIA:

Ai tempi dell'Imperatore Augusto, nell'anno 19 a.c., Marco Vipsanio Agrippa suo genero e architetto, fece costruire l'acquedotto dell'Aqua Virgo per alimentare le terme pubbliche romane e rifornire acqua alla città. L'acquedotto è attivo da più di duemila anni ed è lungo venti chilometri sotterranei, durante l’epoca dell’impero arrivò ad avere una portata di 100.000 metri cubi al giorno. E' il più antico di Roma ed è uno dei due acquedotti ancora attivi, inoltre è l’unico in funzione fin dall’età imperiale!

Il nome dell'acquedotto si deve ad una leggenda secondo cui i soldati di Agrippa, assetati, vennero guidati alla sorgente di acqua da una giovane fanciulla, una vergine.

L'acquedotto ha origine sull'antica via Collatina, nella tenuta Salone, che si trova fra le strade di Tivoli e di Palestrina, e giunge nella città per un condotto sotterraneo, restaurato da Claudio e da Traiano, e ha la lunghezza di quattordici miglia. L'acquedotto passa nelle vicinanze del ponte Nomentano, attraversa le vie Nomentana e Salaria, e, dopo aver percorso la villa Borghese, giunge ai piedi della Trinità dei Monti, dove si divide in due rami, di cui l'uno passa per la via Condotti e l'altro sbocca nella Fontana di Trevi. L'acquedotto oggi fornisce acqua anche alla fontana della Barcaccia, alla Fontana dei Quattro Fiumi e alla Fontana del Nicchione.

Inizialmente il luogo dove sorgeva la fontana di Agrippa era solamente la parte mediana del percorso dell'acqua. Vi erano tre vasche di raccolta con tre diverse bocche.

L'acquedotto venne compromesso dai danni provocati dall'assedio dei Goti di Vitige nel 537 ma rimase in funzione per tutto il Medioevo con i primi restauri risalenti all'VIII secolo.

Dall'VIII secolo in poi l'acquedotto subì un'interruzione e la "fontana minore" divenne la fontana terminale dell'acquedotto Vergine.

Nel XII secolo venne di nuovo restaurato dal Comune e nell'occasione venne allacciato ad altre fonti più vicine alla città nel 'trivio' che potrebbe essere l'origine del nome dato alla fontana.

Nel Medioevo l'acqua di Trevi era controllata dai "marescalchi" della Curia capitolina, i quali avevano l'onere di verificare, una volta al mese, che nessun privato sfruttasse la fonte ad uso personale. La fonte era protetta da una cancellata per regolare l'afflusso della popolazione e degli "acquaroli" che riempivano i barili di acqua e la rivendevano a domicilio.

Le tre vasche rivolte verso l'attuale piazza dei Crociferi, rimasero così fino al 1453 quando il Papa Niccolò V ne affidò il restauro a Leon Battista Alberti. Le vasche vennero sostituite con un'enorme vasca dove confluivano le acque dalle tre grosse bocche.

La bocca centrale era costituita da un vaso con tre protomi leonine, che gettavano acqua nella vasca sottostante.

Nel 1562 sotto Papa Pio IV l'acquedotto fu ricollegato alla sorgente originaria e il 16 agosto 1570 l'Acqua Vergine tornò a sgorgare dalla fontana con i restauri che avvennero sotto Papa Pio V nel 1570 compiuti da Giacomo della Porta.

Verso il 1640 Papa Urbano VIII (1623-44) ordinò a Gian Lorenzo Bernini di fare in modo che egli potesse mirare un nuovo complesso scenografico dalla residenza pontificia del Palazzo del Quirinale.

Bernini quindi allargò la piazza demolendo alcune casupole e ruotò di novanta gradi l'orientamento della fontana. Urbano VIII diede a Bernini il permesso scritto di demolire 'un monumento antico, di forma rotonda, di circonferenza grandissima e di bellissimo marmo presso S. Sebastiano, detto "Capo di Bove"...' ossia la tomba di Cecilia Metella. Il Papa, inoltre, per questo costosissimo progetto aumentò la tassa sul vino, sgraditissima ai romani.

Nel progetto Bernini oltre alla piazza e alla rotazione della fontana inserì due grandi vasche semicircolari concentriche, al cui centro un piedistallo serviva come base per un gruppo incentrato sulla statua della Vergine Trivia. In questa occasione si persero le tracce della lapide dedicata a Niccolò V.

Il cantiere venne bloccato a causa dell'esaurimento dei fondi, tagliati a causa della guerra che il Papa aveva dichiarato al ducato di Parma e Piacenza e alla ribellione dei romani per la demolizione del mausoleo di Cecilia Metella.

La morte di Urbano VIII, nel 1644, e il seguente processo aperto contro la famiglia Barberini dal nuovo Papa Innocenzo X comportò l'abbandono del progetto berniniano. Inoltre, al Bernini, caduto in disgrazia per essere stato al servizio dei Barberini venne affidato il compito di prolungare l'Acqua Vergine sino a Piazza Navona dove Francesco Borromini avrebbe dovuto realizzare una nuova mostra dinanzi al Palazzo della famiglia del pontefice Pamphili (fu realizzata poi dallo stesso Bernini).

Con Papa Clemente XI tornò il problema della sistemazione della fontana. I progetti di Carlo Fontana (un obelisco su un gruppo di quattro rocce), di Bernardo Castelli (una colonna su base rocciosa con una rampa a spirale) e i disegni di altri architetti non andarono a buon fine ed arrivò il nuovo pontificato di Innocenzo XIII (della famiglia Poli). In questo periodo si evitò di costruire la fontana in quanto i Conti Poli avevano acquistato due edifici dietro la fontana per costruire un palazzo nobiliare e ne avrebbe offuscato una parte.

Il successivo Papa Benedetto XIII preferì, per puro spirito campanilistico (lui era originario di Gravina di Puglia), artisti provenienti dal Mezzogiorno pur presentando progetti scadenti.

Un'opera realizzata in questo periodo fu una statua della Madonna col Bambino di Paolo Benaglia (napoletano) probabilmente destinata al piedistallo del Bernini. Curiosamente ci fu un fraintendimento sull'interpretazione della "Vergine" intesa come Madonna anziché fanciulla come tramandato dalla leggenda.

Anche di questa statua vennero perse le tracce.

Fontana di Trevi nel XVIII secolo divenne un tema obbligato per tutti gli artisti dell'epoca e l'Accademia di san Luca ne fece tema di diversi concorsi. Vi sono stati disegni di Nicola Michetti, Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga e altri.

Fu Papa Clemente XII nel 1731 a bandire un nuovo concorso per la costruzione della grande mostra di acqua.

Vennero scartati alcuni progetti che cercavano di preservare la facciata del palazzo Poli e l'attenzione venne indirizzata ai progetti di Ferdinando Fuga, Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli con disappunto della famiglia Poli la quale vedeva diminuita la facciata del palazzo oltre che vederla coronata dallo stemma araldico dei Corsini, famiglia del nuovo Papa.

Sembra che un concorso fu vinto dallo scultore Lambert-Sigisbert Adam il quale, però, non iniziò mai i lavori. Si dice che Papa non volesse assegnare i lavori ad uno straniero, ma la versione più plausibile vede lo scultore francese costretto a tornare in patria.

Infine Clemente XII affidò i progetti ad una commissione di esperti la quale decretò vincitore il progetto di Nicola Salvi.

FONTANA DI TREVI raccontata da ANTONIO NIBBY e STANISLAO FRASCHETTI 

Nicola Salvi narra la storia dell'Acqua Vergine integrando architettura e scultura com'era nel progetto iniziale di Bernini.

I lavori furono resi possibili grazie alla reintroduzione del gioco del lotto a Roma e vennero finanziati per una cifra iniziale di 17647 scudi (moneta dello Stato Pontificio).

La costruzione iniziò nel 1732, venne inaugurata una prima volta da Clemente XII nel 1735, con i lavori ancora in corso. Vennero interrotti i lavori nel 1740 a causa dei costi, della monumentalità dell'opera e delle liti tra Nicola Salvi e Giovanni Battista Maini, lo scultore incaricato dell'opera.

I lavori ripresero due anni più tardi.

Una seconda inaugurazione avvenne nel 1744 sotto Papa Benedetto XIV (queste inaugurazioni anticipate alla chiusura dei lavori probabilmente avevano come motivo la paura di non vedere l'opera finita o di prendersi il merito della maestosità dell'opera), in realtà la prima fase dei lavori terminò nel 1747 quando furono completate le statue e le rocce. Nicola Salvi e Maini morirono prima di portare a compimento l'opera e Giuseppe Pannini ne ebbe l'incarico. Pannini però venne rimosso a causa delle numerose variazioni da lui apportate al progetto originale.

La Fontana fu ultimata durante il pontificato di Clemente XIII da Pietro Bracci e dal figlio Virginio, incaricati nel 1759 dei lavori scultorei.

Il 22 maggio 1762 l'opera finalmente terminata fu restituita al pubblico con una terza inaugurazione!

Con quasi 49,15 metri di larghezza e 26,3 metri di altezza, la Fontana di Trevi è la fontana più grande di Roma.

IL TEMA:

Il tema centrale dell'intera opera è il perenne cambiamento e movimento delle cose di cui l'acqua ne è il simbolo principale.



L'architettura e la scultura si intrecciano con elementi naturali e simboli rappresentati in ogni dove.

La scalinata poco al di sotto del livello stradale, che circonda la piscina rettangolare con gli angoli arrotondati, venne utilizzata da Nicola Salvi per compensare il dislivello tra il lato più alto verso il colle del Quirinale e l'altro.


Inserì inoltre un parapetto parzialmente coperto da rocce su una delle quali è scolpito uno stemma cardinalizio raffigurante un leone rampante.


La fontana è addossata a Palazzo Poli, nel centro vediamo come un arco di trionfo formato da colonne corinzie nella cui nicchia centrale vi è posta la statua di Nettuno (Oceano), muscoloso, fiero e imponente, coperta sopra il bacino da un drappo in movimento. 


Nettuno è scolpito mentre incede su un cocchio a forma di conchiglia trainato da due cavalli, il cavallo agitato (mare burrascoso) e il cavallo placido (mare calmo).



Nelle nicchie laterali vi si trovano la statua della Dea Salus (Igea) 

Salus

con una coppa che disseta un serpente (a sx di Oceano) e la statua di Abundantia con il corno pieno di frutti e monete.

Abundantia

La statua centrale di Nettuno è opera di Pietro Bracci (su progetto iniziale di Giovanni Battista Maini) mentre le due laterali sono di Filippo della Valle.

Sopra le due nicchie vi sono due bassorilievi che rappresentano Agrippa mentre approva la costruzione dell'acquedotto Vergine 

(sopra Abundantia) opera di Giovan Battista Grossi,  


Agrippa ordina la costruzione dell'Acquedotto Vergine


e la 'vergine' che mostra la fonte ai soldati assetati (sopra Salus) opera di Andrea Bergondi.


La vergine indica la sorgente

Sopra il prospetto sorretto dalle colonne corinzie poggiano, in corrispondenza di ogni colonna, quattro statue più piccole: da sinistra a destra, l'Abbondanza della frutta di Agostino Corsini (primavera)la Fertilità dei campi (estate) di Bernardino Ludovisi, la Ricchezza dell'Autunno di Francesco Queirolo e l'Amenità dei giardini (inverno) di Bartolomeo Pincellotti (1735). 

Amenità dei giardini

Abbondanza della frutta
La Fertilità dei campi 

La ricchezza dell'Autunno   

Nel mezzo, tra le due statue centrali, vi è l'iscrizione commemorativa di Clemente XII (apposta prematuramente in quanto l'opera venne terminata nel 1762), sormontata dallo stemma araldico della famiglia Corsini esposta da due statue rappresentanti la Fama di Paolo Benaglia.


La mossa scogliera in travertino è animata da essenze vegetali e animali scolpiti. Vi troviamo una pianta di cappero sulla facciata di Palazzo Poli, un fico selvatico radicato in cima alla balaustrata, un cespuglio di verbasco, un fico d'India, quattro tralci di edera, calte e canne di lago, un tronco di quercia sotto la statua della Salute, un carciofo, una vite con quattro grappoli d'uva, una colocasia che galleggia sull'acqua, un fico, un ciombolino e un gruppo di piante sempreverdi dove termina la scogliera di travertino. 

Edera



Vite

Quercia





Capperi



L'intera composizione è completata da una lumaca che striscia sulla colocasia e da una lucertola che si nasconde in una piccola cavità aperta sulla facciata.

Lumaca

La Fontana è vivificata dallo scorrere copioso dell'acqua che sgorga dalle rocce in diversi punti: sotto il carro di Oceano riempire tre vasche, prima di riversarsi nella piscina più grande.

Le tre vasche vennero aggiunte da Giuseppe Pannini e non erano previste da Nicola Salvi. Altra modifica riguardò i soggetti delle due statue laterali, che rappresentavano inizialmente Agrippa e la «vergine Trivia».

Data l'ampiezza e la complessità dell'opera, molti furono gli scultori e gli artigiani (stagnari, ottonari, argentieri, falegnami, pittori, scalpellini, intagliatori, ecc. ) impegnati nella realizzazione dei vari gruppi statuari: Maini, Pincellotti, Bracci, Della Valle.

Questa straordinaria opera d’arte oggi è tutto ciò che possiamo ammirare. Un'opera in stile tardo barocco realizzato in marmo, stucco, travertino, intonaco e metalli. 

Quando vi inoltrerete nel rione alla ricerca del gioiello, forgiato con l'acqua e la pietra, capirete di essere nei pressi ascoltando lo scroscio intenso e crescente che riempie il luogo... all'improvviso vi troverete nella piazza di Trevi e godrete di uno spettacolo mozzafiato che vi riempirà di emozione!


CURIOSITA':

1) Il lancio delle monetine 

Una delle tradizioni più curiose legate a Fontana di Trevi è quella relativa al lancio delle monetine.

Le origini di questo rito potrebbe derivare dall'antica usanza di gettare nelle fonti sacre oboli o piccoli doni per propiziarsi la divinità locali, come per i pozzi dei desideri.

La tradizione vuole che oltre a portare fortuna, lanciare una monetina di spalle e con gli occhi chiusi nella fontana assicura, secondo la leggenda, il ritorno nella Città Eterna.

Ma c’è un’altra leggenda secondo la quale si devono lanciare tre monete nella fontana: se lanci una moneta nella fontana, tornerai a Roma; lanciandone due, troverai l’amore della tua vita e lanciandone tre, ti sposerai con la persona che ami.

Affinché funzioni, bisogna lanciare le monete con la mano destra al di sopra della spalla sinistra!

L'introduzione del lancio della monetina nella fontana di Trevi è attribuita all'archeologo tedesco Wolfgang Helbig che soggiornò tra il Otto- e Novecento a lungo a Roma. Helbig, che fu un punto di riferimento per la vita mondana tedesca a Roma, si ispirò proprio a questi riti antichi per alleggerire l'addio dei suoi ospiti dalla città eterna.

Questa famosissima leggenda si diffuse in modo particolare dal 1954 con il film “Tre soldi nella fontana di Trevi”, da allora ogni anno si estraggono dalla fontana tantissime monete.

Ma che fine fanno le monetine che si depositano sul fondo della fontana? Sono sempre tanti coloro che tentano di recuperare autonomamente le monete, ma tale pratica è vietata e sanzionata dalla legge. Dal 2006, per decisione del Comune di Roma, tutte le monetine raccolte (una somma pari a circa tremila e ottocento euro al giorno, circa un milione e mezzo di euro l'anno) sono destinate in parte alla Caritas della Città e in parte alla manutenzione del patrimonio culturale della città.


2) La fontanella degli innamorati

Una curiosità molto romantica è legata alla cosiddetta Fontanella degli innamorati. Originariamente nasce, per volere dell’architetto Nicola Salvi, per permettere ai passanti di bere e di dissetarsi nelle giornate di calura (l'acqua di Trevi, che oggi si usa solo per irrigazione e per alimentare le fontane, era considerata tra le migliori di Roma, per non essere calcarea). I getti d’acqua che escono da questa fontanella hanno un curioso effetto. Si tratta, infatti, di due getti d’acqua distinti che però, prima di immergersi nella vasca, si sfiorano e si incrociano. Da qui è nata la leggenda per cui, bevendo quest’acqua, l’amore celebrato dagli innamorati sarebbe durato in eterno. Per questo motivo si diffuse la pratica, soprattutto per i ragazzi che partivano per il servizio militare, di bere da un bicchiere di vetro nuovo (portato dalla ragazza) per poi romperlo, in modo da suggellare l’amore in modo tale che il ragazzo sarebbe rimasto fedele sia alla sua fidanzata che alla città di Roma.




3) Le performances inaspettate

La fontana è stata palcoscenico di performances di protesta di vari artisti: Graziano Cecchini nel 2017 si introdusse nel vascone centrale della Fontana di Trevi con una tanica piena di colorante rosso e ne riversò dentro una piccola quantità prima di essere fermato dalla polizia. Dieci anni prima, nel 2007, sempre Cecchini colorò di rosso l’acqua del monumento, definendo il suo gesto un’opera d’arte e non un atto vandalico: “in 10 anni poche cose sono cambiate, molte delle quali in peggio. Roma è sempre stata lo specchio del Paese e oggi è spenta, addormentata in mezzo alla sua sporcizia e alla sua corruzione. A 10 anni di distanza ripeto la mia performance per tentare di scuotere gli animi. La Fontana di Trevi rossa è un grido per dire che Roma non è morta, è viva ed è pronta ad essere la Capitale dell’arte, della vita, della rinascita”.

Altro performer finito su tutti i giornali è l’artista spagnolo Adrián Pino Olivera: nell’aprile del 2017 entra nudo nella fontana mettendo in relazione la sua nudità con la sacralità dell’arte. Adrián dice: “La società contemporanea occidentale limita la nostra libertà, ci spinge a ragionare entro schemi precostituiti. Bisogna liberarsi da questa maschera, presentarsi nudi al mondo: questa è la chiave della vera felicità.” 


CINEMA

Il mondo del cinema non poteva restare indifferente di fronte alla magnificenza, simbolo universalmente noto della città di Roma, al pari di altri monumenti altrettanto famosi.

Questi i film di cui la fontana fu protagonista:

'Tre soldi nella fontana' , del 1954, diretto da Jean Negulesco.

'Ladolce vita' di Federico Fellini, del 1960.

'Risate di gioia' (1960) di Mario Monicelli.

'Totòtruffa 62' del 1961.

'Fontanadi Trevi' di Carlo Campogalliani, del 1964.


Musica

Non poteva mancare l'ispirazione per la musica:

Ottorino Respighi nel poema sinfonico 'Le fontane di Roma' presenta un'impressione poetica intitolata 'La fontana di Trevi al meriggio'. Un sonoro e pomposo trionfo di Nettuno circondato da altre divinità marine.


La fontana oggi (fonte Wikipedia)

Negli ultimi anni sono stati diversi gli episodi che hanno riportato questo monumento all’attenzione mediatica.


Nel 1998 è stato ripulito il fondo della fontana ed è stato ammodernato lìimpianto idraulico.

Nel 2014 c'è stato un importante restauro sponsorizzato da Fendi

iniziato il 4 giugno e durato diciassette mesi, durante i quali la fontana è stata visitabile in parte grazie alla passerella panoramica che ne consentiva l'attraversamento.

I lavori di ripulitura e consolidamento hanno interessato in una prima fase le due facciate laterali del prospetto della fontana, per poi concentrarsi su statue, scogliera della fontana e sulla nuova impermeabilizzazione della vasca, avviando una lunga opera di pulizia del calcare, microsabbiatura, stuccatura, reintegrazione pittorica, consolidamento dei cavalli alati, risistemazione dei sampietrini della piazza e della cortina laterizia, ammodernamento dei lampioni storici, ripulitura delle lettere dorate che compongono la dedica del monumento.

Il rituale del lancio della monetina è stato invece mantenuto con il posizionamento di una piccola vasca, nella quale turisti e cittadini hanno potuto continuare a tirare monete e a esprimere desideri. La cerimonia di riconsegna della fontana di Trevi è avvenuta il 3 novembre 2015, alla presenza di centinaia di persone, con una riapertura delle condotte dell'acquedotto Vergine che hanno riempito la vasca.

Nell'estate del 2019, la fontana è stata sottoposta a lavori di rinnovamento dell'impianto di illuminazione artistica. La nuova illuminazione è stata presentata il 18 settembre 2019 da parte della sindaca Virginia Raggi. L'impianto rinnovato conta 85 proiettori subacquei e 6 proiettori su mensola. La potenza installata complessiva, con tecnologia a LED, è di soli 2,1 kW e riesce a ottenere un risparmio energetico del 70% rispetto alle precedenti lampade a sodio. Il puntamento di alcuni proiettori posizionati sulle conchiglie alle spalle della statua di Oceano ha consentito di mettere in risalto la struttura centrale del monumento, mentre altri proiettori all'interno della vasca e ai piedi della scogliera e della statue laterali rifiniscono i dettagli a lato del corpo centrale.

A differenza delle altre statue di Roma, alla Fontana di Trevi non si avvicinano gli uccelli, che in genere sporcano molto, perché la fonte è elettrificata. Genera piccole scariche elettriche che spaventano gli uccelli ma senza far loro danno. Un’altra differenza rispetto alle altre fontane è che all’acqua viene aggiunta una grande quantità di sale per proteggere il marmo dal calcare contenuto nell’acqua.


Notizie recenti

Probabilmente prossimamente sarà possibile ammirare Fontana di Trevi da una prospettiva esclusiva: ovvero dal balcone di Palazzo Poli (quello sul quale si appoggia la fontana, sede dell'Istituto Nazionale per la Grafica). Esso è situato proprio sopra la fontana e i lavori che si stanno eseguendo (e dovrebbero terminare nel giro di un anno) permetteranno di visitare (e conoscere) il palazzo e di arrivare fino in cima e guardare Fontana di Trevi da un punto mai visto prima. Inoltre, durante le visite alle sale di Palazzo Poli, sarà possibile anche sentire il suono dello scorrere dell’acqua che arriva alla fontana.






martedì 9 giugno 2020

MUSEO CASAL DE' PAZZI (DEPOSITO PLEISTOCENICO)



Pannelli in maioliche artistiche Museo Casal de' Pazzi

Tra le varie "attrazioni" della MIC CARD di Roma c'è anche il Museo di Casal de' Pazzi.
A Roma ci si immerge di storia romana pensando di trovarci nei luoghi più antichi della città... finché non ci si imbatte in questo museo!
Nel 1981 scavando per lavori stradali ci si è trovati di fronte ad un'area di 1200 mq di un deposito Pleistocenico! Dico 200.000 anni fa!
Fortunatamente a differenza di altre zone, che sono state reinterrate, a questa è stata riservata un'area di circa 300 mq da adibirsi a museo, addirittura modificando il piano regolatore.
Qui vi è nato un museo dove potete ammirare il letto antico del Fiume Aniene con i suoi sedimenti risalenti alla Preistoria!
Un ambiente caratterizzato da vulcani, da grandi faune e da uomini cacciatori.
Nel deposito sono esposti i resti di un Elefante le cui zanne raggiungevano i quattro metri di lunghezza,

Zanne di Elefante

Zanna di Elefante



i fossili di rinoceronti, quelli di ippopotami,

Canini di Ippopotamo

uri, cervi, daini, iene, lupi, cavalli, cinghiali ed uccelli acquatici. 
La flora fossile è rappresentata da foglie di Zelkova crenata, che può essere vista dal vivo nel giardino del museo.

Zelkova crenata
Zelkova crenata
















Inoltre all'interno del museo vi è un frammento di cranio umano.


Interessante è anche la ricostruzione virtuale del paesaggio con video proiettata sul deposito e la spiegazione dell'ambiente antico.
Terminati i video potete dedicarvi all'attenta osservazione di alcuni dei reperti esposti relativi alla fauna, alla flora e agli attrezzi che utilizzava l'uomo di quei tempi.
Vale la pena di visitare il Museo di Casal de' Pazzi soltanto, se non bastasse il resto, per immergersi in un periodo storico che non immaginava certamente la sua evoluzione nella città di Roma antica e odierna!

Stratigrafia
Deposito del Fiume Aniene
Deposito del Fiume Aniene
Giardino con  vegetazione  


sabato 6 giugno 2020

CIRCO MASSIMO



Circo Massimo


LA VALLE MURCIA
L'area occupata dal Circo Massimo la "vallis Murcia" in origine era una zona fluviale e paludosa e garantiva una funzione di scambio commerciale in cui le comunità insediate sulla sommità dei colli potevano incontrarsi e mercanteggiare. 
Era un'area che divideva l'Aventino (colle scelto da Remo per popolare Roma in caso di vincita contro Romolo) dal Palatino (colle scelto da Romolo). 
Tra l'altro la linea pomeriale (il confine della città di Roma) coinciderà con la spina del Circo Massimo, tracciata assialmente tra l'ara Consi (altare ipogeo nella valle Murcia) e l'ara Herculis (situata nel foro Boario), i due degli angoli del pomerio. 
I resti della spina sono stati ritrovati a 5m di profondità rispetto all'attuale piano.

All'epoca di Romolo la valle Murcia probabilmente poteva essere utilizzata soltanto in estate finché, successivamente, l'area venne bonificata.
La palude era dedicata al culto di Murcia, dea del matrimonio, simbolicamente rappresentata dal mirto, pianta preposta alle nozze. 
All'interno di questa valle si trovava l'ara sotterranea dedicata a 
Conso, divinità celebrata per propiziare l'abbondanza del raccolto. Il Dio Conso era figlio della Dea Natura e sparì nell'Ade per poi riemergere (simbolicamente moriva in autunno e resuscitava in primavera), per questo la sua ara era sotterranea.
Il culto del Dio Conso era antecedente alla fondazione di Roma e risaliva ai tempi di Albalonga XII sec. a.C.. Romolo riprese la tradizione dei suoi avi, la divinità veniva celebrata in due momenti, il 21 agosto la festa era dedicata alla mietitura, il 15 dicembre la festa aveva un significato propiziatorio.
Durante il rituale avveniva la riscoperta dell'ara asportandone la terra che usualmente la sigillava.
Secondo Dionigi di Alicarnasso, il Dio Conso in alcune zone veniva identificato nel dio Nettuno protettore degli equini. L'evento principale delle Consualia pertanto erano le competizioni ippiche.
E' nella valle Murcia che Romolo organizza una Consualia dove invita le popolazioni vicine, in particolare quella dei Sabini che occupavano il Colle Quirinale.
In questa occasione avvenne il Ratto delle Sabine, il rapimento delle donne vergini con cui Romolo voleva aumentare il numero della popolazione romana.  Lo stesso Romolo prese in moglie una sabina di nome Ersilia. Come conseguenza del ratto vi furono delle guerre con i popoli vicini che i Romani vinsero, a parte quella con i Sabini dove le donne dovettero scendere in prima linea per fermare l'avanzata dei Sabini,  invocando la pace a mariti (romani), a padri e fratelli (sabini).
Si decise quindi di unire i due regni stipulando un patto sulla via Sacra, intorno al sacello di Venere Cloacina del Foro
Per venire incontro ai Sabini, i romani da quel momento presero il nome di quiriti, dalla città di Cures da cui proveniva Tito Tazio, re dei Sabini, in cambio la città continuò a chiamarsi Roma.
Non è un caso che il ratto delle Sabine avvenne proprio nella valle Murcia, valle la cui Dea propiziava le unioni.
Da questo episodio nascono due tradizioni: in cui una lo sposo prende in braccio la moglie a ricordo del rapimento e nell'altra gli invitati gridano "Talasius" durante le feste dei matrimoni.
«Si racconta che una di esse, molto più carina di tutte le altre, fu rapita dal gruppo di un certo Talasio e, poiché in molti cercavano di sapere a chi mai la stessero portando, gridarono più volte che la portavano a Talasio perché nessuno le mettesse le mani addosso. Da quell'episodio deriva il nostro grido nuziale.»
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, lib. I, capoverso 9) 
L'ara Consi e le costruzioni sotterranee limitrofe furono una sorta di silos per la conservazione dei beni alimentari della comunità in particolare del grano e del farro.

IL CIRCO MASSIMO
L'area del futuro circo sembra connotarsi quindi a vocazione emporica e ludico-religiosa.
La posizione del Circo Massimo potrebbe essere in relazione con la disposizione del tempio ipogeo dell'Ara Consi.

Le prime costruzioni del Circo si possono datare all'epoca di Tarquinio Prisco (V Re di Roma 616-579 a.C.). Per assistere alle gare equestri si allestirono file di sedili lignei, chiamati "fori publici", inoltre creò trenta zone, una per ogni curia.

Il Circo Massimo prende il nome da Circe che avrebbe offerto il primo spettacolo al padre Sole (Circo) e Maximo in quanto il più grande e magnifico degli altri edifici similari.
Il Circo Massimo era consacrato principalmente al Sole (che muore al tramonto e scende a fecondare la terra e all'alba risorge, così come il Dio Conso moriva in autunno e resuscitava a primavera).
Le quadrighe (carri trainati da quatto cavalli) erano sacre al Sole, come le bighe alla Luna.
Seguendo le orme dei greci e degli etruschi, la celebrazione dei morti era legata alla competizione ippica e l'agone doveva rievocare la scomparsa e la divinizzazione di Romolo, per un felice raccolto e la continuità del regno. La fondazione di un ippodromo avviene sempre in relazione alla posizione di una tomba depositaria di un culto ctonio (sotterraneo).
Inoltre le divinità solari erano legate soprattutto ai cavalli bianchi, questo colore rappresenta la luce diurna del Sole. 
Come riporta Tertulliano all'inizio le fazioni in gara erano soltanto due, la bianca e la rossa (il rosso indicava sia l'alba che il tramonto).
Sembra credibile che la gara delle quadrighe rappresentava inizialmente lo scorrere del tempo, il bianco rappresentava la luce del sole durante il giorno, il rosso rappresentava la discesa del Sole al suo viaggio notturno.
Le uova (blocchi tondi di pietra) presenti nel Circo rappresentavano i contagiri (bianco dell'albume e rosso del tuorlo).
La corsa veniva concepita altresì come un continuo percorso fuori/dentro rispetto alla spina che rappresentava il pomerium. Riproduceva il moto del Sole nelle continue e perenni ascese al cielo (tratto urbano) e discese nell'aldilà (tratto extraurbano, oltre il pomerio) dopo aver toccato e fecondato la terra.
La corsa delle quadrighe nel Circo Massimo divenne quindi un rituale propiziatorio affinché il Sole sorgesse ogni giorno e garantisse la nascita delle messi, la celebrazione delle nozze, il concepimento di nuovi individui e di conseguenza la continuità del gruppo.

Il popolo amava le corse facendo un vero e proprio tifo da stadio, naturalmente erano anche occasioni per scommettere e momenti in cui si potevano svolgere incontri clandestini amorosi sfruttando il fragore del pubblico.

Oltre le quadrighe potevano disputarsi corse di bighe e trighe anche con più cavalli. Il cerimoniale prevedeva una processione che faceva il giro intorno alla spiga, poi seguivano sacrifici in onore delle divinità. L'inizio delle gare era annunciato da chi presiedeva i giochi che aveva il compito di far cadere un drappo bianco dall'alto della tribuna dentro l'arena per la partenza. 
La disposizione delle squadre complete di assistenti veniva decisa a sorte. Solitamente erano quattro: bianca, rossa, blu e verde.
L'auriga teneva le redini intorno alla cinta ed era dotato di un coltello per tagliarle in caso di difficoltà. Egli aveva il compito difficile di sporgersi in avanti per eccitare i cavalli e di tirarsi indietro per frenarli.
Il cavallo aveva sul collo una reticella colorata per individuare la squadra così come l'auriga aveva la tunica dello stesso colore.
L'auriga generalmente era uno schiavo e la vittoria era riconosciuta con due premi, la corona di alloro e del denaro, così come il gladiatore poteva comprarsi la libertà.

Nel 326 a.C. furono costruite in legno le gabbie di partenza dei carri (carceres) e venne creata la spina centrale, canalizzando il corso d’acqua che attraversava la valle verso il Tevere a Nord.

Nel 174 a.C Livio menziona per la prima volta gli ova e le metae (i grandi segnacoli intorno ai quali giravano i carri) insieme alla ricostruzione in muratura dei carceres.
I dodici carceres,  (struttura di partenza sul lato corto rettilineo verso il Tevere) erano disposti obliquamente per permettere l'allineamento alla partenza e dotati di un meccanismo che ne permetteva l'apertura simultanea.

Nel circo di età imperiale si ritrova un tempio dedicato al Sole sul versante del lato Aventino, sulle cui scalinate si posiziona il Tribunale dei giudici di gara, mentre di fronte, sul versante del colle Palatino, acquista forme monumentali il Pulvinar, una struttura a forma di tempio destinato ad ospitare le statue delle divinità che assistevano ai giochi portate in processione prima delle manifestazioni e adibito anche ad ospitare i membri della famiglia imperiale.  
Domiziano fece costruire un secondo arco in onore di Tito nell'81. Questo era ampio 17 m, profondo 15 ed era a tre fornici con quattro colonne alte 10 m . Sull'attico vi era una quadriga bronzea, sul fronte aveva una platea e una scalinata. Il lungo corteo trionfale, dopo aver sfilato lungo il Circo Massimo e avere raccolto l'ovazione della folla, passava al di sotto dell'arco e proseguiva il suo cammino diretto al tempio di Giove Capitolino, sul Campidoglio.
Nel 2015 durante i nuovi scavi che hanno portato alla scoperta dell'Arco di Tito sono state ritrovate anche parte della grande iscrizione, rimarcata con lettere bronzee, su cui era incisa la dedica da parte del Senato e Popolo Romano all'Imperatore.

Imponenti lavori edilizi si devono poi a Cesare a cui si devono i primi sedili in muratura e la forma definitiva a partire dal 46 a.C.

Un incendio nel 31 a.C. distrusse la struttura in legno. 
L'Imperatore Augusto lo fece ricostruire aggiungendo un palco imperiale sul Palatino e un grande obelisco di Ramses II alto fino a 23 m, proveniente da Eliopoli, che fu collocato sulla spina come decorazione (fatto spostare a Piazza del Popolo da Sisto V nel 1587).

Obelisco Piazza del Popolo

Il primo grande ampliamento della capienza si deve però a Nerone, che a seguito del grande incendio di Roma del 64 d.C., ne promosse lo sviluppo fino alla capienza di 250.000 persone. 

Un secondo incendio portò l’imperatore Traiano ad un ennesimo intervento edilizio nel 103 d.C., che modificò il tratto della curva nella forma tuttora esistente.  Grazie alla scoperta del calcestruzzo riuscì a edificare in breve tempo i tre piani del Circo Massimo, scongiurando il pericolo di altri incendi. A quest'epoca risalgono la maggior parte dei resti conservatisi sino ad oggi. Traiano fece in modo che la capienza raggiungesse un quarto dell'intera popolazione romana dell'epoca!

Nel 387 d.C. un altro obelisco alto 32 m, relativo a Thutmosis III e proveniente dalla città di Tebe in Egitto è stato aggiunto  dall'Imperatore Costanzo, nel IV secolo ( fatto spostare anch'esso da Sisto V nel 1587 a Piazza San Giovanni ). 

Obelisco Piazza San Giovanni


Il Circo Massimo è probabilmente il monumento antico più grande,
il più grande stadio di tutti i tempi! 
Le sue dimensioni erano enormi 600 x 140 metri, la facciata esterna aveva tre ordini, soltanto quello inferiore era ad arcate. La cavea poggiava su strutture in muratura che ospitavano i passaggi e le scale per raggiungere i diversi settori dei sedili, ambienti di servizio interni e botteghe verso l'esterno. Nell'arena vi si svolgevano le corse dei carri intorno alla spina  (riccamente decorata da statue, edicole, tempietti, sette uova e sette delfini da cui sgorgava l'acqua, utilizzati come contagiri) tra le due mete (due elementi semicircolari). 
Intorno alla spina correva un canale, detto euripus, dal quale gli addetti potevano attingere acqua per annaffiare i mozzi arroventati dei carri.

Le parti del Circo erano cariche di significati simbolici: le porte dei carceres erano 12 come i segni zodiacali e i mesi dell'anno, i quattro colori delle squadre erano in relazione alle stagioni, le Mete rappresentavano i confini dell'oriente e dell'occidente, i giri della corsa erano sette come i pianeti ed i giorni della settimana ed al sole, l'auriga celeste, erano dedicati anche i due grandi obelischi egizi. 

Le due gallerie interne superstiti, al piano terra ed al primo piano, distribuivano il flusso del pubblico diretto verso le gradinate (ima e media cavea). 


Galleria al primo piano

La parte superiore dell‟edificio non è nota, ma a causa della fragilità di alcune strutture portanti possiamo ipotizzare un largo impiego di costruzioni in legno in molte sue parti.  E' proprio questo il settore del circo da cui la notte del 18 luglio del 64, durante il principato di Nerone, si sviluppò il disastroso incendio che distrusse gran parte di Roma, come ci racconta lo storico Tacito.

Il Circo Massimo ospitava i Ludi Romani in onore a Giove e occasionalmente era utilizzato per processioni, combattimenti di gladiatori (spettacolare quello organizzato da Pompeo tra un gruppo di gladiatori e 20 elefanti), cacce di animali selvatici, esecuzioni pubbliche, competizioni sportive, naumachie.

Le corse dei carri vi si sono svolte per quasi un millennio e fino al 549 d.C. quando si tenne l’ultima corsa.

Nel XII secolo, il fornice viene occupato dal canale dell'Acqua Mariana, e poco oltre si costruisce la Torre della Moletta.

La maggior parte della struttura è stata utlizzata per realizzare costruzioni medievali e rinascimentali.


IL CIRCO MASSIMO OGGI
Oggi si può accedere alle gallerie che un tempo conducevano alle gradinate della cavea. Nelle gallerie si possono osservare i resti delle latrine. Vi è anche una strada basolata (antico perimetro del Circo) dove si trova una grande vasca abbeveratoio in lastre di travertino.

Tabernae e abbeveratoio

Si possono visitare anche le tabernae: locande, negozi per la vendita di alimenti, magazzini, lupanari, lavanderie e uffici di cambiavalute per assecondare il giro di scommesse sulle corse dei cavalli.


L'intervento di riqualificazione dell'area del 2015 ha interessato anche la medievale Torre della Moletta (realizzata nel XII sec per difendere un mulino per la lavorazione dei prodotti agricoli)
Tra le storie della Torre, divenuta proprietà dei Frangipane, c'è anche quella di aver ospitato San Francesco di Assisi.

Torre della Moletta

Una scala interna consente di arrivare fino al piano superiore, uno splendido punto panoramico sull'area archeologica!

Ai piedi dell’emiciclo palatino sono stati collocati, da un lato, alcuni elementi provenienti dall’edificio antico (gradini, cornici, capitelli, le soglie delle botteghe, etc.), 

Elementi edificio antico

mentre sull’altro versante sono state collocate una serie di colonne in marmi colorati rinvenute negli scavi archeologici. Infine, nello spazio antistante la torre sono stati posizionati i frammenti architettonici di marmo lunense provenienti dallo scavo dell’arco di Tito.


Veduta dal versante Tevere

Veduta dal versante Tevere



Centro della spina

Emiciclo versante Arco di Tito

Tabernae